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Dalla 'Ndrangheta ai sodalizi etnici per il narcotraffico, l'allarme dell'Antimafia per il Trentino: ''Organizzazioni criminali con tanta liquidità interessate ad aziende in difficoltà''

Nella relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia si parla di un Trentino Alto Adige che le cosche calabresi vorrebbero far diventare “ponte” verso le proiezioni malavitose calabresi radicate nel sud della Germania in particolare a Monaco di Baviera.  Tra i sodalizi etnici dei quali è stato rilevato il coinvolgimento nel narcotraffico quelli albanesi e nigeriani

Di Giuseppe Fin - 23 settembre 2021 - 16:06

TRENTO. Infiltrazioni nel settore edile dell'estrazione del porfido. Ma anche l'attenzione delle organizzazioni criminali che grazie alla disponibilità di importanti liquidità le usano come “ammortizzatori” illegali in sostituzione dello Stato nel sostentamento delle piccole e medie imprese. C'è poi un Trentino Alto Adige che le cosche calabresi vorrebbero far diventare “ponte” verso le proiezioni malavitose calabresi radicate nel sud della Germania in particolare a Monaco di Baviera.

 

E' tutto messo nero su bianco sull'ultima relazione semestrale dell'Antimafia. La presenza della malavita in Trentino è ormai realtà e le ultime due importanti operazioni fatte della forze dell'ordine ne hanno portato a galla una parte.

 

Parliamo dell'operazione “Freeland” (QUI L'ARTICOLO) condotta nel giugno 2020 nei confronti di 20 soggetti ritenuti responsabili di estorsione, sequestro di persona, spaccio di stupefacenti e detenzione di armi clandestine. L’organizzazione che aveva espresso la sua operatività soprattutto nella provincia di Bolzano faceva capo a due soggetti calabresi (padre e figlio) ritenuti vicini alla ndrina Italiano Papalia di Delianuova (Reggio Calabria). I due oltre a gestire lo spaccio di stupefacenti in alleanza con la criminalità locale avrebbero avuto contatti con i cartelli colombiani per l’approvvigionamento di cocaina.

 

Un’ulteriore conferma dell’interesse della criminalità calabrese per il territorio trentino giunge dall’operazione “Perfido” (QUI L'ARTICOLO) condotta dai Carabinieri il 15 ottobre 2020. Le investigazioni hanno evidenziato la costituzione di un locale di ‘ndrangheta insediato a Lona Lases espressione della cosca reggina Serraino. Il sodalizio operando secondo schemi e modalità operative tipiche delle consorterie mafiose calabresi aveva creato un reticolo di solidi rapporti con imprenditori e amministratori pubblici riservando il ricorso alla forza solo in caso di necessità.

 

L’inchiesta ha inoltre evidenziato come il sodalizio fosse riuscito in un primo momento ad assumere il controllo di aziende operanti nell’estrazione del porfido e di altro materiale roccioso pregiato per poi estendere i propri interessi anche in altri settori tradizionalmente appetiti dalla criminalità mafiosa quali il noleggio di macchine e attrezzature edili e il trasporto merci.

Proprio nella relazione antimafia vengono riportate le parole del Procuratore Distrettuale Antimafia di Trento, Sandro Raimondi, in prima linea contro la criminalità. “L’esistenza di proiezioni della ‘ndrangheta in regioni diverse dalla Calabria, consente di confermare l’esistenza di un fenomeno di colonizzazione dovuto al trasferimento di affiliati calabresi in altri territori precedentemente immuni da tali manifestazioni criminali, soprattutto nelle regioni del Nord Italia caratterizzate da un maggiore sviluppo economico e da un più ampio grado di ricchezza generale. In tali territori sono state, infatti, ricostituite le articolazioni criminali di base della ‘ndrangheta, definite Locali, le quali hanno mutuato da quelle calabresi le regole di funzionamento e le forme delle iniziative criminali. Le suddette ramificazioni, presenti in Italia ma anche all’estero, seppur dotate di una certa autonomia operativa, sono legate alla ‘ndrangheta dei territori calabresi di origine a cui rispondono del loro operato e dipendono sotto un profilo regolamentare ed organizzativo. Per quanto concerne il Trentino Alto Adige, la complessiva attività investigativa ha permesso di ricostruire come il processo di insediamento della ‘ndrangheta nella Val di Cembra sia collocabile tra gli anni 80 e 90 del secolo scorso, verosimilmente poiché attratta dalla ricca industria legata all’estrazione del porfido”.

 

Ma a preoccupare non sono solamente le cosche calabresi. Il Trentino, infatti, assieme all'Alto Adige, si trova anche in una strategica posizione geografica, uno “snodo” nevralgico per gli spostamenti da e per l’Europa e per lo smercio di sostanze stupefacenti. Questo ha agevolato, viene spiegato nella relazione, “lo stanziamento anche di formazioni delinquenziali di matrice straniera attive nella commissione dei più comuni reati predatori, nel traffico e nello spaccio di droga, nel contrabbando di sigarette e nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina spesso finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e del lavoro nero”. Tra i sodalizi etnici dei quali è stato rilevato il coinvolgimento nel narcotraffico sono risultati maggiormente strutturati quelli albanesi e nigeriani questi ultimi sono attivi anche allo spaccio al dettaglio. Sono tuttavia presenti anche gruppi rumeni e maghrebini.

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