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Il grido di allarme degli allevatori: “No ai finti pascoli sugli alpeggi. Alcuni di noi sono stati messi in condizione di non poter più vivere le malghe”
Oltre 300 partecipanti all’evento dedicato alla gestione di malghe e alpeggi in Trentino. Un’occasione per denunciare i fenomeni speculativi che hanno portato a clamorose forme di protesta. Il presidente dell’Unione allevatori val Rendena: “Serve un nuovo accordo fra allevatori e chi è chiamato a gestire il patrimonio pubblico”

PINZOLO. “La gestione delle malghe e degli alpeggi in Trentino, tra opportunità e criticità”, questo il titolo del convegno che si è tenuto nei giorni scorsi a Pinzolo. L’evento, organizzato e sostenuto dall’Azienda per il Turismo Madonna di Campiglio con il supporto dell’Unione Allevatori Val Rendena e la collaborazione del Comune di Pinzolo, della Pro Loco di Pinzolo e dell’Associazione Giovenche Val Rendena, è stato l’occasione per trattare tematiche di grande attualità attorno alle quali da tempo è maturato un ampio dibattito. Presenti anche gli assessori provinciali al Turismo Roberto Failoni e all’agricoltura Giulia Zanotelli.
“È stata sicuramente una serata positiva – commenta il presidente dell’Apt Madonna di Campiglio Tullio Serafini – fra presenti e connessi ci saranno stati oltre 300 partecipanti. Durante l’evento hanno preso parola relatori di grande spessore, indispensabili per affrontare un discorso complesso. Il messaggio che ci piacerebbe far passare è che il binomio fra turismo e agricoltura va valorizzato sempre di più”. Come? Favorendo gli allevatori locali e preservando i pascoli ma soprattutto il bestiame e di conseguenza i prodotti della filiera alimentare.
Ed è proprio in questo senso che l’Apt locale, che dopo la riforma del turismo comprende anche la Valle del Chiese, si sta muovendo. Iniziative concrete come il consolidamento del progetto “Albe in malga”, il sostegno al presidio Slow food di Razza Rendena e i vari progetti sugli alpeggi. “Nel nostro piano strategico – ricorda Serafini – abbiamo introdotto un capitolo dedicato a quella che abbiamo voluto chiamare ‘montanità’, per valorizzare quella che deve essere l’autenticità della montagna grazie a iniziative molto specifiche”.
C’è però anche un altro messaggio, indirizzato alla politica e alla cittadinanza, che è emerso durante alla serata. Anzi, a esser precisi si potrebbe parlare di un grido d’allarme perché gli allevatori non vogliono più sentirsi abbandonati.
Partendo dall’analisi dell’ecosistema delle malghe tra passato, presente e futuro è stata infatti messa in evidenza la geografia delle speculazioni che negli ultimi anni hanno interessato i pascoli di tutta Italia. Sotto la lente, in particolare, il business degli alpeggi legato soprattutto all’uso improprio dei fondi europei per l’agricoltura. A spiegare il fenomeno è stato Gianandrea Mencini, autore del libro “Le mani sulla montagna: le speculazioni sulle Terre alte”. “Prima della riforma della Pac del 2006, i premi agli agricoltori venivano dati in base agli ettari coltivati e ai capi di bestiame allevati, si ragionava quindi sulla produzione. Dal 2006, invece, i fondi europei si assegnano considerando il mantenimento dei pascoli solo da un punto di vista ambientale e questo ha scatenato un accaparramento da parte di molte grandi aziende della Pianura”. In sostanza, secondo la tesi sostenuta da alcuni relatori, i premi appoggiati ai terreni non più vincolati alla produzione e al mantenimento hanno prodotto un business pericoloso e depauperante.
“La cosa che più mi ha fatto piacere – osserva Manuel Cosi, presidente dell’Unione allevatori val Rendena – è stato sentir dire da uno dei relatori che siamo stati gli unici che hanno avuto la voglia di affrontare l’argomento in maniera scientifica e tecnica per lanciare degli allarmi”. Secondo Cosi da tempo il territorio convive con alcune criticità che poi sono le stesse che gli allevatori vivono direttamente sulla loro pelle.
“Abbiamo creato questo convegno perché ‘Giovenche di razza Rendena 2021’ (manifestazione zootecnica tra le più seguite dell’arco alpino ndr) non è andata in scena. Questo però non significa che l’evento vado letto come una sostituzione della manifestazione. Giovenche di razza Rendena avrà una prossima edizione se le cose cambieranno, questa manifestazione non può essere solo un momento di folklore”.
L’Unione allevatori val Rendena ha scelto di rinunciare all’edizione 2021 della manifestazione per denunciare quella che è stata definita “mafia delle malghe”. “Siamo arrivati a una decisione così drastica – prosegue Cosi – perché volevamo lanciare un messaggio e dopo il convegno pensiamo di esserci riusciti. All’evento non erano presenti solo addetti ai lavori ma anche comuni cittadini che volevano conoscere meglio i motivi della protesta così come gli amministratori, compresi alcuni politici, che possono cambiare le cose”.
Se per il momento non sono arrivate risposte, d’altra parte questa non era nemmeno la sede deputata, si potrebbe dire che durante la serata sono stati posti una serie di interrogativi. Un passaggio necessario per riuscire a immaginare delle soluzione. “Il Trentino va preservato dalle speculazioni, alcuni allevatori locali sono stati messi in condizione di non poter più vivere le malghe. Non si può arrivare alla creazione di finti pascoli, o come sono stati definiti ai pascoli di carta, solo per specularci sopra”.
Per una soluzione duratura, sottolinea Cosi, bisogna trovare un nuovo accordo “fra allevatori e chi è chiamato a gestire il patrimonio pubblico come quello di pascoli e malghe. Se ogni attore che era presente all’iniziativa saprà farsi coinvolgere e fare squadra allora si potrà stabilire un nuovo equilibrio che porterà benefici a tutto il territorio. Per cambiare rotta però – avverte il presidente dell’Unione allevatori val Rendena – bisogna essere informati e consapevoli. Da parte nostra, come allevatori, ci siamo resi conto di non essere da soli, perché questo era il dubbio, così riprendere un dialogo sarà più facile”.