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“Gli aumenti per sindaci e assessori? Ci costano 6 milioni di euro”, i sindacati: “È uno scandalo, privilegiati che si fanno beffe dei comuni cittadini”
Gli incrementi delle indennità per sindaci e assessori valgono 6 milioni di euro. La dura presa di posizione di Cgil, Cisl e Uil: “Aumenti scandalosi per i tempi che viviamo. A Fugatti e Ossanna, autori di questo scempio, chiediamo di bloccare tutto”

TRENTO. Nel 2019 i sindaci trentini avevano già ricevuto un adeguamento delle indennità (circa il 7,5% sullo stipendio) mentre lo scorso giugno la Regione Trentino-Alto Adige aveva previsto un nuovo aumento per tutte le giunte dei comuni fino a 10.000 mila abitanti. “Riteniamo l’equiparazione delle indennità degli amministratori locali un atto dovuto, come riconoscimento per il loro importante ruolo di responsabilità”, aveva spiegato l’assessore regionale agli enti locali Lorenzo Ossanna (Patt). Gli adeguamenti per sindaci, vicesindaci e assessori scatteranno nel 2023 e andranno dal 18% al 46% per il Trentino e dal 3% al 35% per l’Alto Adige, a seconda del numero di residenti.
Cgil, Cisl e Uil (il calcolo è del Corriere del Trentino) parlano di un aggravio per i bilanci comunali pari a circa 6 milioni di euro nei prossimi due anni. Un aumento che farà lievitare ulteriormente i costi della politica. “Dopo lo scandalo degli aumenti delle indennità dei consiglieri provinciali che grazie al presidente Fugatti sono stati sbloccati e agganciati all’inflazione, riesumando la scala mobile ma non per lavoratori e pensionati, bensì solo per i politici, ora tocca ai primi cittadini e ai loro assessori garantirsi lauti aumenti tra il 18% e il 47% annui (in media più di 6.000 euro annui a testa) entrando di diritto anche loro nella casta dei privilegiati che si fanno beffe dei comuni cittadini, dei pensionati e delle pensionate, delle lavoratrici e dei lavoratori. Per i quali nel 2023 le previsioni sono di aumenti medi contrattuali che si fermano solo al 3%. Il confronto è impietoso” commentano i sindacati.
D’altra parte in Trentino l’inflazione ha superato il 10%, mentre il 35% dei contratti collettivi sono scaduti e non ancora rinnovati. Nel frattempo si annunciano aumenti del costi energetici che su una famiglia media determineranno spese aggiuntive nell’ordine di 2.500 euro annui, e come se non bastasse è previsto un forte rallentamento dell’economia che rischia di ridurre i posti di lavoro. “Inoltre – sottolineano Cgil, Cisl e Uil – i Comuni annunciano aumenti delle tariffe dei servizi pubblici nell’ordine del 5% mettendo ulteriormente in crisi le famiglie a partire da quelle più fragili”.
In questo quadro i sindacati ricordano che a breve, anche ai sindaci, arriveranno i 180 euro di sconti in bolletta per far fronte al caro energia voluti dalla Pat. “Peccato che solo in questo saranno trattati come tutti i comuni mortali, perché per il resto, nel bel mezzo di una crisi economica e sociale che dovrebbe chiamare a un maggiore senso di responsabilità proprio gli amministratori pubblici, avranno il privilegio di cumulare il bonus bollette con un aumenti retributivi scandalosi per i tempi che viviamo”.
Per questo i segretari Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti chiedono al presidente Fugatti e all’assessore Ossanna, “autori di questo scempio” di tornare immediatamente sui propri passi e bloccare questi aumenti “che allontanano ancora di più i cittadini dalla politica. Noi non ci stiamo. Si tratta dell’ennesimo inaccettabile schiaffo alle lavoratrici e ai lavoratori”.