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Alpinismo, scialpinismo e escursionismo sono sempre così sostenibili e attenti all'ambiente? Quando il viaggio non viene considerato
Me lo chiedo di frequente perché anche a me capitava, e a volte capita ancora adesso, di perdermi in lunghi viaggi in automobile per vivere brevi suggestioni verticali o per godere di profili montuosi diversi dai miei. La sola risposta che sono riuscito a darmi è di natura culturale, antropologica

ASIAGO. L'alpinismo, lo scialpinismo e l'escursionismo vengono comunemente considerati delle attività pulite, sostenibili e attente all'ambiente. È realmente così? Non sempre. Non è raro, infatti, che nei fine settimana si trascorra più tempo in macchina che in parete o con gli sci/scarponi ai piedi. In qualche occasione, per inseguire le condizioni migliori oppure per lasciarsi trasportare in contesti singolari, ci si avvale addirittura dell'aereo. Negli ultimi giorni, ad esempio, dei conoscenti sono volati dal Veneto alla Sicilia per sciare sull'Etna.
Mi domandavo e vi domando: sciare su un vulcano (per non allontanarci dall'esempio) è certamente un'esperienza unica, ma vale l'impatto ambientale che comporta raggiungerlo in aereo? Lo stesso impatto che - parte in causa del riscaldamento globale - sta causando, tra le altre cose, la diminuzione delle perturbazioni nevose? Me lo chiedo di frequente perché anche a me capitava, e a volte capita ancora adesso, di perdermi in lunghi viaggi in automobile per vivere brevi suggestioni verticali o per godere di profili montuosi diversi dai miei.
La sola risposta che sono riuscito a darmi è di natura culturale, antropologica. Negli ultimi decenni si è infatti istallata nella percezione comune la convinzione che la lontananza amplifichi il valore esperienziale del viaggio. Questa percezione ovviamente trova delle fondamenta concrete, perché la ragione principale che spinge il viaggiatore a levare le ancore, a partire, è il desiderio di vivere contesti diversi dal proprio (sia dal punto di vista culturale, sia da quello naturalistico-ambientale) e, naturalmente, più chilometri si percorrono e più diventa semplice respirare quell’atmosfera di alterità tanto inseguita.
Ma per fortuna non sempre è così: a volte, per stupirsi, è sufficiente curiosare tra i luoghi “di casa”, o comunque prossimi a casa, spesso trascurati proprio a causa del meccanismo percettivo appena descritto. Sono appunto troppo vicini per catturare la nostra attenzione. Dunque capita con crescente frequenza di conoscere nel dettaglio località molto distanti, e di sentirsi estranei a casa propria. È un peccato, perché conoscere è il primo passo per affezionarsi e affezionarsi è il primo passo per rispettare il territorio e le persone che lo abitano.