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Quando Fugatti chiedeva di garantire l’accesso alla cannabis terapeutica, ora però c’è il referendum. Valcanover: “Con la depenalizzazione si aiutano anche i malati”

Nel 2017 Fugatti, riferendosi alla cannabis terapeutica, parlava del “fondamentale diritto dei pazienti di trovare all’interno del sistema sanitario la risposta alle proprie esigenze”. A oggi però, le difficoltà per accedere a queste cure restano. Valcanover: “Complicazioni sempre maggiori nella prescrizione, il referendum può essere una svolta”

Di Tiziano Grottolo - 18 settembre 2021 - 19:39

TRENTO. “Cannabis terapeutica: come intende agire la Provincia per garantire ai pazienti la possibilità di reperire il farmaco ed, al contempo, ai farmacisti di non operare in perdita?”. Era questo il titolo dell’interrogazione numero 4783 depositata l’11 luglio 2017. Ma chi l’aveva presentata? Niente meno che l’attuale presidente della Provincia Maurizio Fugatti. Il leader della Lega interrogò l’allora presidente Ugo Rossi (oggi consigliere di opposizione) sulle difficoltà riscontrate da alcuni pazienti (erano 52 nel 2017) per accedere alla cosiddetta cannabis terapeutica.

 

Da questa e altre interrogazione nacque una mozione trasversale che impegnava la Giunta in carica a continuare ad assicurare ai pazienti l’erogazione delle preparazioni galeniche a base di cannabis, ma anche a incrementare e sostenere gli sforzi dei diversi attori coinvolti e perfino a interloquire con il Ministro della Salute per sopperire alla carenza di preparazioni a base di cannabis. Insomma di fronte a un problema concreto il Consiglio provinciale si era impegnato per risolverlo.

 

Ma ora a che punto siamo? Qual è la situazione dei pazienti che hanno accesso alla cannabis terapeutica? A quanto pare non buona, perché come fa notare l’avvocato Fabio Valcanover, storico esponente dei Radicali nonché tra i promotori del referendum sulla depenalizzazione della produzione e del consumo di cannabis, i problemi per l’accesso a questi medicinali ci sono ancora. “Sono state portate alla mia attenzione diverse voci preoccupate per via delle difficoltà nel reperimento della cannabis terapeutica e sulle complicazioni sempre maggiori nella prescrizione della stessa”, osserva Valcanover.

 

In sostanza l’avvocato richiama la stessa interrogazione del 2017, quando Fugatti metteva nero su bianco: “Considerato, il fondamentale diritto dei pazienti di trovare all’interno del sistema sanitario la risposta alle proprie esigenze, e nel caso specifico, di reperire le preparazioni galeniche necessarie per le terapie antidolore (senza doversi arrabattare ricercando soluzioni alternative, con tutti i problemi ed i rischi che questo comporta) e considerato al contempo il diritto di chi lavora nel settore farmaceutico di non operare in perdita, si ritiene fondamentale capire quali siano gli interventi che la Provincia abbia intenzione di mettere in atto al fine di trovare tempestiva soluzione al problema”. Appunto quali sono gli interventi che la Pat metterà in campo visto che le criticità sono rimaste? Per il momento non è dato sapersi ma è difficile immaginare un’occasione migliore per discuterne, visto che proprio in questi giorni il referendum ha superato le 500mila firme mentre la Commissione Giustizia ha dato il via libera al testo base relativo alla coltivazione di cannabis in casa.

 

“Visto che non si parla a sufficienza del referendum per la depenalizzazione – spiega Valcanover – faccio mie le parole dell’allora consigliere d’opposizione, ma ora presidente della Giunta, Fugatti per conoscere la situazione dei pazienti trentini che fanno uso di cannabis terapeutica”. Ovviamente se il referendum sulla depenalizzazione dovesse passare anche i malati che accedono a questo tipo di cure potrebbero beneficiarne. Se non altro si contribuirebbe a cancellare lo stigma che ancora esiste su queste terapie.

 

Il referendum infatti, punta a eliminare il reato di coltivazione, rimuovere le pene detentive per qualsiasi condotta legata alla cannabis e cancellare la sanzione amministrativa del ritiro della patente per il solo possesso della sostanza. Come sottolinea l’associazione Luca Coscioni, fra i promotori dell’iniziativa, in Italia ci sono circa 6 milioni di consumatori: “Tra questi anche moltissimi pazienti spesso lasciati soli dallo Stato nell’impossibilità di ricevere la terapia nonostante la regolare prescrizione. Questi italiani hanno oggi due sole scelte: finanziare il mercato criminale nelle piazze di spaccio o coltivare cannabis a casa rischiando fino a 6 anni di carcere”.

 

Non solo, perché anche importanti magistrati e la stessa Direzione investigativa antimafia si sono detti favorevoli alla legalizzazione. “In primo luogo con la legalizzazione – dice Valcanover – si sottrarranno grandi profitti al mercato illegale, inoltre la magistratura e i tribunali non saranno più oberati da processi che puniscono una condotta che dal nostro punto di vista non è più pericolosa dell’assunzione di alcol. Il fenomeno infatti piuttosto che con la penalizzazione va affrontato con la formazione, spiegando pro e contro”.

 

Nel frattempo però, in attesa del referendum, restano da risolvere i problemi quotidiani che riguardano i pazienti che hanno accesso alla cannabis terapeutica. “Parliamo di una sostanza che ha ancora costi molto alti e c’è sempre un problema di reperibilità, senza dimenticare che le procedure per la prescrizione sono a dir poco bizantine”. Secondo Valcanonver c’è anche un ulteriore questione che concerne il catalogo delle malattie e delle patologie per le quali queste cure sono prescrivibili. “Questi cataloghi cambiano da Regione a Regione, pure quelli delle Province di Trento e Bolzano sono diversi, per questo servirebbero uniformità e un ampliamento. Lo stesso Fugatti – ricorda l’avvocato – chiedeva di fare il punto della situazione, bene, credo proprio che sia arrivato il momento e spero che l’attuale presidente della Provincia non abbia cambiato opinione rispetto al 2017”.

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