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Fusione tra Cassa rurale di Trento e Lavis. I territori contrari alla mega banca: ''Il rischio è quello di diventare periferia e di perdere il legame con le comunità''
A esprimere forti perplessità sull'operazione i territori. E arriva la presa di posizione, pubblica, di Simone Santuari, presidente della comunità valle di Cembra a rappresentare anche le preoccupazioni di molti sindaci. Santuari: "Lavoriamo a consolidare il rapporto tra la valle di Cembra e la Rotaliana per cercare di costruire un percorso tra le due Comunità"

TRENTO. Una fusione che non s'avrebbe da fare quella tra la Cassa rurale di Trento e Lavis-Mezzocorona-valle di Cembra. A esprimere forti perplessità sull'operazione i territori. E arriva la presa di posizione, pubblica, di Simone Santuari, presidente della comunità valle di Cembra a rappresentare anche le preoccupazioni di molti sindaci.
"La preoccupazione - spiega Santuari - nasce dal fatto che una banca di queste dimensioni non riesca più a fare da Cassa rurale, compreso l'impegno a rappresentare le vere istanze del territorio, dei suoi cittadini e delle imprese. Dopo la precedente fusione di appena 2 anni fa, l'istituto di credito ha raggiunto un formato considerato adeguato da Bce e Banca d'Italia in termini di patrimonio e qualità degli attivi".
L'avvento della capogruppo Cassa centrale banca, alla quale aderiscono 17 Casse rurali trentine e altri 63 istituti del Credito cooperativo sparsi per l'Italia, dà sicurezza, solidità e futuro a tutte le realtà del gruppo. "In Trentino - prosegue il presidente della Comunità della valle di Cembra - negli ultimi anni abbiamo fatto un gran lavoro e le 17 casse rappresentano, magari non in maniera uniforme, le diverse vallate del nostro territorio".
I territori avrebbero, in questo caso, altri piani. "Lavoriamo a consolidare il rapporto tra la valle di Cembra e la Rotaliana - aggiunge il presidente - per cercare di costruire un percorso tra le due Comunità, che hanno radici comuni ma che spesso in passato hanno avuto incapacità nel fare sistema e stare assieme".
La fusione dovrebbe scattare a partire dal prossimo 1 gennaio 2020. La nuova Cassa rurale dovrebbe poter disporre di oltre 5 miliardi di euro di risorse amministrate, ma il progetto prevede una cinquantina di esuberi a fronte degli attuali 389 dipendenti attuali: tutti dovrebbero uscire gradualmente verso la pensione con il sostegno del Fondo occupazione trentino.
Nel complesso la Rurale avrebbe oltre 25 mila soci, 18.500 a Trento e 6.700 a Lavis. La raccolta di risparmio complessiva ammonterebbe a oltre 3,5 miliardi, 2 miliardi e 600 milioni da Trento e 967 milioni da Lavis. I crediti totali si attesterebbero a 1,6 miliardi (circa 978 milioni nel capoluogo e 638 in Rotaliana), mentre il patrimonio andrebbe a quota 221 milioni (tra i 158 di Trento e i 63 di Lavis).
I dipendenti attuali sono 279 nella Cassa rurale di Trento, che comprende anche Aldeno, Garniga e gli altri Comuni che orbitano sul capoluogo, e 110 nell'istituto di Lavis-Mezzocorona-valle di Cembra. "Il timore di questa ennesima fusione - conclude Simoni - è quello di diventare periferia anche in questo settore e di perdere il forte legame con il territorio, fatto della conoscenza profonda con il mondo del volontariato, dell’associazionismo, delle imprese e dei sui cittadini, che poi è forse il motivo più grande che ha spinto a creare una banca fondata anche sui soci e non solo sui capitali. Questo andrebbe sempre ricordato".