L'agricoltura che nutre la speranza, a Bressanone ecco la fattoria bio-sociale dove le donne vittime di violenza trovano lavoro e rifugio
Miriam Zenorini e il marito Mirco Postinghel da cinque anni gestiscono la tenuta "Vintlerhof" a Millan di Bressanone, che accoglie donne maltrattate. L’iniziativa è stata premiata a Roma dalla Federazione regionale Coldiretti Trentino-Alto Adige

BOLZANO. La tenuta “Vintlerhof” a Millan di Bressanone non è una comune fattoria, ma un luogo dove si integrano aspetti sociali e biologici. Obiettivo? Generare, attraverso l'agricoltura, benessere per le fasce deboli della popolazione e, più in generale, per la comunità locale. Qui le persone con bisogni speciali vengono impiegate nei campi, nella serra, con gli animali e nelle altre attività per permettere loro di vivere un'esperienza che rafforza le proprie competenze e dà loro l’opportunità di svilupparsi. La struttura è un rifugio dove le donne maltrattate che hanno avuto un vissuto difficile trovano accoglienza, conforto e supporto per riprendersi in mano la loro vita in maniera dignitosa e in armonia con la natura.
Tutto questo grazie a Miriam Zenorini che insieme al marito Mirco Postìnghel gestisce da cinque anni l’azienda agricola bio-sociale fondata. La loro avventura è iniziata nel luglio 2018, quando Miriam, educatrice di professione, con alle spalle due anni di esperienza in una azienda agricola in India e qualche anno di lavoro a tempo pieno come responsabile in una casa di solidarietà a Bressanone, e il marito vincono il bando indetto dai Padri Comboniani di Bressanone per l’affitto trentennale della loro campagna.
Nasce così l’azienda agricola Vintlerhof, situata a sud est del capoluogo della Val d’Isarco, e i due diventano a tutti gli effetti dei contadini sociali. La terra per loro non è solo produzione ma motivo di riscatto.
“Nella fattoria, molte persone che vivono in situazioni difficili sperimentano ed imparano, attraverso progetti di integrazione lavorativa, le abilità e le competenze che saranno utili per riuscire ad entrare nel mercato del lavoro. Si tratta di persone con problemi psichici o di dipendenza, ex detenuti o persone assegnate alle misure alternative al carcere, rifugiati o migranti in attesa dell’esito della commissione, donne uscite da situazioni di violenza o giovani provenienti da famiglie disagiate” specifica Miriam.
Nell'azienda agricola si coltivano ortaggi di ogni tipo, frutta, vigne, cereali, patate, erbe officinali, qualche castagno sparso nel bosco; ci sono anche galline, oche, un apiario e alcuni asini. C'è un laboratorio per la lavorazione dei prodotti, la vendita diretta, l’agricoltura sociale e la pet-therapy con gli asini.
Dopo aver ottenuto il primo premio intitolato alla memoria della pastora Agitu Gudeta, assassinata in Trentino a dicembre 2020, quest’anno il progetto dell’imprenditrice ha vinto la prima edizione del riconoscimento di Coldiretti “Amiche della terra, storie di donne che nutrono il mondo”. Il premio celebra l’impegno, la passione e la dedizione delle donne impegnate nel green e promuove la conoscenza e la difesa del vero agroalimentare italiano.
Il premio è stato consegnato ieri dalla ministra Elisabetta Casellati a Roma in occasione del 70° anniversario della nascita del movimento di Donne Coldiretti. “Sono veramente orgogliosa – ha detto la ministra - di premiare questa straordinaria donna che, con la sua professionalità e le sue capacità, nutre il mondo ma anche il cuore e la speranza di donne che la speranza verso il futuro l’avevano persa”.