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Ritmo e energia in scena, con un esercito di attori, e lo spettacolo "La Cucina"
La compagnia regionale diretta dal regista Marco Bernardi si esibirà a partire dal 25 al Cuminetti (e poi farà una quarantina di repliche programmate in tutta la regione) con l'opera di Arnold Wesker

TRENTO. Umile suggerimento a Marco Bernardi, il regista. Noto regista. Piazzi, Bernardi, una telecamera nell’angusto retropalco del piccolo teatro Cuminetti. L’accenda sulla folla dei suoi attori in fregola da debutto. Con “La cucina” – è prevedibile – trasformeranno le assi da prosa in un chiassoso, confuso e frenetico, ambiente da ristorazione. Con la “retrocamera” Bernardi potrebbe ottenere un curioso “due per uno”. E cioè, una scena che s’annuncia alquanto animata per ritmo e intreccio di sentimenti ma anche un dietro le quinte che si farebbe a sua volta spettacolo. Sì, perché 24 attori più un decano sono un esercito. Nel teatro che s’arrabatta con fatica estrema a far quadrare i magri conti, è un esercito raro.
Di già un fenomeno. Di compagnie numerose, infatti, in teatro non c’è più traccia: imperano, e imperversano, risparmi osi monologhi, o “duologhi” e “triologhi” se va grassa. L’esercitattore di Bernardi starà in scena obbedendo a regole ferree di movimento e sincronia. Ma potrebbe essere, al contrario, uno spasso di imprevedibilità raccontarlo anche quando cercherà il suo spazio di fisica e di concentrazione a colpi di spinte, piedi pestati, risate smorzate e maledizioni al labiale. Prima di entrare in scena. Inevitabile quando il retropalco è un bugigattolo.
Ecco il primo intrigo, (da intrigante), legato alla cucina che farà conoscere al pubblico quanto sarà saporito - o quanto sarà sciapo - il lavoro di un folto gruppo di attori di nascita o residenza regionale. La prima è, dunque, una curiosità numerica. Che si può dire anche sfida, scommessa. E che, sulla carta almeno, è una soddisfazione controcorrente. Gli attori in questione sono quelli selezionati tra un centinaio e più di aspiranti che alcuni mesi fa volevano far parte dell’inedita “Compagnia regionale”.
Trattasi, come è ormai noto, della creatura/avventura allestita dalla sinergia tra Centro Santa Chiara e Stabile di Bolzano – con Marco Bernardi pontiere e dominus prima da direttore più che trentennale dello Stabile e poi da consulente della prosa a Trento. Alle due istituzioni si è unito il Coordinamento Teatrale Trentino con il compito di far circolare nelle piazze periferiche il lavoro che debutterà a Trento il 25 ottobre, (restando al Cuminetti fino al 6 novembre) per poi trasferirsi a Bolzano. Un percorso inverso a quello delle prove che durante le scorse settimane hanno messo alla prova – che si racconta dura – la varietà delle qualità nelle diversità dei protagonisti.
“ La cucina” è un testo datato 1956. Datato? Il lavoro, i “casini” del lavoro, non hanno data. Lo ha scritto Arnold Wesker, drammaturgo inglese di rara prolificità, (un cinquantina di copioni), che se n’è andato nel 2016. Contemporaneo, dunque, specie per le idealità che oggi sono un po’ troppo annacquate. Un socialista, l’autore. E, più interessante ancora, un uomo dal libretto di lavoro che si potrebbe eleggere ad emblema del proletariato, (occhio, non è una parolaccia): falegname, idraulico, librario, bracciante e – naturalmente – pasticcere.
Un pasticcere sì, ma attento a sfuggire ai pasticci di un teatro ancorato solo all’evanescenza delle nuvole dell’intellettualismo. Il teatro di Wesker è narrato come sporco, puzzolente o profumato dalla vita vissuta. Vite non altolocate. E in cucina – nella fattispecie quella di un ristorante da 2000 coperti in cui s’affanna (ma anche no) la convivenza di decine di ruoli e di caratteri spesso agli antipodi l’uno dall’altro, la vita è insieme illusione e disillusione. E’ frenesia o esasperante lentezza da furboni, è angheria e slancio di generosità, è lotta per i diritti negati e menefreghismo al diapason.
Si vedrà al debutto del 25 quanto del realismo dell’autore inglese sarò trasferito al pubblico sotto forma di partecipazione, condivisione, emozione, (che altro deve essere il teatro?). Ma già l’idea che la neonata compagnia regionale sia stata chiamata a cimentarsi con il tema del lavoro – pur con tutti gli annessi e connessi delle introspezioni sulle psicologie dei personaggi – obbliga all’ottimismo. E fa crescere l’attesa. E’ un’attesa che ovviamente sarà più forte tra i tanti che hanno avuto modo di conoscere e spronare – sia in regione che in qualche caso fuori regione financo all’estero – i talenti degli attori selezionati da Bernardi. Tra di loro c’è chi pratica l’off, quel teatro che non è alternativo al classico ma è certamente “altro”. Tra di loro c’è chi si è fatto un mazzo tanto in una gavetta da parti minime approdando a compagnie e registi di culto in Italia. Tra di loro c’è chi ha semplicemente inseguito , (ma mica è poco) una passione totalizzante ma che mai si sarebbe immaginato una “scrittura” con la S di sicurezza, (seppur temporanea).
Sicurezza perché il progetto di compagnia regionale è triennale. E quindi se non forse tutti molti dei selezionati saranno diretti “anche” nei prossimi due anni tra Trento e Bolzano. Prima da Fausto Paradivino e poi da Serena Sinigaglia. Morale? Stupiti. E per una volta stupiti in positivo da una scelta inconsueta delle istituzioni culturali regionali e dalla coerenza, (forse stavolta anche un poco folle) di un regista - manager che scappa da ogni pensione. Bernardi, gli va riconosciuto, non ha solo “predicato” con il naso alla Pinocchio l’esigenza di “dare spazio”. Quello lo fanno i politici e gli amministratori che se messi in scema sarebbero magnifiche caricature dell’inconsapevole e dell’inconsistente. Benvenuta compagnia regionale, allora. Ma, per favore, senza la retorica sui giovani. Non è, infatti, un fatto di anagrafe. In teatro – come d’altronde altrove nell’arte – la gioventù è solo un’attitudine senza età. L’attitudine a mettersi in gioco, rischiare, adattarsi, aiutarsi, eccetera. Una compagnia non è giovane nella somma degli anni di nascita. E’ giovane, se trasmette freschezza, idee, caratteri, sentimenti in contrasto. E questa attitudine sembra promettere la compagnia regionale che intreccia esperienze importanti con il “tremar di tutto” di chi non vanta lunghi rodaggi.
Certo, non sono tutte rose e fiori. La Compagnia regionale farà bingo – anche contrattuale, seppur limitato, in regione: una quarantina di repliche programmate. Ma uscire dal Trentino Alto Adige sarà dura perché in 25 si è appunto un esercito (seppur creativo). E un esercito necessita di una logistica, di un’ospitalità, di un cachet. Insomma, costi improponibili. Se sarà così, peccato. E’ il confronto in territori “non protetti” quello che nell’arte dà la vera misura. Un confronto tuttavia c’è già. A distanza. Da qualche giorno la stessa commedia, “La cucina”, è in scena a Genova ad opera del prestigioso Stabile ligure per la regia dell’italo australiano Binasco. Una divertente contemporaneità che ai critici potrebbe anche suggerire paralleli azzardato tra i due registi e i rispettivi attori. Battaglia tra cucine. Ma per fortuna in teatro, a dirigere, non ci sono né Cracco né Bastianic.