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Coronavirus, l'avvocato Canestrini: ''Quanto detto da Fugatti è errato sia nel metodo che nel merito. Non abbassiamo le difese immunitarie della Costituzione''

Il presidente della Provincia ha sconvolto molti (ma non tutti) per aver detto che il Trentino sarebbe pronto a ''non essere responsabile'' con chi si ammala ma è qui senza aver rispettato le regole sulla quarantena. L'avvocato roveretano ci spiega quali pericoli porta con sé questa dichiarazione dal punto di vista giuridico e aggiunge: ''Peraltro con quale legittimità invochiamo aiuti dall’Europa se rifiutiamo, o minacciamo di rifiutare, di dare assistenza ai nostri connazionali?''

Di Luca Pianesi - 15 marzo 2020 - 21:27

TRENTO. ''I virus possono avere conseguenze più forti di ogni azione terroristica'', ha ricordato a Ginevra il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità lo scorso 11 febbraio. Il rischio, infatti, è che il virus contagi anche la democrazia, mandando in rianimazione i diritti fondamentali. E quanto stiamo vedendo anche in Trentino con le ultime dichiarazioni del presidente Fugatti che ha annunciato (senza basi legali per farlo) che il Trentino non garantirà l'assistenza sanitaria ai nostri concittadini se si ammaleranno sul territorio trentino essendo qui contro i decreti di questi giorni (il riferimento, in particolare, era ai nostri connazionali che stanno passando la quarantena nelle loro seconde case in montagna, qui sotto il video). 

 

 

 

 

Sul tema abbiamo intervistato l'avvocato roveretano Nicola Canestrini, avvocato difensore con abilitazione a difendere davanti alle giurisdizioni superiori (Consiglio di Stato, Corte di Cassazione e Corte Costituzionale) e anche davanti alla Corte penale Internazionale dell'Aja per i crimini internazionali quali genocidio, i crimini contro l'umanità, crimini di guerra e crimine di aggressione (QUI LA SUA PRESENTAZIONE) e impegnato da oltre un decennio con il sistema della Protezione civile.

 

Avvocato, partiamo dall'inizio: qual è la cornice legale entro la quale si sta gestendo questa emergenza?

 

Come noto, il giorno dopo la dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per l’epidemia di Covid-19 (il cosiddetto nuovo coronavirus) da parte dell’Organizzazione mondiale per la Sanità, il Consiglio dei Ministri ha deliberato lo “stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”, con un provvedimento fondato sull’esercizio dei poteri in materia di protezione civile previsti dal d.lgs 2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della protezione civile), che, all’articolo 24 disciplina lo “stato di emergenza di rilievo nazionale”.

 

E che forza hanno le ordinanze di protezione civile?

 

Le ordinanze di protezione civile emesse nell’ambito di uno stato di emergenza di rilievo nazionale, ai sensi dell’articolo 25, comma 1, d.lgs 1/2018 possono essere adottate “in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea”. Su questa base sono poi state emanati i veri decreti del presidente del consiglio dei ministri  (Dpcm), che - con qualche colpevole imprecisione - hanno adottato le misure ritenute idonee a contenere l’evento emergenziale: alcune di queste misure hanno impattato pesantemente su diritti costituzionali.

 

Di quali diritti parliamo?

 

Parliamo della libertà di circolazione, soggiorno ed espatrio (articolo 16 della Costituzione); di riunione (articolo 17 della Costituzione); di esercizio dei culti religiosi (articolo 19); di insegnamento (articolo 33); su garanzia e obbligo di istruzione (articolo 34). Le misure di contenimento possono incidere poi sulla libertà di iniziativa economica (articolo 41, primo comma). Alcuni di questi diritti costituiscono senz’altro principi fondamentali dell’ordinamento, e possono quindi essere limitati ma mai abrogati; molti trovano esatta corrispondenza anche nelle carte sovranazionali, sia dell’Unione europea che mondiali. 

 

Ma tutto ciò non viene fatto per garantire un altro diritto costituzionale, quello della tutela della salute?

 

Naturalmente si ritiene che il bilanciamento dei beni costituzionalmente rilevanti abbia come parametro l’articolo 32 della Costituzione: la norma costituzionale indica la tutela della salute come “fondamentale diritto dell’individuo” che tuttavia va in qualche modo contemperata con “l'interesse della collettività”.

 

E’ corretta quindi la affermazione del Presidente Fugatti in merito alla situazione di illegalità dei non residenti in territorio trentino o sulla possibile limitazioni dei servizi sanitari a chi non è residente?

 

No, è errata sia nel metodo che nel merito. Non ne faccio evidentemente una questione di disastro nel marketing e penso, quindi, a chi ha profuso soldi e idee per dare in questi anni all'esterno l'immagine del Trentino come una terra accogliente e sicura anche per turisti,politica, ma giuridica. Infatti, come ha dovuto riconoscere anche il presidente della Provincia autonoma di Bolzano Kompatscher, che nel fare un discorso simile ha specificato che il suo ordine era in realtà un invito, gli enti locali non hanno alcuna competenza nella gestione della emergenza nazionale; anche per le materie di competenza esclusiva o concorrente vanno infatti rispettati i principi generali dell’ordinamento giuridico. Peraltro, invitare le persone non residenti a spostarsi per rientrare a casa potrebbe avere effetti deleteri se venisse adottata la clausola di reciprocità (esponendo, per esempio, un Trentino che si fa male in Sardegna a essere rispedito a casa sua), e potrebbe costituire una istigazione a disubbidire al Dpcm che ordina di non spostarsi se non in caso di necessità. Peraltro, poi, con quale legittimità invochiamo aiuti dall’Europa se rifiutiamo, o minacciamo di rifiutare, di dare assistenza ai nostri connazionali? Dalle emergenze si esce facendo rete, anche riscoprendo il valore di comunità (come dimostrano le iniziative di flash mob di queste ore), e soprattutto rispettando le regole, che valgono anche ed anzi soprattutto nei momenti di emergenza. 

 

 

Insomma, giuridicamente la dichiarazione del Presidente non sta in piedi?

 

Le dirò di più. Qualcuno potrebbe infatti esser tentato di considerare ogni critica disfattismo; e qualcuno si chiederà che male ci sia nell’imporre comportamenti che qualcuno ritiene possano comunque avere una qualche utilità ai fini di contenere il contagio? Nulla contro i comportamenti prudenziali, auto responsabili, solidali e rispettosi di chi in questo momento di emergenza deve gestire o lavorare in una sanità pubblica incrinata dalle riforme sempre più tese al profitto di pochi. Anzi: il cambiamento (si spera: in meglio) deve partire dal basso, cioè da ognuno di noi.

 

E allora qual è il problema?

 

Il problema si pone quando questi comportamenti, invece di essere incoraggiati e quindi adottati su base volontaria, vengono imposti senza alcuna base legale: c'è un limite all'approccio sostanzialistico del diritto, e si chiama rispetto dello Stato liberale di diritto. I cui principi chiedono che sia il potere legislativo ad emanare le norme, il potere esecutivo ad assicurarne il rispetto, e a quello giudiziario a risolvere eventuali controversie, che non vi possano essere sanzioni se non nei casi previsti dalla legge, senza scorciatoie basate sull’asserito bene comune. 

 

E qui si minacciano delle persone facendo leva sul loro diritto ad essere assistiti sul piano sanitario.

 

Come dicevo, le regole valgono anche, o forse soprattutto, nelle emergenze, e una deroga dovuta ad una situazione emergenziale rischia di introdurre il deleterio pensiero che, tutto sommato, i diritti fondamentali siano a disposizione delle autorità a seconda delle esigenze, e che quindi la loro portata sia sminuita anche in contesti di normalità. Perché un diritto che dipende dal beneplacito dell'autorità non è un diritto, è un favore, una concessione, nulla più: e a chi accetta tale impostazione sulle ali della paura, andrebbe ricordato che secondo Zygmunt Bauman, autorevole studioso della post modernità, "la paura è gemello siamese del male". La paura rischia quindi di accettare compromessi che semplicemente non possono essere accettati, pena la trasformazione dello stato di diritto. Spetta dunque a tutti noi non consentire che vengano abbassate le difese immunitarie della Costituzione, per evitare che nell’organismo indebolito dello Stato di diritto possano insinuarsi patogeni esterni che speravamo sconfitti da un pezzo, ma che invece si sono rafforzati più che mai. 

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