Gli appunti dietro le sbarre diventano un recital
Questa sera al liceo Rosmini di Trento si concretizza in uno spettacolo tra parole, musica e immagini il lavoro del professor Amedeo Savoia con i detenuti della casa circondariale di Trento. I testi scritti dai carcerati sono il cuore di una proposta multimediale che non darà giudizi ma testimonierà come "le persone sono diverse dai loro reati"

TRENTO. Erano, o sono, dietro le sbarre. Erano, o sono, studenti. A scuola dentro un carcere, il carcere di Trento. Allievi che cercano – studiando – un tempo “diverso”. Un tempo in cui liberare il pensiero. Almeno il pensiero.
Quegli studenti – i detenuti che da quattro anni partecipano al progetto didattico coordinato dal Liceo Rosmini – sono stati invitati a scrivere. A raccontare. A raccontarsi. Una fatica. Un impegno. Per qualcuno certamente un imbarazzo. Per altri certamente una gioia.
Quelle note – note che non sono “a margine” di una condizione del tutto particolare – sono state raccolte da Amedeo Savoia. Lui è un docente che ha lavorato a lungo in carcere. E che oggi insegna al liceo Da Vinci. Quegli appunti – frammenti di vite che non si conoscono e delle quali i più non vogliono sapere – sono diventate un recital.
Uno spettacolo che debutterà questa sera alle 20.45, all’aula magna del liceo Rosmini per poi essere replicato la mattina dopo davanti agli studenti di quella scuola. Un recital non è e non può essere la fotocopia di un’esperienza, seppur ricca di stimoli e di insegnamenti. Un recital è la rielaborazione di un’esperienza professionale e umana. Una rielaborazione che vuole comunicare un messaggio, più messaggi, usando diversi linguaggi.
E nel recital “Dalla viva voce” le parole si alterneranno dunque alla musica e alle immagini. Parole, musica e immagini che Savoia ha utilizzato, collaborando con un musicista compositore, senza tuttavia deviare dalla missione che si è posto nell’ideare questo lavoro.
La missione del rispetto. Il rispetto che si deve a chi anche da dentro un carcere ha voglia ed bisogno di esprimere il suo “privato” e in qualche caso anche il suo “pubblico”. Ma rispetto – spiega Amedeo Savoia – vuol dire rivendicare un concetto tanto semplice e chiaro quanto difficilmente accettato, specie in questo tempo dominato da paure vere o artefatte per meschini obiettivi politici.
Il concetto – la filosofia del recital – è che “la persona è diversa dal suo reato”. La persona è persona. Anche quando sbaglia e quando poi paga giustamente paga i suo debito. Amedeo Savoia ha selezionato, quindi, gli appunti autobiografici di alcuni detenuti di Trento. In particolare di un carcerato trentino e di due stranieri. Quegli scritti sono testimonianze utili a riflettere. Accenni di vita, non diari né saggi. Sono ricordi, immagini, fatti, contesti. Non sono letteratura. Sono semplicemente realtà. Ma è una realtà che la società in perenne difesa tende ad ignorare. A rimuovere
Gli scritti dal carcere non sono cronaca carceraria. Non rivangano misfatti, né processi. Svelano, semmai, personalità sconosciute. Persone che scrivendo affermano la propria presenza, la propria dignità. Il professor Savoia riproporrà gli scritti lasciando fuori dalla porta – fuori dal palco – ogni tentativo di giudizio. “Non spetta a me, non spetta a chi ha scelto il mestiere di insegnare, il giudicare. E’ affare della giustizia. Ma sentivo che spettava a me amplificare quelle voci. Senza pretese. Ma con l’ammirazione di chi si ha imparato che per i detenuti scrivere è in qualche sperimentare anche un po’ di libertà”. Libertà di guardarsi dentro. Libertà di “buttar fuori” storie, impressioni, emozioni.
Nel recital, tuttavia, ci sarà anche la cronaca. La cronaca nera, fatti locali e fatti nazionali. Una cronaca commentata – quella sì- dall’insulsaggine che invade i “social” dopo ogni episodio. I “social”dell’associalità che trasformano ogni cretino in un giudice di tutto, tanto feroce quanto improvvisato. E nel recital ci saranno anche i rimandi culturali, le riflessioni di alcuni autori che da Beccaria in poi hanno provato a non chiudere gli occhi su certe disfunzioni educative della detenzione. La musiche punteggeranno le letture del recital. Le suonerà il rivano Nicola Straffellini. Mauro Savoia ha curato gli inserti grafici e multimediali. Domenico Tavernini s’è occupato della scena.
Lo spettacolo “Dalla viva voce” ha un prima e merita di avere anche un dopo. Si tratta, infatti, della proposta che chiude un anno di lavoro sulle tematiche carcerarie. Un lavoro svolto dentro e fuori le scuole con un’opera di sensibilizzazione che si è servita di diversi registri. Compreso quello, importante, dell’emozione.
Nel corso del progetto, infatti, 15 classi delle scuole superiori trentine hanno ascoltato le narrazioni delle persone detenute di “Ristretti Orizzonti”nel carcere Due Palazzi di Padova.
Alcuni ex detenuti, invece, hanno partecipato a un laboratorio di scrittura autobiografica e in seguito hanno avuto modo di proporre la loro testimonianza in
eventi pubblici e scolastici. Il progetto intende dare il proprio contributo a una migliore interazione fra la cittadinanza e l’ambiente carcerario.
“La qualità dei percorsi rieducativi (e dunque una maggiore sicurezza di tutti) e la tutela dei diritti in un carcere – si legge nella presentazione del recital - dipende in buona misura dal coinvolgimento del territorio in cui è collocato: in termini di conoscenza, formazione, assistenza, opportunità di lavoro, ma anche di crescita umana e civile”. Per la recente associazione “Dalla Viva voce” lo spettacolo sarà un importante momento di promozione. Il sodalizio è infatti nato per favorire il resinserimento nella società di persone che hanno avuto esperienze di carcere.
L’hanno promossa persone che in carcere hanno lavorato a vario titolo e ex detenuti. Il progetto dello spettacolo è promosso dal Gioco degli Specchi e dall’associazione Dalla Viva Voce, in collaborazione con l’Associazione di musica contemporanea Quadrivium ed è stato finanziato della Fondazione Cassa Rurale di Trento.