"Negli anni '80 ci siamo adattati con l'innevamento programmato e ora la sfida è la crisi climatica", gli impiantisti aspettano il "ddl montagna" e guardano al futuro
A due mesi dall’inizio della stagione sciistica e in attesa del nuovo "ddl Montagna", Anef ha parlato dei temi fondamentali per lo sviluppo del settore, considerato di uno driver dello sviluppo delle terre alte. La richiesta? Per crescere serve più dialogo, interventi rapidi delle istituzioni e trasversalità per affrontare insieme gli snodi del futuro: "Non siamo resistenti al cambiamento, ci reinventiamo sempre"

BIBIONE. Sostenibilità e adattamento alla crisi climatica. Queste le linee strategiche delineate dall'Associazione nazionale esercenti funiviari per il futuro delle terre alte. Impiantisti che attendono il "ddl montagna" quale svolta delle istituzioni nel considerare l'industria della neve.
Dopo i lockdown per fronteggiare l'epidemia Covid e le difficoltà causate dall'esplosione dei costi dell'energia e delle materie prime, gli impiantisti sono reduci da un inverno positivo ma cercano di pianificare anche un percorso in grado di garantire una sostenibilità ambientale, economica e sociale di questo settore. Un percorso di adattamento alla crisi climatica ma con un supporto agli investimenti.
"La montagna - commenta Valeria Ghezzi, presidente di Anef - è un valore trasversale, non è né di destra né di sinistra ma è una comunità che dobbiamo tutelare e difendere e a cui dobbiamo dare l’opportunità di lavorare". La parola chiave, emersa nell'assemblea organizzata a Bibione, è dialogo. "C'è la necessità di costruire con le istituzioni, le associazioni ambientaliste e tutti gli attori della filiera il futuro della montagna".
Un settore che ha il suo core business nello sci ma che guarda sempre più alla destagionalizzazione dell’offerta turistica con l'estate che assume gradualmente un peso sempre maggiore (Qui articolo). Gli imprenditori che lavorano negli impianti a fune, spiega Anef, ribadiscono la propria centralità nell’economia di montagna e il proprio ruolo nell’offerta di posti di lavoro e nella creazione di valore nelle terre alte. Un supporto insostituibile alle comunità locali e un presidio attivo del territorio.
Questo, i dati di Anef, si traduce in 400 aziende, 1 miliardo e mezzo di fatturato, 2,2 miliardi gli immobilizzi, 15.000 persone di cui un terzo a tempo indeterminato. "Numeri che, considerando l’intero indotto, vanno moltiplicati fino a 7 volte per i fatturati e per 5 quando si parla dei lavoratori. Un’industria che opera in piena sintonia con l’ambiente, visto che i 1.500 impianti di risalita e i 3.500 chilometri di piste esistenti occupano in tutto 90,5 chilometri quadrati, lo 0,03% del territorio italiano e lo 0,07% del territorio italiano montano".
Conoscenza e consapevolezza del ruolo e dell’impatto delle aziende funiviarie oltre che del contesto climatico in mutamento è il secondo concetto chiave per affrontare le sfide del futuro: essere sostenibili e adattarsi ai cambiamenti climatici. "L’impatto zero non esiste, ogni azione comporta una effetto", commenta Ada Rosa Balzan, responsabile sostenibilità di Federturismo Confindustria e presidente di Arb Spba. "E' sempre più importante che le aziende siano in grado di misurare il proprio impatto e avviare così le azioni necessarie per essere sostenibili. Sostenibilità che, come le aziende impianti a fune ben testimoniano, non è solo ambientale ma anche sociale e di governance".
L'adattamento è da tempo sul tavolo degli esercenti funiviari. Adattamento a un territorio difficile e faticoso come quello montano e adattamento al clima, una sfida raccolta già a partire dagli anni ’80 con lo sviluppo dei sistemi di innevamento programmato per ovviare agli inverni senza neve.
"Nonostante il Lan (il limite altimetrico dei 100 giorni con sciabilità garantita) non sia cresciuto significativamente negli ultimi anni, gli scenari rilevati impongono capacità di adattamento e investimenti - aggiunge Massimiliano Fazzini, climatologo e nivologo di Sigea - Società italiana di geologia ambientale e UniCam-Università di Camerino - l’inaffidabilità dei modelli esistenti per considerazioni puntuali richiede il monitoraggio sistematico e localizzato del clima, della nevosità e della persistenza della neve al suolo, così le imprese funiviarie potranno ottimizzare l’adattamento al riscaldamento climatico”.
Gli impiantisti escono da anni difficili, prima la pandemia che ha cancellato un’intera stagione sciistica, poi l’instabilità internazionale che ha portato al caro energia e materie prime. Questo non ha impedito, grazie anche agli sgravi governativi, di investire sulla montagna, per rendere gli impianti più ecologici, efficienti e moderni. Solo in vista dell’inverno 2023/2024 le imprese funiviarie hanno investito oltre 250 milioni di euro per migliorare la fruibilità della montagna e per reggere la competizione con le altre aree alpine. In quest’ottica è essenziale il supporto delle istituzioni, a partire da “Industria 4.0” fino ad arrivare al supporto per gli investimenti di ammodernamento sugli impianti di risalita e di innevamento e alle misure per calmierare il prezzo dell’energia e delle materie prime. Aiuti concreti che andrebbero accompagnati da una semplificazione burocratica.
La centralità del settore impianti a fune all’interno del sistema turistico italiano è stata ribadita da Marina Lalli, presidente di Federturismo Confindustria. "Questo è un settore fondamentale del turismo italiano, ne siamo consapevoli gli impiantisti sono un pilastro fondamentale del turismo italiano che merita tutta l’attenzione e rivendicarla a gran voce da parte delle istituzioni. La domanda che dobbiamo porci è senza gli impianti di risalita quante persone sarebbero in grado di godere della montagna? Un ruolo che è essenziale anche per permettere alla montagna di rimanere viva e abitata".