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Lo zelten di Alfio Ghezzi rilegge la tradizione in chiave moderna, con tanto di cupola del Mart a ricoprirlo

Per generazioni di bambini che neppure sognavano videogiochi o regali stratosferici, pure roboanti, bastava una sorta di pagnotta guarnita con qualche candito, noci, pinoli, magari nocciole e una traccia di fichi caramellati. E subito si ’zeltenava’ dalla gioia. Dolce dal nome complicato, derivazione tardo germanica, l’avverbio ‘selten’, legata ad un modo di sottolineare la ‘rarità del gesto’, un prodotto da esibire ‘talvolta e solo sporadicamente’. Proprio come nei giorni di fine anno

Di Nereo Pederzolli - 15 dicembre 2020 - 20:09

TRENTO. Supera la stagionalità, pure la ricorrenza, ma nell’immaginario dolomitico è il dolce della semplicità legato alle feste di fine anno. Sfornato per la gioia, per soddisfare la bramosia dei bambini, assurto a simbolo dolciario della quotidianità natalizia. Lo zelten è sempre stato il dolce dei ricordi. Tra consuetudine e doverosa rivisitazione. Come quella che Alfio Ghezzi e la sua brigata di cucina ha appena sfornato.

 

Ma rimaniamo ai ricordi. Per generazioni di bambini che neppure sognavano videogiochi o regali stratosferici, pure roboanti, bastava una sorta di pagnotta guarnita con qualche candito, noci, pinoli, magari nocciole e una traccia di fichi caramellati. E subito si ’zeltenava’ dalla gioia. Dolce dal nome complicato, derivazione tardo germanica, l’avverbio ‘selten’, legata ad un modo di sottolineare la ‘rarità del gesto’, un prodotto da esibire ‘talvolta e solo sporadicamente’. Proprio come nei giorni di fine anno.

 

Nelle biblioteche – quella Civica di Rovereto conserva un manoscritto d’inizio Settecento – si trovano ricette quasi identiche anche se su vari sussidiari di cucina domestica le variazioni cambiano di valle in valle. Il – o lo? nella parlata trentina rimane al maschile - zelten da anni è il vanto di molti panifici. Per una commercializzazione che appunto supera la stagionalità e i riti del solstizio d’inverno. Anche se il consumo è sicuramente legato al Natale. Ecco allora tutta una serie di cuochi che dedicano a questa tipicità tutta la loro attenzione. Creatività e rivisitazione sicuramente meno ostentata di quanto gli chef dedicano al panettone (quasi 100 tra cuochi, panettieri gourmet e maestri d’arte bianca stanno veramente ‘inondando’ il mercato, con creazioni d’alto valore, pure di prezzo: mediamente 35 euro a confezione, ossia 10-12 volte più cari di quelli ‘normali’) per offrire zelten sempre più squisiti.

 

Ecco allora la novità più estroversa di questo ‘maledetto 2020’: il Celteno by Alfio Ghezzi. Totalmente in sintonia con la tradizione ma altrettanto sulla scia della creatività. Abbinando pure la ‘location’ dove viene impastato, sotto la cupola del Mart, la volta disegnata dall’archistar Mario Botta. Così sula crosta hanno sostituito la frutta candita e le guarnizioni suggerite dal mondo contadino e al posto di fichi o noci hanno ‘colato’ una pasta bianca di mandorle, imprimendo la glassa con uno stampo a forma della cupola bottiana. Piena sinergia tra passato e interpretazione artistica.

 

Celteno, dolce distintivo, in grado di ingolosire non solo per la ricorrenza. E l’abbinamento con il vino? Altrettanto diverse le soluzioni: con un Moscato giallo di Castel Beseno, ad esempio, ma pure con un Vino Santo della Valle dei Laghi o magari con un raro Moscato Rosa. Mai con uno spumante classico tipo Trento Doc. Se proprio volete berlo con un calice di vino vivace, scegliete un Moscato d’Asti.

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