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Sacchetti per la frutta, dalle fake news (anche in Trentino) alle gif divertenti ecco cosa c'è da sapere per Altroconsumo
E' la stessa associazione dei consumatori a "spiegare" che la normativa nasce per tutelare l'ambiente e che il costo di 2 centesimi potrebbe comunque far risparmiare gli utenti. Ecco come e perché

TRENTO. Sacchetti per la frutta a pagamento sì, o sacchetti per la frutta a pagamento no. Più plastica o meno plastica? Due centesimi sono troppi o troppo pochi? Il nuovo anno è cominciato da una settimana e ha portato con se questa piccola novità che però, tra social e fake news, s'è trasformata in una battaglia da barricate (virtuali). L'indignazione è esplosa caricata dalle bufale che sono circolate su Facebook e Whatsapp su ipotetici intrallazzi tra chi produce i sacchettini e chi ha fatto approvare la legge (bufala ovviamente ripresa anche in Trentino dal solito sito di voci che riferisce come "beneficiaria dell’operazione è un’azienda di Novara che produce il materiale per i sacchetti bio, la cui amministratrice delegata Catia Bastioli è notoriamente legata al giglio magico renziano". Questa volta lasciamo a Repubblica spiegare le cose come stanno e anche a Legambiente).
E, al tempo stesso, sono nate decine e decine di gif e gag divertenti e sagaci, veicolate sempre tramite i social, che hanno fatto da contraltare a rabbia e frustrazione. Una di queste è la seguente semplice e simpatica:

Il tema fondamentale, in realtà, è sapere se il consumatore riceverà un danno da questa novità o meno, se dietro questa riforma si nasconda chissà quale inconfessabile segreto e spietato gruppo di pressione o, più semplicemente, ci sia una normativa europea e un ambiente da difendere.
Ebbene le risposte le lasciamo ad Altroconsumo, l'associazione italiana di consumatori senza fini di lucro, più antica e più diffusa, che spiega proprio come "il tema dei bio shopper si è fatto piuttosto caldo nelle ultime ore" fomentato da "vere e proprie fake news diventate virali. 'La legge favorisce un'amica di Renzi che è l'unica che produce quel tipo di sacchetti biodegradabili', recita così la fake news più popolare a riguardo e che è stata prontamente già smentita dagli altri organi di stampa".
La realtà, anche per Altroconsumo, è semplicemente che "l'obbligo dei sacchetti biodegradabili è previsto dalla legge 123/2017, emanata anche per recepire una direttiva dell'Unione europea in tema di materiali di imballaggio". E aggiunge che il tutto è nato per trasformare in biodegradabili e compostabili tutti i sacchetti per gli alimenti visto che "solo in Europa sono oltre 8 miliardi i sacchetti di plastica che ogni anno si disperdono nell'ambiente (QUI I DETTAGLI DEL COMUNICATO CHE SPIEGA PASSO PASSO ANCHE I DANNI)".
E il costo? "I sacchetti - spiega Altroconsumo - devono essere prodotti con materie prime rinnovabili in proporzione crescente negli anni. Si parte dal 40% previsto per il 2018 e si passa poi al 50% nel 2020, per arrivare al 2021 con sacchetti composti al 60% da materie prime rinnovabili. Per scoraggiarne l'abuso e il 'self service', questi sacchetti vengono distribuiti a pagamento e il loro costo viene riportato direttamente sullo scontrino fiscale. Ogni singolo bio shopper ha un costo che può variare a seconda del punto vendita da 1 a 10 centesimi. Un costo che è sembrato spropositato per tanti, ma non bisogna sottovalutare la possibilità di riutilizzarli per la raccolta dei rifiuti umidi. Infatti, se il prezzo unitario dei bio shopper dovesse attestarsi sui 2 centesimi, considerando anche che il costo medio per un sacchetto compostabile si aggira intorno ai 22 centesimi, riutilizzarlo consentirebbe comunque di risparmiare".
"Il vantaggio di questi sacchetti - prosegue ancora l'associazione che tutela i consumatori - sta anche nel fatto che si deteriorano in tempi molto più rapidi (scompaiono in circa 12 settimane) rispetto a quelli tradizionali, senza accumuli nelle acque e senza costituire un rischio per le specie animali".