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Covid, con la variante Omicron il 4,4% del totale dei contagi sono reinfezioni. Ecco il rapporto dell'Iss
Secondo il rapporto dell'Iss nell’ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi risulta 4,4%, in aumento rispetto alla settimana precedente in cui era pari a 4,1%. Il rischio è più elevato nei soggetti non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni

TRENTO. Con la variante Omicron aumenta il rischio di reinfezione. È questo quello che emerge dall’ultimo rapporto esteso dell’Istituto Superiore di Sanità.
Dal 24 agosto 2021 al 13 aprile 2022 sono stati segnalati 338.967 casi di reinfezione, pari a 3,2% del totale dei casi notificati. Nell’ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati risulta pari a 4,4%, in aumento rispetto alla settimana precedente in cui la percentuale era pari a 4,1%.
A partire dal 6 dicembre 2021, data considerata di riferimento per l’inizio della diffusione della variante Omicron, si evidenzia un aumento del rischio di reinfezione con valori significativamente maggiori di 1.
Le possibilità di contrarre nuovamente il virus aumentano in particolare nei soggetti con prima diagnosi di Covid-19 notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi di Covid-19 fra i 90 e i 210 giorni precedenti. Ma anche nei soggetti non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati che invece hanno ricevuto almeno una dose entro i 120 giorni.
Il maggior rischio nei soggetti di sesso femminile, che può essere verosimilmente dovuto alla maggior presenza di donne in ambito scolastico (più dell’80%) dove viene effettuata una intensa attività di screening e al fatto che le donne svolgono più spesso la funzione di caregiver in ambito famigliare.
Anche le fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) sono più esposte rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. Le fasce di età più giovani hanno comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto agli over 60.
Infine una maggior rischio viene riscontrato negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione.