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Nel 1989 tutto partì dalla vittoria agli Europei in Svezia: quante similitudini tra l'Italvolley di De Giorgi e la Generazione di fenomeni di Velasco e Bernardi
Il trionfo continentale mancava da 16 anni: nel 2005 l'Italia di Montali salì sul tetto d'Europa, ma quanto mancano gli anni d'oro del volley, quando la Nazionale Italiana di Velasco (e poi Bebeto) dominava in lungo e in largo. Sarà così anche per i "Bad Boys" di De Giorgi, ragazzi dal viso e dall'animo puliti che, però, quando il gioco si fa duro iniziano a giocare (e picchiano duro)?

TRENTO. "Tutti in piedi sul divano" avrebbe certamente commentato un noto giornalista sportivo che racconta il mondo delle due ruote e non quelle del volley ma che, in questo caso, ci avrebbe preso in pieno.
Sì, perchè alzi la mano chi non ha avuto questa reazione quando il servizio di Klemen Cebulj, che alla Blm Group Arena ricordano per aver vestito la maglia di Trentino Volley due stagioni or sono senza lasciare troppo il segno, si è accomodato fuori dai nove metri: Italvolley maschile campione d'Europa e, dopo il successo della Nazionale femminile nella rassegna continentale, il bis è servito. Un bis incredibile, senza precedenti che ribadisce un concetto che ai più era già chiaro: le disponibilità economiche dei club della Penisola non sono paragonabili a quelle delle realtà russe e turche, ma i campionati italiani erano, sono restano i migliori del mondo. Senza "se" e senza "ma".
Il trionfo europeo ha regalato nuova linfa al movimento maschile, che a Tokyo sperava in una medaglia e, invece, è tornato a casa a mani vuote dopo un percorso deludente. La "staffetta" in panchina, già prevista (e qualcuno, a questo punto, dice: perché non attuarla prima?) tra Blengini e De Giorgi ha sparigliato le carte con "Fefè" che ha avuto il coraggio di cambiare tutto: Juantorena e Colaci avevano chiuso con la maglia azzurra dopo le Olimpiadi, Zaytsev si è infortunato (ma forse non sarebbe stato chiamato comunque) e il neo Ct ha lasciato a casa Kovar, Vettori e Piano, confermando solamente Giannelli, Galassi, Sbertoli, Anzani, Michieletto e Lavia. E poi? Largo ad altri giovani, con pochissima esperienza in Nazionale, ma con qualità, determinazione e "fame". Dentro allora Balaso (25 anni), Romanò (24 anni: nell'ultima stagione ha giocato in serie A2!), Piccinelli (24 anni), Ricci (27 anni), Pinali (24 anni), Cortesia (22 anni), Recine (22 anni) e Bottolo (21 anni).
Il risultato è stato un percorso trionfale nella rassegna continentale, che vale il settimo titolo europeo della storia che riporta in Italia un trofeo che mancava dal 2005, quando la Nazionale di Gian Paolo Montali trionfò, piegando in finale la Russia.
Talento, "fame" e la sfrontatezza della più giovane tra le Nazionali al via: i presupposti per aprire un nuovo ciclo ci sono e i punti in comune con la Generazione di Fenomeni, che dominò il volley mondiale negli anni '90, conquistando 3 Mondiali, 4 Europei, 8 World League, oltre ad un'edizione dei Giochi del Mediterraneo, dei Goodwill Games, del World Super Four Fivb, del World Super Six Fivb e del Grand Champions Cup Fivb, sono tanti.
Un Ct appena arrivato e vincente.
Nel 1989 Julio Velasco approdò sulla panchina dell'Italia e fece il proprio esordio il 26 maggio nell'amichevole vinta per 3 a 0 contro la Spagna. Poco più di quattro mesi dopo trionfò in Europa, dopo il successo per 3 a 1 nella finalissima contro la Svezia,
La storia di Fefè De Giorgi è ancora più incredibile. Rilevata un'Italia con il morale sotto i tacchi per l'avventura olimpica, in 25 giorni ha rigenerato chi era reduce dalla delusione di Tokyo e inserito alla perfezioni i tanti volti nuovi. Insomma, un trionfo immediato.
Velasco rivoluzionò il modo di lavorare della Nazionale (e lo farà anche in ambito femminile: da una sua intuizione nacque il Club Italia), De Giorgi ha riportato la chiesa al centro del villaggio: basta singoli, la Nazionale è una cosa sola.
Un regista pazzesco.
Paolo Tofoli era la "mente" di quella squadra. Un palleggiatore non di grande altezza, ma dal talento sconfinato e dall'assoluta fantasia, capace di gestire al meglio le tante bocche da fuoco di cui disponeva. Il suo "vice" fu proprio Fefè De Giorgi, mentre Fabio Vullo - da molti ritenuto il regista più forte di tutti i tempi - trovò pochissimo spazio all'interno della Generazione di Fenomeni, collezionando pochissime convocazioni dal 1989 al 1992 e vincendo "solamente" una World League.
Ebbene, l'Italvolley di oggi dispone di uno dei palleggiatori più forti del mondo, Mvp dell'Europeo, quel Simone Giannelli che, dopo un paio di stagioni in chiaroscuro, sta tornando sui livelli migliori. E ha solamente 25 anni, che per un alzatore significano almeno altri 10 anni di carriera assicurati.
In banda... si salvi chi può (gli avversari).
La storia si ripete: la Generazione di Fenomeni ebbe in "Mister Secolo" Lorenzo Bernardi, eletto dalla Fivb assieme a Karch Kiraly il "Miglior Giocatore di Pallavolo del XX Secolo" e Luca "Bazooka" Cantagalli due interpreti straordinari del ruolo. Due giocatori quali ne nascono pochissimi e, per di più, nello stesso momento. Senza dimenticare Andrea Giani e Marco Bracci, molto spesso costretti a fare panchina (il primo anche perché più giovane rispetto a Bernardi e Cantagalli) ai due titolari, quando sarebbero stati nello "starting six" di qualsiasi altra nazionale dell'epoca.
Oggi i titolari in posto 4 dell'Italia si chiamano Alessandro Michieletto e Daniele Lavia, due ragazzi giovanissimi di 19 e 20 anni, con incredibili margini di miglioramento, grande fisicità e, soprattutto, dote questa non "acquistabile", un'enorme personalità. I tifosi di Trentino Volley potranno goderseli entrambi nella prossima stagione e la possibilità di giocare con continuità potrebbe permettere loro di compiere un ulteriore e decisivo salto di qualità. Anche in campo internazionale: Bernardi e Cantagalli hanno fatto la storia del volley italiano e mondiale, ma tempo e talento sono tutti dalla parte di Michieletto e Lavia, destinati a diventare due perni della Nazionale Azzurra per il prossimo decennio.
L'unione fa la forza: non esistono primedonne.
Grande comunicatore e con capacità manageriali, Velasco era altresì un sergente, capace di prendere decisioni nette e pure impopolari (basti pensare all'esclusione di Vullo, ma anche del capitano Andrea Lucchetta, che dal 1993 non fece più parte del gruppo azzurro, vincendo "solamente" un Mondiale, un Europeo e 3 World League) per tutelare quello che secondo lui era il gruppo. I risultati arrivarono, la "mentalità" azzurra divenne un qualcosa che si rivelò più forte dei nomi, con ricambio garantito in corsa (basti pensare al trionfo nel Mondiale del 1998 con Bebeto in panchina e senza più Tofoli, Cantagalli, Bernardi e Zorzi) e che tutto il mondo invidiava al movimento nazionale.
L'Italvolley di De Giorgi è stata l'emblema del gruppo: 14 giocatori convocati, tutti potenzialmente titolari (basti pensare a cosa è accaduto in finale: fuori Pinali e dentro Romanò, decisivo per il successo finale, senza dimenticare l'altrettanto decisivo ingresso di Ricci), nessuna primadonna e un atteggiamento "operaio" che ha permesso agli Azzurri di lottare palla su palla anche contro avversarie decisamente più esperte e abituate a certi palcoscenici. Uno per tutti, tutti per uno, tutti pronti ad entrare e a dare il massimo per un obiettivo
L'emblema, l'immagine, l'istantanea della finale di Katowice l'ha regalata Alessandro Michieletto, nel corso del tie-break: il posto 4 di Trentino Volley mette a terra il pallone che porta al cambio di campo e trascina i compagni dall'altra parte della rete. Troppa la voglia di tornare subito in campo, troppa la voglia di continuare a giocare, troppa la voglia di vincere. E il suo movimento con le braccia per dire ai compagni "andiamo, andiamo, andiamo a prenderci l'Europeo" vale più di qualsiasi frase, qualsiasi slogan, qualsiasi pensiero.
L'Italvolley del futuro è già quella del presente.