Ometti di montagna, con i turisti si moltiplicano per foto e divertimento ma così perdono la loro funzione? L'esperta: "Gesto di altruismo verso chi passerà dopo di noi"
A chi va in montagna sicuramente è capitato di imbattersi nelle piramidi costruite con le pietre. Giulia Tomasi, accompagnatrice di media montagna e socia Sat, ricorda la funzione originaria di queste costruzioni, "che indicano il percorso giusto quando la segnaletica non è presente. Ma oggi sulle montagne affollate di turisti si trovano spesso dei villaggi di ometti"

TRENTO. Chi va per i sentieri delle terre alte li conosce bene. Sono gli "ometti di montagna", quelle piramidi, più o meno grandi, costruite con le pietre e che, probabilmente, ognuno di noi ha contribuito almeno una volta a creare, lasciando, con una pietra, testimonianza del nostro passaggio. A chi non è capitato di imbattercisi almeno una volta nella vita? Ebbene, la funzione originaria di queste piramidi costruite impilando pietre a secco è quella di indicare un percorso quando la segnaletica ufficiale non è presente o è poco visibile.
“Gli ometti – ci racconta Giulia Tomasi, accompagnatrice di media montagna e socia della Sat, - solitamente vengono costruiti per indicare la strada giusta in passaggi dove perdersi potrebbe diventare pericoloso, soprattutto in caso di nebbia o maltempo”.
“Ma l'ometto ha una simbologia universale, diffusa praticamente in tutto il mondo, proprio per la semplicità e l’intuitività del gesto di impilare la pietra – prosegue Tomasi. - A seconda dei luoghi vengono chiamati con nomi diversi. In italiano si definiscono “ometti” per la forma antropomorfa che spesso, pietra dopo pietra, tendono ad assumere”.
La loro origine si perde nei secoli, a partire dalla preistoria, quando “gli uomini del Neolitico hanno usato queste costruzioni come simboli rituali, spesso legati a luoghi di sepoltura, ma anche per segnare la strada della caccia. Nel corso dei secoli sono stati usati anche per indicare le vie del commercio (talvolta anche da contrabbandieri e bracconieri per segnalare tratte illegali) e hanno assunto un ruolo importante per i pellegrini che si mettevano in cammino verso santuari e luoghi di culto. Non sorprende, quindi, che se ne trovino molti lungo il celebre Cammino di Santiago” spiega ancora Giulia Tomasi.
Oggi sui sentieri di montagna, talvolta affollati di turisti, ci si imbatte sempre più spesso in veri e propri “villaggi di ometti”. Una moda che rischia di snaturare la funzione originaria dell'ometto? “Soprattutto in posti turistici e accessibili a molte persone – risponde Tomasi - l'ometto diventa una costruzione più estetica che funzionale. Recentemente vengono promossi anche come forma artistica e filosofica: in questo caso sono definiti “pietre in equilibrio”: il concetto che vogliono trasmettere è la ricerca dell’equilibrio impilando le pietre. Spesso, diventano dei punti di attrazione per fare fotografie e condividere storie sui social. La bellezza di alcune foto di questi villaggi di ometti, magari al tramonto o in condizioni di luce particolare, è indiscussa. Se ci imbattiamo in uno di questi villaggi di ometti, il consiglio è di non manomettere la costruzione e nemmeno di aggiungere altre pietre".
E se anche noi, almeno una volta, abbiamo segnato il nostro passaggio con una pietra, è bene ricordare che “lo spostamento delle rocce da un posto a un altro potrebbe alterare l'habitat di piante e piccoli animali, come lombrichi, ragni e piccoli roditori - avverte Giulia Tomasi. - Tuttavia, l'ometto conserva la sua funzione originaria di segnavia e, in quest'ottica, il nostro può essere visto come un gesto di altruismo verso chi percorrerà la traccia dopo di noi”.
Un segno tangibile di aiuto e cura nei confronti degli altri, una certezza che in montagna non siamo soli.