"Arrivavamo di notte e li aiutavamo a oltrepassare il muro di cinta dell'ambasciata", la storia di suor Valeria Valentin nel Cile di Pinochet diventa un film
Si intitola "La salvatrice" il docu-film di Paolo Tessadri che ripercorre la storia della missionaria a servizio degli ultimi e dei perseguitati. Dopo il golpe militare del 1973 ha aiutato centinaia di persone a fuggire dal Cile. Tessadri: "La sua storia non si può dimenticare”.

TRENTO. “Nascondevamo i ricercati nelle case o all'interno delle baraccopoli, oppure nei conventi, per poi di notte far raggiungere loro le ambasciate. Telefonavo ai nostri amici che erano all’interno dell’ambasciata e loro mi dicevano: “Due Marlboro, 3 Hilton”. La cifra indicava il numero delle persone che potevamo far scappare senza farci sorprendere dalle guardie e la marca di sigarette specificava la via dove si poteva scavalcare il muro. Arrivavamo di notte e li aiutavamo a oltrepassare il muro di cinta. A quel punto erano in salvo”.
A testimoniarlo è suor Valeria Valentin (1937-2002), la suora italiana che ha strappato alla morte circa 600 persone in Cile durante la dittatura di Augusto Pinochet.
A 50 anni dal golpe militare che l'11 settembre 1973 rovesciò il governo di Salvador Allende, a Trento al cinema Modena è stata proiettata nei giorni scorsi l'anteprima del docufilm “La salvatrice – La salvadora” di Paolo Tessadri, per la regia di Marco Benvenuti, prodotto dalla Fondazione Museo storico del Trentino.
La pellicola ripercorre la storia di suor Valeria Valentin, nata a Badia nel 1937, e della sua vita a servizio degli ultimi e dei perseguitati, prima in Africa e poi in Sudamerica, nelle baraccopoli di Santiago del Cile.
Proprio da lì, nel 1973, anno della presa violenta del potere da parte dei militari, è partita la sua battaglia clandestina per salvare centinaia di persone dalla tortura e dalla morte. Suor Valeria è stata testimone della ferocia della repressione messa in atto dal regime militare instaurato di Pinochet.
“Non venivano ammazzati solo i leader dell'opposizione, ma anche gli studenti, gli operai, i poveri” testimonia suor Valeria. Sul fiume Mapocho, che attraversa Santiago del Cile, galleggiavano i cadaveri delle persone uccise. I militari sparavano anche sui bambini. C'era il coprifuoco, ma i bambini poveri vivevano sulle strade, non erano abituati a stare chiusi nelle baracche. Suor Valeria ha visto con i suoi occhi i militari uccidere i più piccoli.
Lei era segretaria di don Fernando Ariztia, soprannominato il "vescovo rosso” e, grazie al suo sostegno, è riuscita a mettere in piedi una rete clandestina con cui ha salvato circa 600 persone, appoggiandosi alle ambasciate, in particolare quella italiana, che nei primi anni del regime erano luogo di rifugio e di fuga per i perseguitati. “Nascondevamo i ricercati nelle case o all'interno delle baraccopoli, oppure nei conventi, per poi di notte far raggiungere loro le ambasciate. Li aiutavamo a oltrepassare il muro di cinta, facendoli salire sulle sue spalle o sulle sue mani e spingendoli con le mani (per questo venivano nominate “le spingi culo”). A quel punto erano in salvo”.
Suor Valeria è stata arrestata due volte, ma è riuscita a salvarsi grazie all'intervento del cardinale Raúl Silva Henríquez. E' stata, però, costretta a lasciare il Cile e a trasferirsi in Argentina, sconvolta da un'altra dittatura militare. Infine, è tornata in Alto Adige. E' morta nel 2002 a Rodengo.
Suor Valeria Valentin non ha mai parlato della sua vicenda in Cile, se non in un'intervista rilasciata nel 1999 al giornalista Paolo Tessadri. “Di lei ricordo l'umiltà, la riservatezza, ma anche il coraggio. Lei voleva che la storia rimanesse sua, personale. Ma, secondo me, sbagliava. Queste e altre storie di coraggio si devono conoscere” spiega Tassadri.
Nel docu-film, sullo sfondo di immagini attuali e dell'epoca, che riprendono i luoghi simbolo del regime (come l'Estadio Nacional di Santiago, conosciuto come lo stadio della morte, oppure il palazzo della Moneda bombardato dai militari l'11 settembre 1973), sono state raccolte le testimonianze, tra gli altri, di cileni sopravvissuti e fuggiti proprio grazie all'aiuto della suora, dell'ambasciatore italiano in Cile Mauro Battocchi, di una religiosa sua collaboratrice, del marito di Valeria, Carlo Pizzinini, che ha prestato servizio con lei come missionario a Santiago. “Erano anni di terrore – ricorda il marito Carlo, presente alla première del documentario. - Eravamo sempre in ansia, avevamo paura. Ma non Valeria. Lei aveva coraggio. Lei ha sempre detto che voleva aiutare i poveri, quelli che non hanno via di uscita. Ma non ha mai voluto parlare di questo suo impegno. Era una persona schiva, silenziosa. Non so se lei oggi sarebbe felice di questo documentario. Ma io lo sono – conclude Carlo. - Sono felice che sia stato realizzato questo film su di lei. In questo modo la sua memoria resterà viva per sempre”.
Tra il 1973 e il 1990, nel Cile di Pinochet, furono oltre 3200 le persone uccise o scomparse, migliaia costrette all'esilio e oltre 40 mila furono le vittime di violazione dei diritti umani. Ma ci furono anche tante persone che si salvarono. “Questo grazie anche a Valeria Valentin – conclude Tessadri. - Dobbiamo sapere che esistono persone che ogni giorno mettono a rischio la propria vita per gli altri e praticano la solidarietà e la vicinanza agli ultimi. Queste storie non si possono dimenticare”.