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Il Giappone arriva a Trento. Al via la mostra al Palazzo delle Albere "Il bruco e la farfalla". Laboratori di Furoshiki e lezione di Sumi tra gli eventi in programma
La mostra rimarrà aperta fino al 27 settembre. Due distinti percorsi che s'intrecciano: una prima parte dedicata a Don Grazioli e alla seta, e poi "Arte in metamorfosi", un'esposizione che ospita opere di artisti contemporanei italiani e giapponesi. Tanti, e interessantissimi, gli eventi collaterali

TRENTO. Viene inaugurata oggi pomeriggio, alle 18, la mostra "Il bruco e la farfalla", organizzata da Arci del Trentino nelle sale del Palazzo delle Albere. Rimarrà aperta fino al 27 settembre e lega due terre lontane: Trentino e Giappone.
Ma partiamo dall'inizio. All'inizio di questa storia ci sono un prete, Don Giuseppe Grazioli, e dei bachi da seta - i "cavaleri", come li chiamavano i nostri nonni. Grazioli nasce a Lavis nel 1808. Qualche decennio più tardi prende i voti e inizia un'intensa attività pastorale (ma anche politica). Don Grazioli è un prelato moderno: vicino alla gente, e ai suoi problemi terreni. Non si limita alla cura d'anime dei suoi fedeli, ma guarda anche (e, forse, soprattutto) alla loro vita nell'aldiquà. È il prete dei contadini. E i contadini, alla metà del XIX secolo, traggono importanti benefici dall'allevamento dei bachi da seta (i "cavaleri", appunto). Così, quando una malattia colpisce i bachi mettendo a rischio i proventi di contadini e filande, Don Giuseppe Grazioli s'impegna, concretamente, per porvi rimedio.
Tra il 1858 e il 1863 compie una serie di viaggi in Dalmazia, Asia Minore e Russia alla ricerca di una soluzione. Ricerca vana, purtroppo. Da altre regioni d'Italia, però, giungono buone nuove. Una soluzione esiste. E si trova, letteralmente, dall'altra parte del mondo. Don Grazioli parte così alla volta del Giappone. Tra 1864 e 1868 il prete di campagna compirà ben cinque viaggi nel Paese del Sol Levante. Leggenda (o storia) vuole che Don Grazioli, quella soluzione, l'abbia trovata in un seme particolarmente resistente alla malattia e che, quel seme, l'abbia portato in Trentino nascondendolo nel proprio bastone da passeggio. La malattia viene sconfitta e Don Grazioli diventa (anche) il prete dei bachi.
Ora facciamo un salto. Anni '60. Villa Agnedo viene colpita da una violenta alluvione. Da quella tragedia - e come omaggio all'abilità degli scalpellini che, proprio in queste zone, si dedicavano all'estrazione e alla lavorazione del granito - prende avvio "Pietre d'acqua", una kermesse che vede impegnati scultori italiani e internazionali. L'edizione dello scorso anno è stata dedicata al Giappone e, ovviamente, vi hanno preso parte (anche) artisti giapponesi (QUI ARTICOLO). Uno di loro, passeggiando per le vie del borgo, riconosce una particolare pianta all'ingresso di "una" casa. Una pianta tipica della sua regione. Che c'entra, tutto questo, con Don Grazioli? Bè, quella casa è proprio la casa in cui, nel 1891, Don Grazioli muore e quella pianta è figlia di quel seme che, nascosto in un bastone da passeggio, s'è fatto migliaia di chilometri per arrivare fino a qui. Ed è proprio vero che le coincidenze non esistono e che le cose, forse, sono semplicemente, e mirabilmente, destinate ad essere.
Don Grazioli insomma c'ha portato il Giappone e ha portato noi in Giappone. Da qui muove la mostra "Il bruco e la farfalla", un progetto che lega - e il verbo, in questo caso, calza a pennello - due terre così lontane eppure così contigue. L'esposizione è articolata in due distinte parti. Al piano terra del palazzo, un percorso attraverso oggetti, documenti e immagini che raccontano la storia dell'allevamento dei bachi e della lavorazione della seta tra XIX e XX secolo. Sullo sfondo, la straordinaria e rivoluzionaria figura di Don Giuseppe Grazioli.
Nelle sale del piano superiore, invece, un'esposizione che s'intreccia - e, anche qui, la scelta del verbo non è casuale - alla storia, e alle storie, di cui sopra. "Arte in Metamorfosi", il titolo. La mostra, a cura di Antonietta Grandesso, ospita opere di artisti contemporanei italiani (Paolo Dolzan, Michele Bubacco, Piermario Dorigatti, Riccardo Resta, Luiso Strusa) e giapponesi (Shozo Koike, Kazunori Takeuchi, Motoko Tsuno, Masahide Kudo, Hikari Miyata, Keiju Kawashima) che hanno declinato, ciascuno con la propria peculiare sensibilità, il tema del bruco-farfalla plasmandolo nel più ampio contesto della "metamorfosi". Quella stessa metamorfosi che riscatta il bruco ad una nuova dimensione esistenziale. Quella stessa metamorfosi che non è altro che perfetta convergenza tra essere e divenire.
"Il bruco e la farfalla" è, però, anche un progetto più ampio. A corollario della mostra, Arci del Trentino - in collaborazione con numerose altre realtà - ha organizzato una serie di eventi collaterali legati alla cultura giapponese. Si va dalle proiezioni di lungometraggi alla lezione di Sumi, dai laboratori di furoshiki agli incontri a cura del Muse.
Insomma, un mese per "creare nuovi ponti", scrive l'Arci. E allora, questi ponti, non vi resta che attraversarli.