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Negli allevamenti chiusi sono bloccati 5 mila visoni. In una struttura il Covid fa abbattere 1500 animali, Lav: ''Rischi per la salute pubblica, il Governo faccia qualcosa''
A partire dal primo gennaio 2022 è entrata in vigore la chiusura di tutti gli allevamenti di visoni e altri animali da pelliccia. Gli animali, però, a distanza di un anno sono ancora all'interno di questi allevamenti e nei giorni scorsi è stato registrato un terzo focolaio Covid

TRENTO. “Auspichiamo che il Governo, in primis il ministro dell'Agricoltura, si occupi immediatamente di una situazione diventata davvero insostenibile con conseguenze sul benessere animale e anche possibili ripercussioni sulla salute pubblica”. Queste le parole a il Dolomiti di Simone Pavesi, responsabile nazionale Lav dell'Area moda senza animali, in merito ad un vicenda che va avanti da circa un anno senza che vi sia stato alcuna soluzione da parte del Governo.
Tutto è iniziato nel dicembre dello scorso anno quando è stata approvato in manovra di bilancio un emendamento che stabiliva, a partire dal 1° gennaio 2022, la chiusura di tutti gli allevamenti di visoni e altri animali da pelliccia. Una svolta storia importante.
La messa al bando è entrata effettivamente in vigore il primo di gennaio 2022, ma nonostante ciò ancora oggi non è stato emanato il Decreto del Ministro delle Politiche Agricole, in collaborazione con i Ministri della Salute e della Transizione Ecologica, che dovrebbe stabilire due cose: da un lato i criteri e le modalità di corresponsione dell’indennizzo a favore dei titolari degli allevamenti che hanno visto l'attività bloccata e dall'altro quale sia il destino di questi animali.
Questi animali sarebbero dovuti essere stati utilizzati per l’avvio di un nuovo ciclo produttivo nel 2021, ma, in seguito al temporaneo divieto alla riproduzione, disposto come misura anti-Covid essendo questi allevamenti riconosciuti come potenziali serbatoi del coronavirus, e al successivo divieto permanente all’allevamento sono rimasti in una sorta di limbo non potendo essere uccisi per finalità commerciali (l’ottenimento della pelliccia) o per esigenze di salute pubblica (in assenza di conclamata infezione da coronavirus) e non potendo essere liberati in natura.
“Stiamo parlando – ci spiega Simone Pavesi- di circa 5 mila visoni che si trovano ancora chiusi in cinque allevamenti da diverso tempo”. Un drammatico ritardo nella gestione di questi animali che, come già detto, ha conseguenze non solo nel loro benessere ma anche nella salute pubblica.
Sempre la Lav ha spiegato in una nota che nei giorni scorsi è stato reso noto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale che proprio all'interno di un allevamento di visoni presente nel comune di Galeata, con all'interno 1500 animali, è stato registrato il terzo focolaio italiano di Sars Voc 2. Il primo era stato rilevato nell'agosto del 2020 a Capralba (Cremona) e il secondo a Villa del Conte (Padova).
“È evidente – viene spiegato in una nota dalla Lav - come l’inazione dei Ministeri competenti stia continuando a rappresentare un rischio per la salute pubblica e continui ad ignorare i principi più basilari di benessere animale. Chiediamo al Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida di intervenire con urgenza dando concreta attuazione a quanto sancito con la legge di bilancio 2022 e consentire quindi il trasferimento di almeno alcuni dei visoni ancora rinchiusi nelle gabbie degli allevamenti intensivi”.
Per evitare il rischio di formazione di nuovi focolai di coronavirus in allevamenti di visoni europei, e per risparmiare la vita di milioni di animali sfruttati solo per il valore della loro pelliccia, è stata anche lanciata una petizione a livello europeo “Fur Free Europe” con la quale si sta chiedendo alla Commissione Europea di vietare in tutta l’Ue gli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce e il commercio, compreso l’import, di prodotti di pellicceria.