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Frappe, grostoli, chiacchiere o sgonfioni: chiamateli come volete ma questo sono. Storia e ricetta di un dolce carnevalesco di antica tradizione

Gli storici fanno risalire le ‘frappe’ - questa la definizione più usata - a personaggi del cibo cinquecentesco. Figure come Domenico Romoli, cuoco fiorentino, coetaneo di alcuni ‘grandi’ come Bartolomeo Scappi e il mitico Messisbugo. Poi il procedimento è descritto dall’Artusi e da tutta una serie di gastronomi. Ma è nei ricettari delle famiglie che queste ‘bugie’ trovano concreta attuazione

Di Nereo Pederzolli - 05 February 2023 - 19:54

TRENTO. Se a Carnevale ogni scherzo vale… ecco che anche in cucina si scatena la creatività. Legata a ricette e a porzioni di cibo destinate ai piaceri della gola. Specialmente per quanto concerne uno dei simboli della festa carnascialesca: i grostoi. Non a caso chiamati ‘bugie’. Proprio perché nulla è codificato. Del resto una ricetta non ha un preciso autore: è frutto di una evoluzione gastronomica che ha visto schiere di donne - sì, perché il ruolo prioritario del cibo quotidiano era nelle mani femminili - cimentarsi in tutta una serie di varianti dolciarie. Anche se di preciso nessuno può attribuirsi il metodo della preparazione del dolce in voga in questi giorni di baldoria ante quaresime.

 

Gli storici fanno risalire le ‘frappe’ - questa la definizione più usata - a personaggi del cibo cinquecentesco. Figure come Domenico Romoli, cuoco fiorentino, coetaneo di alcuni ‘grandi’ come Bartolomeo Scappi e il mitico Messisbugo - figura fondamentale per capire l’evoluzione del buon mangiare. Poi il procedimento è descritto dall’Artusi e da tutta una serie di gastronomi. Ma è nei ricettari delle famiglie che queste ‘bugie’ trovano concreta attuazione. Hanno un comun denominatore: devono essere leggiadre, fatte con farina, uova (poco) e zucchero (senza badare al risparmio).

 

Dolci sfiziosi con i nomi più svariati. Chiacchere, Lattughe, Galani, Sfrappole, Intrigoni, Cenci, Fiocchetti, Pampuglie, Zazzarille, Sgonfioni e via ...scherzando. Elenco facilmente estensibile, ma che, ovunque, richiama alla natura popolare del Carnevale, per associazione o assonanza. Evoca la trasgressione carnascialesca, l’inconsistenza, l’apparenza e l’inganno.

 

Specialità dolciarie che nei sussidiari diventano autentiche leccornie e simboli di specifiche identità gastronomiche. Per capirlo basta sfogliare uno dei tanti ‘quaderni di casa’ custoditi in biblioteche o musei rurali. Sono censiti dall’Accademia della Cucina quelli delle famiglie nobili della Vallagarina, citate dinastie come Casa Todeschi e i Turco Lazzeri. Ma è altrettato sigolare confrontare le preparazioni: quelle diciamo nobiliari e le rustiche procedure contadine.

 

Il Gruppo Culturale Bondo Breguzzo ha dato alle stampe, nel 2002, alcuni quaderni di cucina custoditi dalle massaie di Maria Ferrari ‘Pimpinela’ e di Pasqua Bonazza. Ebbene, i Grosoi - perché così sono chiamati in questo prezioso sussidiario - hanno medesima preparazione, con la variante legata all’uso del burro al posto dell’olio oppure sfruttare per la frittura lo strutto del maiale. In ogni caso i 'Grostoi’ sono fragili, fragranti, voluttuosi, assolutamente gioiosi. Per soddisfare il piacere del carnevale.

 

Ritorniamo alla ‘ricetta base’, di facile esecuzione. Basta rispettare il metodo in voga tra le Dolomiti. Senza…bugie. Anche se a carnevale ogni scherzo vale.

 

 

Ingredienti

Per 4 persone

 

2 etti di farina bianca

1 uovo intero e un tuorlo

2 cucchiai di olio

mezzo etto di zucchero

1 bicchierino di vino bianco ( meglio se dolce )

liquido per friggere ( olio di arachidi, ideale comunque lo strutto )

zucchero a velo

 

Tempo di preparazione e cottura: un’ora

 

Vino consigliato: Spumante Trento Talento Demi-sec

 

Procedura

Mettete su una spianatoia la farina ‘ a fontana’ e nel centro rompete l’uovo e il tuorlo, aggiungete lentamente due cucchiai d’olio, lo zucchero e il vino bianco. Impastate il tutto con energia e lavorate la pasta fino a quando diventa lucida, formando una palla; copritela con un canovaccio e lasciatela riposare per una trentina di minuti in un luogo tiepido. Quindi prima con le mani, poi col mattarello tirate una sfoglia il più sottile possibile; tagliatela ‘ a losanghe’, - bordi ondulati – con l’apposito attrezzo dentellato – rotellina a smerli - e – poche alla volta, pezzi a forma trapezoidale o a piacere – friggete nell’olio ( o strutto ) bollente. Toglierle quando sono dorate e croccanti, facendole riposare su carta assorbente. Quindi cospargere con abbondante zucchero a velo

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