Da Foggia al Michigan per morire senza un nome: quando l'immigrato eravamo noi e ci chiamavano ''wap''
Oggi, nel giorno dell'anniversario della tragedia di Marcinelle ne ricordiamo un'altra che è stata analizzata domenica a Cleveland dai trentini-tirolesi di Usa e Canada in un giorno a cavallo tra i due terribili incidenti di Foggia dove sono morti 16 migranti, senza documenti

TRENTO. Morti dimenticati, tragedie dello sfruttamento, del disprezzo e del disinteresse, lontane nel tempo ma comunque vicine. 117 anni fa erano gli italiani i disperati che, disposti a tutto, stipati in un centinaio tra le carrozze merci di un treno, morivano senza un volto, un nome, un documento identificativo. Cancellati dalla storia e da un bollettino ufficiale che specificava che c'erano state 23 vittime, in quel terribile incidente (del “Wreck on the Wabash”) ferroviario avvenuto nella città americana di Adrian, in Michigan. Erano i 23 passeggeri con biglietti di prima e seconda classe. Del centinaio di immigrati italiani, molti dei quali trentini-tirolesi, bruciati vivi e carbonizzati non importava nulla a nessuno. Vennero seppelliti in una fossa comune senza nome e senza generalità.
Erano immigrati (alcuni con mogli e figli al seguito) in cerca di un futuro migliore, migranti economici a tutti gli effetti (paradossale pensarlo, oggi, che il migrante economico viene visto come una sorta di delinquente: o scappi da una guerra o sei perseguitato, altrimenti se muori di fame e basta non va bene). Si dirigevano nel Midwest con la speranza di poter lavorare nelle miniere di carbone del Colorado e della California. Dei lavori terribili, infami, pochi spicci e sicuri danni alla salute, ma quello c'era e quello bisognava fare. Le loro speranze, però, si sono fermate ad Adrian. Il loro treno, il numero 13, finì per scontrarsi con un altro treno, il numero 4, proveniente da Chicago e fu il disastro. Triturati dalle lamiere e poi bruciati dall'incendio che si è sviluppato subito dopo morirono tutti.
Un disastro come quello avvenuto lunedì in provincia di Foggia. Ancora una volta delle persone ammassate su un mezzo, una dozzina di immigrati sul cassone di un furgone, ancora una volta un terribile scontro e ancora una volta la tragedia: dodici morti, guarda caso senza un nome, senza un documento identificativo. Il furgone con targa bulgara, infatti, a bordo aveva tutti passeggeri extracomunitari privi di documenti. Probabilmente tornavano dal lavoro nelle campagne dove quotidianamente vengono sfruttati. Un lavoro terribile, da pochi spicci e sicuri danni alla salute. Un lavoro da ''risorse'' (come li chiamano quelli che sotto questo articolo scriveranno ''non paragonateli alla nostra immigrazione''), un lavoro da senza nome e senza documenti lavori da "wop", come venivano chiamati gli italiani negli Usa all'inizio del '900: ricordava la parola ''guappo'' ma in definitiva voleva dire "without official papers" (senza documenti ufficiali).
Un lavoro come quello fatto da altri quattro braccianti morti sabato, sempre nel foggiano, in un altro scontro furgone - camion (un tir carico di pomodori). Stessa dinamica, stesso risultato. I migranti viaggiavano in un mezzo chiuso. Erano in dieci, tutti senza documenti (anche se due delle vittime troveranno un nome: Ceesay Aladje e Balde Amadour l'uno 25enne del Gambia, l'altro 20enne della Nuova Guinea). Sono rimasti schiacciati dalle lamiere, una morte terribile. Tragedie dell'immigrazione e dell'indifferenza.
In America la prima cerimonia ufficiale per ricordare gli italiani morti nella tragedia del "Wreck on the Wabash" è avvenuta 115 anni dopo i fatti. Il luogo dove furono seppelliti i nostri connazionali fu ritrovato solo nel 2015. E proprio questa tragedia dimenticata della nostra immigrazione, che tanto racconta e tanto spiega, è stata ricordata la domenica a cavallo tra i due incidenti di Foggia a Cleveland, in Ohio. I trentini-tirolesi di Canada e Usa hanno presentato un approfondimento su questo disastro durante la 23esima edizione della convention di Ittona. Per non dimenticare chi eravamo e ricordarci chi dovremmo essere oggi. Oggi che si ricorda anche la strage di Marcinelle dove a morire furono 136 emigranti italiani. In totale furono 262 i lavoratori di 12 nazionalità diverse a perdere la vita. Si emigrava e si moriva sul lavoro. Oggi come allora.