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Occupazione, giovani e donne perché non si allineano domanda e offerta? L'analisi di Agenzia del Lavoro dalla questione demografica a quella delle aspettative

Nel 2021 netta ripresa rispetto al 2020 “bloccato” dalla pandemia. E’ cresciuta l’occupazione totale (+1,5%) e anche quella della fascia 15-24 anni (+4,9%). Una lettura per genere però mette in evidenza una dinamica negativa per le giovani donne che, differentemente dai giovani maschi, registrano un deficit del 4,9%

Di Giuseppe Fin - 03 giugno 2022 - 06:01

TRENTO. Un mercato del lavoro trentino con luci e ombre, si registra una netta ripresa ma allo stesso tempo criticità pesanti inasprite da due anni di pandemia. Da un lato gli effetti negativi sull'occupazione delle fasce più giovani della popolazione (in particolare le donne) e dall'altro interi settori che si trovano in una situazione di emergenza perché non riescono più a trovare personale e vanno a sbattere contro un popolazione sempre più formata e con aspettative, anche economiche, elevate.

 

“Il 2021 è stato un anno di ripresa netta del mercato del lavoro ma purtroppo anche in Trentino, come nel resto d'Italia, questo andamento è molto lento per i giovani soprattutto se guardiamo alle giovani donne” spiega a il Dolomiti Stefania Terlizzi, dirigente generale dell'Agenzia del Lavoro di Trento. In questo momento ci si trova davanti a mutamenti epocali del mondo lavorativo con fenomeni che stanno evolvendo di continuo.

 

Dottoressa Terlizzi, per fare un quadro generale della situazione, quali sono i cambiamenti a cui stiamo assistendo e in Trentino qual è lo stato dell'occupazione?

I cambiamenti sono tanti. Nel 2021 abbiamo assistito ad una netta ripresa rispetto al 2020 in quanto l'occupazione totale è cresciuta dell'1,5% e questo anche in quella fascia di giovani che ha pagato pesantemente la pandemia con il blocco e spesso la perdita del posto di lavoro. Stiamo parlando di una fascia 15 – 24 anni dove, però, stiamo assistendo ad un ripresa molto lenta soprattutto per le giovani donne. Una lettura per genere mette, infatti, in evidenza una dinamica negativa per le donne che, differentemente dai giovani maschi, registrano un deficit del 4,9%.

Perché i giovani durante la pandemia sono quelli che hanno pagato di più?

Sono stati maggiormente penalizzati perché sono quelli che hanno un lavoro spesso più precario e di difficile esecuzione in logica smart. La pandemia ha dimostrato che chi ha un lavoro stabile e alti livelli di competenze ha avuto molti meno contraccolpi.

 

Per quanto riguarda la disoccupazione ?

In questo quadro migliora anche la dinamica del tasso di disoccupazione con la sola eccezione delle giovani donne. Nel 2021 il tasso di disoccupazione complessivo in provincia di Trento si attesta al 4,8%, in recupero sul 2020 di 0,6 punti percentuali. Il tasso medio vede un valore più basso per i maschi al 4,4% e più alto per le femmine al 5,3%. Il differenziale maschi/femmine resta sostanzialmente invariato tra 2020 e 2021 e su questo, quindi, la pandemia non ha influito.

La situazione sul mercato del lavoro per i giovani 15-24 anni fotografa uno status molto diverso ma noto. Il loro tasso di disoccupazione nel 2021 si attesta al 15,9% e risulta maggiore di 2 punti percentuali rispetto al dato del 2020. Anche in questo caso il tasso è migliore per i giovani maschi al 12,9% rispetto alle femmine che superano la soglia del 20% (20,6%). Tra 2020 e 2021 il tasso di disoccupazione dei giovani è peggiorato in generale, ma l’incremento maggiore riguarda le femmine. Questi dati ci mostrano anche un elemento qualitativo che ci indica che dobbiamo sempre di più investire sulle politiche attive verso queste fasce.

 

Tante aziende però in questo momento stanno cercando figure da inserire nel proprio organico e non le trovano.

Il tema della difficoltà di reperimento della manodopera in particolare per alcune professionalità si sta vedendo in maniera forte in questi mesi. Mancano le figure stagionali per il turismo e agricoltura e già da alcuni mesi le figure dell’edilizia.

Il fenomeno va inquadrato considerando che siamo in un contesto di crescita della ricerca che per volumi si riallinea alle performance ante pandemia. In queste situazioni in cui il mercato del lavoro “tira” tendono ad esempio ad aumentare le dimissioni in quanto lavoratori già occupati che individuano opportunità professionali migliori possono decidere di cambiare lavoro e questo va ad impoverire alcuni settori. Nel 2021 abbiamo assistito a 21 mila eventi di dimissioni con una percentuale di ricollocazione per oltre il 50% entro un mese.

Il perché delle imprese che cercano lavoratori spesso non li trovano, va indagato. Possono concorrere questioni inerenti la dinamica demografica con coorti in ingresso numericamente in calo e coorti un uscita più numerose, il tipo di lavoro offerto e le sue condizioni (lavori di breve durata con contratti brevi, percepiti come poco appetibili per faticosità o orari di lavoro, retribuzioni) o anche le preferenze (la ricerca di un lavoro conciliabile con i tempi della vita non lavorativa: flessibilità per poter far fronte ad altri impegni o al tempo libero).

 

A cosa sono dovute le difficoltà da parte dei giovani di trovare una collazione?

Difficile avere una fotografia completa su questi aspetti. Non solo in Trentino ma anche a livello nazionale ci sono difficoltà.

E' bene considerare che il sistema Trentino è forte sul versante della competenza formativa dei giovani. C'è un investimento importante nel sistema formativo e da questo derivano poi aspettative alte. Citando alcuni dati, nella comparazione territoriale, tra i 20-24enni di Trento nel 2019 si registra la percentuale più bassa di giovani in possesso del solo obbligo formativo (8,4%), la percentuale più elevata, insieme a Bolzano, di giovani in possesso di un livello di educazione secondaria (75,5%) e, per quanto concerne l’educazione terziaria, il valore migliore dopo l’UE28 (14,1%).

 

Elementi che rendono lecito pensare che i giovani desiderino capitalizzare la loro competenza formativa sul lavoro. Questo significa che i nostri ragazzi studiano di più, si qualificano meglio e quindi hanno un alto elemento qualitativo e che hanno aspettative rispetto al loro inserimento nel mercato del lavoro di alto livello. Ma ci sono problemi di allineamento tra domanda e offerta.

Le competenze sono sempre più alte e richiedono anche un adattamento funzionale alle specifiche necessità che questi giovani hanno rispetto al loro inserimento nel mondo del lavoro. Le aziende in qualche modo devono essere pronte ad accogliere persone con un livello di scolarizzazione e di istruzione sempre più alto anche adeguando il percorso di questi ragazzi all'interno delle loro aziende.

 

E in tutto questo ha un ruolo anche lo stipendio. Aumentano le aspettative economiche che in Trentino non sempre trovano risposta. 

Il dato più aggiornato fornito da Istat per questi aspetti riguarda il 2019. La retribuzione oraria media (calcolata per ogni lavoro dipendente come rapporto tra la retribuzione lorda e le ore stimate pagate dal datore di lavoro per ogni lavoro dipendente) assegna alla provincia di Trento risultati meno brillanti. In confronto a Italia, Nord Est ma anche a Veneto e soprattutto alla provincia di Bolzano il dato locale è più basso. In una struttura retributiva che in ogni territorio vede penalizzata la fascia dei lavoratori più giovani, Trento registra il livello retributivo medio orario più basso con 11,3.


Quali sono i settori economici più colpiti dalla mancanza di personale?

Un po' tutti, anche purtroppo in comparti strategici pe ril Trentino come quello del turismo. Su una base protocollo con le associazioni di categoria abbiamo fatto una serie di eventi sul territorio e abbiamo fatto molto fatica a portare a questi incontri i lavoratori. Molti che erano stagionali da noi interpellati ci hanno fatto presente che era occupati in lavoti diversi. In molti dopo la fase della pandemia dove hanno avuto sostanzialmente due stagioni bloccate hanno trovato occupazione in altri settori, soprattutto nell'ambito manufatturiero, e hanno capito che si può lavorare anche in un altro modo. Lavorando magari 5 giorni, avendo due riposi settimanali, su turni, con una logica che per una persona che ha sempre svolto un lavoro stagionale era nuova. Ora come Agenzia del lavoro stiamo cercando di capire come attrarre persone in un settore come quello del turismo strategico per il Trentino.

 

L'introduzione del Reddito di cittadinanza ha in qualche modo influito negativamente nel mondo lavorativo?

I soggetti segnalati da Anpal che avevano fatto richiesta di reddito di cittadinanza per la provincia di Trento nel triennio (da aprile 2019, data in cui è iniziata la politica, a marzo 2022) sono stati quasi 7.300. Ma, attenzione, i redditisti idonei al mercato del lavoro sono di molto inferiori e sono pari a 1.499 soggetti. Questa differenza si determina per le verifiche fatte sull’aggregato iniziale che pulisce il dato e toglie coloro che vanno esonerati o esclusi in ragione anche di uno status di particolare debolezza che li rende inidonei al lavoro. Significa che parliamo di circa 500 persone all’anno percettori del reddito di cittadinanza e idonei al lavoro. E’ questo il numero dei trentini che per causa del reddito di cittadinanza potrebbero valutare di non inserirsi tempestivamente nel mercato del lavoro. Non sembra, però, aver portato effetti negativi anche se l'attenzione e la vigilanza dell'agenzia sono continui.

 

 

Crede che si sia un problema per il Trentino nel trattenere le competenze che si creano sul territorio?

Il Trentino presidia bene l’aspetto delle competenze formative. Queste competenze però devono trovare un adattamento funzionale alle specifiche necessità delle aziende che quindi devono formare sul lavoro i propri dipendenti sia in ingresso che mantenendo aggiornate le loro competenze. In tema di formazione continua la provincia di Trento presenta una buona performance con un 11,5% di lavoratori 25-64enni coinvolti in attività formative, una percentuale superiore a quelle di Emilia Romagna (10,4%) Provincia di Bolzano (10,1%) Veneto (9,9%) Lombardia (9,1%) e Italia (8,1%). Ci sono però ampi margini di miglioramento rispetto ad alcuni Paesi europei. La difficoltà a trattenere le competenze può invece essere un problema, in particolare in fasi di crescita del fabbisogno quando si percepisce la possibilità di trovare un lavoro migliore o più appagante. Nel 2021, come già detto, abbiamo visto oltre 21.000 eventi di dimissione non correlate a casistiche di giustificato motivo o giusta causa, con una percentuale di ricollocazione in un lavoro entro tre mesi del 60% e già del 52% entro il primo mese.

 

Anche il Trentino come nel resto d'Italia sta invecchiando. Lei crede che nel mondo del lavoro ci sia un problema demografico?

Sicuramente ci sono degli effetti. Il problema demografico è un problema nazionale ma anche Trentino che bisogna assolutamente monitorare. La popolazione sta invecchiando ma non si fanno nemmeno più figli. Questo fenomeno che stiamo assistendo riduce il tasso di attivazione e questo è problema importante.

 

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