“Sanità trentina al collasso”, con la gestione leghista si sono dimessi 172 medici. Il Pd: “Serve un commissario straordinario alla Figliuolo”
Le convenzioni con le strutture ospedaliere private che crescono del 20% (fino a 72 milioni di euro), i lunghi tempi d’attesa per le visite, i problemi con le chiamate al 112 che durano troppo e la “fuga” dei medici trentini, il Pd chiede di commissariare la sanità trentina: “Ci sono voluti due ricorsi al Tar per farci consegnare dei dati”

TRENTO. Un numero allarmante di dimissioni, privatizzazioni, tempi d’attesa lunghissimi e problemi nella gestione delle chiamate d’emergenza: è un quadro sconfortante quello che emerge da report del Partito Democratico sullo stato della sanità trentina che non a caso nel giro di pochi anni è scivolata dal primo al quinto posto nella classifica Crea sui sistemi sanitari regionali.
La capogruppo del Pd in consiglio provinciale Sara Ferrari parla di un “trend in continua discesa” e sottolinea le difficoltà per poter accedere ai dati: “Ci sono voluti due ricorsi al Tar per farci consegnare dei dati che dovrebbero essere di dominio pubblico, mentre le interrogazioni rimangono sistematicamente inevase”.
Il consigliere nonché ex assessore alla Salute, Luca Zeni, punta il dito contro le difficoltà della Giunta Fugatti nell’amministrare il settore: “Il contesto difficile degli ultimi anni non è sufficiente a giustificare una situazione estremamente difficile per cittadini e professionisti della sanità, la pandemia c’è stata per tutti ma altre Regioni hanno saputo reagire, il Trentino no”.
La preoccupazione fra i Dem è che si vada verso una sanità sempre più in mano ai privati: “La vera forza del nostro sistema sanitario è sempre stata la capacità di garantire a tutti il diritto alla salute, attraverso un sistema pubblico ma in questa legislatura la Giunta provinciale ha adottato un modello che premia maggiormente il settore privato della sanità”. Lo dimostrano anche i numeri raccolti dal Pd: nel 2018 erano stati stanziati 59,6 milioni di euro per le convenzioni con le strutture ospedaliere private, una cifra che nel 2022 è salita a 72 milioni, con un aumento di oltre il 20%.
Tra le criticità rilevate dai Dem i tempi lunghi nelle chiamate al 112. Dai dati forniti emerge che, a fronte di una diminuzione del numero complessivo di chiamate al 118, sono notevolmente aumentati sia il tempo di passaggio della chiamata dal 112 al 118 (da 3-4 secondi in alcuni mesi fino a 12-13 secondi in dicembre 2021, gennaio e febbraio 2022) che la durata media della chiamata al 118, da 41 a 66 a seconda del mese. Per il Pd questo allungamento dei tempi potrebbe essere legato al fatto che vengono utilizzati in maggior numero rispetto al passato operatori “laici” (e non più sanitari esperti), per questo si chiede un’analisi approfondita della situazione. “La tempestività della risposta è essenziale per tutte le patologie tempo-correlate, poche decine di secondi possono fare la differenza per patologie come ictus e infarti”.
Alto tema caldo le dimissioni dei medici. Dal 2017 se ne sono registrate 267, tenendo in considerazione solo la gestione leghista sono stati 172 i medici che hanno lasciato l’Azienda sanitaria trentina. Questo senza tenere conto del personale amministrativo, infermieri e Oss. “I sistemi sanitari sono sempre stati caratterizzati da una accentuata mobilità dei medici – spiega Zeni – rispetto al passato però la minore attrattività del nostro sistema sanitario ha reso più difficile la sostituzione dei medici che se ne vanno, per questo, al di là dei pensionamenti, le dimissioni volontarie o i trasferimenti risultano particolarmente problematici e preoccupanti”.
Se è vero che si registrano meno dimissioni di medici con contratto a tempo determinato (soprattutto perché ci sono meno concorsi di questo tipo), fra gli indeterminati nei primi 6 mesi del 2022 ci sono state 30 dimissioni volontarie, che potrebbero raddoppiare entro la fine dell’anno. “Rispetto a un tempo si evidenziano due fenomeni preoccupanti – prosegue Zeni – le dimissioni di medici dipendenti per operare nel privato convenzionato in Trentino, e le dimissioni per proseguire poi l’attività in libera professione, ‘a gettone’, in seguito a politiche organizzative che incentivano questo tipo di rapporto rispetto a quello dipendente”.
Inoltre, uno dei nuovi talloni d’Achille della sanità trentina è rappresentato dai tempi d’attesa per le visite. Sono moltissime le visite specialistiche che in tutto o in parte non rispettano i tempi previsti. Infatti, quando un medico stabilisce che c’è la necessità di una visita specialistica e ne determina l’urgenza, per garantire il diritto alla salute, è fondamentale che i tempi d’attesa siano rispettati. Cioè 3 giorni in Rao A, 10 giorni in Rao B, 30 giorni in Rao C. Per intendersi, in generale, senza Rao il sistema trentino prevede 90 giorni d’attesa. Le maggiori criticità si registrano per test cardiovascolare da sforzo, colonscopia, prima visita cardiologica, Rm di addome inferiore, Rm della colonna, prima visita neurologica, prima visita urologica, prima visita gastroenterologica, prima visita pneumologica e prima visita endocrinologica. Questo solo per citarne alcune.
“Vista la situazione per la sanità trentina servirebbe in commissario straordinario come Figliuolo”, dichiara Ferrari facendo riferimento a quello che fu il commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure per il contenimento del Covid-19. Di fatto si chiede a Fugatti di prendere atto della straordinarietà e dell’urgenza della situazione e procedere a un commissariamento della sanità trentina. Inoltre dal Pd si propone di estendere il rimborso ai cittadini per visite specialistiche previsto per le strutture private anche alle visite in libera professione dei medici dipendenti dell’Azienda sanitaria e di aprire subito un tavolo permanente di confronto con tutti i portatori d’interesse della sanità, fra cui i sindacati, “per condividere scelte e strategie per una migliore gestione”.
QUI LA REPLICA DELLA PROVINCIA