“L’America è sotto attacco”: gli attentati dell'11 settembre e la guerra al terrore, vent'anni dopo
Alle 8.46 dell’11 settembre 2001, un primo aereo dirottato da una cellula terroristica si schiantò contro la Torre Nord del World Trade Center, a New York. Fu l’inizio di una serie di attentati che colpirono il cuore degli Stati Uniti, causando grandissimo clamore in tutto il mondo. A quelle immagini assistettero increduli i media del globo intero, mentre le scelte del governo di Washington, con a capo il repubblicano George W. Bush, avrebbero portato a pesanti conseguenze fino ai giorni nostri

TRENTO. Erano le ore 8.46 dell’11 settembre 2001, quando il volo American Airlines 11, partito dall’aeroporto internazionale di Boston con direzione Los Angeles, si schiantò contro la Torre Nord del World Trade Center. A dirottare il Boeing 767, con a bordo 76 passeggeri e 11 membri dell’equipaggio, erano stati 5 attentatori, risultati poi essere aderenti all’organizzazione oltranzista islamica Al Qaida.
Allo stupore dello schianto, tuttavia, seguì la dimostrazione che non si era affatto trattato di un incidente. Alle 9.03, un secondo aereo di linea, il volo United Airlines 175, partito sempre da Boston con direzione la metropoli californiana, concluse la sua corsa contro la Torre Sud. A bordo, in questo caso, v’erano 51 passeggeri, 9 membri dell’equipaggio e, ancora una volta, 5 dirottatori.
Mentre nella città di New York si diffondeva il panico e le immagini degli schianti cominciavano a fare il giro del mondo, altri due furono i velivoli destinati a mietere vittime. Il terzo dirottamento portò il volo American Airlines 77, decollato da Washington con direzione Los Angeles, a schiantarsi alle 9.37 contro la facciata ovest del Pentagono, quartier generale del Dipartimento di difesa degli Stati Uniti situato nella Contea di Arlington, in Virginia. A bordo, in questo caso, si trovavano 53 passeggeri, 6 membri dell’equipaggio e 5 dirottatori.
Nell’ultimo caso, però, qualcosa andò storto nei piani dei 4 dirottatori. Il volo United Airlines 93, decollato da Newark con direzione San Francisco, non colpì infatti l’obiettivo previsto, presumibilmente il Campidoglio o la Casa Bianca, a Washington. Di contro, la rivolta dei passeggeri e dell’equipaggio, rispettivamente 33 e 7, portò il Boeing 757 a precipitare in un campo della Pennsylvania.
Lo spettacolo a cui assistono i passanti è terrificante. E mentre le notizie degli schianti si rincorrono, commentate sui media di tutti il mondo, l’enorme macchina dei soccorsi si mette in funzione. A Manhattan, sul luogo dell’attentato, accorrono centinaia di vigili del fuoco, sanitari e poliziotti, impegnati da subito alacremente nell’evacuazione dei palazzi. In tutto il Paese il traffico aereo viene bloccato, gli aerei in volo costretti ad atterrare nell’aeroporto più vicino. Ogni volo verso gli Usa viene re-indirizzato verso il Canada. Mentre si trova in visita alla scuola elementare di Sarasota, in Florida, il presidente George W. Bush viene informato degli schianti: “L’America – gli sussurra un collaboratore nell’orecchio – è sotto attacco”.
Sono in molti ad osservare increduli con il naso all’insù il fuoco che sta divorando le torri e che gradualmente si diffonde ai piani circostanti – i terroristi non a caso scelsero aerei da poco decollati, con lunghe tratte da percorrere, quindi carichi di carburante. Tra le immagini più tragiche di quel giorno, ci sono le persone che di fronte alla prospettiva di morire tra le fiamme preferiscono un volo nel vuoto. Dalle finestre dei piani superiori ai punti dello schianto, nell’impossibilità di mettersi in salvo, si lasciano cadere per decine e decine di metri. Un primo tremendo rombo, attorno alle 9.59, a 56 minuti dall’impatto del volo United Airlines 175, preannuncia il collasso della Torre Sud, la seconda ad essere colpita ma la prima a cadere su sé stessa – anche altri edifici circostanti crollarono a causa degli ingenti danni, mentre per giorni le macerie furono interessate da violenti incendi.
È il fuggi fuggi generale, quando l’immensa nube di polvere e detriti comincia ad espandersi dal luogo del collasso per tutte le vie circostanti. Molti degli edifici appartenenti al complesso del World Trade Center, e non solo, dovranno essere abbattuti a causa degli ingentissimi danni provocati dal crollo. A quello della Torre Sud, circa mezz’ora dopo, a un’ora e 42 minuti dall’impatto dell’American Airlines 11, seguirà il collasso della Torre Nord. Il bilancio dei decessi, reso complicato dall’impossibilità di recuperare ogni corpo, sarà di 2977 civili (a cui si aggiungono 19 dirottatori) e di 6400 feriti.
Non era la prima volta, nondimeno, che il World Trade Center finiva al centro di un attentato. Era il 26 febbraio del 1993, quando una cellula di terroristi fece esplodere un furgone-bomba nel parcheggio sotterraneo, provocando 6 morti e 1042 feriti. Il piano, non riuscito, era di determinare il crollo di una Torre, che come in un domino avrebbe dovuto collassare sull’altra. La matrice di quell’attentato, come poi risultato dalle indagini, fu quella fondamentalista islamica.
Nel ’93, però, non v’era lo zampino di Al Qaida. L’attacco dichiarato agli Stati Uniti – dopo che questi lo avevano sostenuto nella guerra dei mujaheddin in Afghanistan, contro gli invasori sovietici - dal suo leader, il saudita Osama Bin Laden, s’era prepotentemente mostrato agli occhi del mondo il 7 agosto del 1998, quando le ambasciate statunitensi in Kenya, nella capitale Nairobi, ed in Tanzania, a Dar el Salaam, vennero fatte oggetto di gravissimi attacchi esplosivi. Sul terreno, in totale, rimasero 240 vittime, la stragrande maggioranza africane, e 4000 feriti. Nell'ottobre 2000, inoltre, una barca carica di esplosivo veniva fatta esplodere nelle vicinanze di un cacciatorpediniere statunitense (lo Uss Cole) attraccato nel porto di Aden, in Yemen. I due kamikaze, anch'essi adepti di Bin Laden, provocarono la morte di 17 marinai ed il ferimento di altri 39.
Il nome di Bin Laden, non a caso, fa presto a correre tra i media. In serata, anche le fonti governative non palesano più alcun dubbio: dietro agli attentati ai 4 aerei civili c’è l’organizzazione terroristica ormai da tempo installata in Afghanistan, con il beneplacito delle autorità talebane, al potere dal 1996. Il presidente Bush, nel messaggio alla nazione, promette azione. I dirottamenti, con i loro tragici esiti, sono considerati un atto di guerra: il 7 ottobre, dopo il fallimento delle trattative con il governo di Kabul per la consegna di Bin Laden e la dismissione dei campi d’addestramento di Al Qaida sul territorio afghano, le truppe statunitensi, coadiuvate da quelle britanniche, cominciarono i bombardamenti. La guerra in Afghanistan, a cui parteciparono anche soldati italiani, inquadrati nella coalizione della Nato (Isaf), ebbe così inizio.
Nel giro di qualche mese, il regime talebano sarebbe stato abbattuto, sostituito da una debole e corrotta democrazia. Al confine con il Pakistan, Paese alleato degli Usa ma ambiguo nell’appoggio alle milizie facenti capo al mullah Omar, cominciò così la lunga caccia a quello che Washington considerava il primo responsabile degli attentati, Bin Laden – ucciso poi nel maggio 2011. Nel mentre, il quadro si complicò con l’estensione del conflitto lanciato da Occidente contro il regime di Saddam Hussein in Iraq (marzo 2003), basata sulla convinzione – poi ampiamente sconfessata dagli stessi promotori dell’intervento – che Baghdad ospitasse membri di Al Qaida e soprattutto possedesse armi di distruzione di massa.
Entrambi i conflitti, gravidi di conseguenze geopolitiche e barbari crimini commessi ai danni della popolazione civile e di presunti (e non) terroristi, rappresentarono il culmine della cosiddetta "guerra al terrore", scatenata anche sullo stesso suolo americano – su tutti le misure stabilite dal Patriot Act. Il suo esito? Fallimentare, come certificato dal caos in cui fu gettata l'area mediorentale dopo il ritiro dall'Iraq (2011) e dall’ingloriosa sconfitta nella più lunga guerra della storia americana, sancita proprio alla conclusione dell’agosto 2021. Vent'anni dopo gli attentati dell'11 settembre.