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Mariateresa la “civilista” dell’ong che porta la luce nelle scuole della Tanzania: “Il Covid qui sembrava non esistesse ma ora stanno aumentando le morti per infezioni respiratorie”
Dal Trentino alla Tanzania la storia di Mariateresa Tonelli volontaria del servizio civile internazionale: “L’accesso all’energia è indispensabile per garantire l’istruzione e la salute in questi villaggi. Il Covid? Da fine gennaio sono aumentati i casi e i morti per infezioni respiratorie”

TRENTO. Ci sono oltre 10.000 chilometri che separano il comune di Nago-Torbole dalla Tanzania una distanza che, soprattutto di questi tempi, può essere incolmabile ma non per la 27enne Mariateresa Tonelli che si trova in Africa come volontaria del servizio civile internazionale nella rete “Caschi Bianchi-Diritti umani e sviluppo sociale”. Il percorso di Tonelli però parte da lontano, dopo il liceo infatti si è laureata alla facoltà di Studi Internazionali a Trento, poi la specialistica in Sviluppo e Cooperazione Internazionale alla Sapienza di Roma e nel 2019 un master in Operazioni Umanitarie. Dopo alcune esperienze in Italia al servizio di diverse Ong, fra cui Emergency, è partita per la Tanzania: “Mi interessavano soprattutto le tematiche riguardanti agricoltura e sviluppo rurale – spiega – quindi ho scelto il Comitato Europeo per la Formazione e l’Agricoltura (Cefa), Ong bolognese attiva nel Paese dal 1974 e con una presenza molto capillare sul territorio”.
Il viaggio comunque non è stato privo di incognite: “Inizialmente sono rimasta bloccata in Italia per diversi mesi a causa della pandemia. A fine settembre sono finalmente riuscita ad arrivare in Tanzania. Sembrava di vivere in una bolla: il governo non pubblicava dati da fine aprile e il Paese era stato dichiarato Covid-free. Nessuno indossava la mascherina, nessuno parlava di Covid se non riferendosi all’estero. Mi ero quasi dimenticata di come si vivesse sotto pandemia”. Eppure la pandemia non fa sconti a nessuno, se al momento il database dell’Organizzazione mondiale della sanità per la Tanzania riporta solo 509 casi e 21 morti la situazione potrebbe essere più grave di quanto traspare dai dati.
“La Tanzania – prosegue la volontaria – non ha mai chiuso le frontiere e ora sta iniziando a scontare questo suo ‘liberismo’. Da fine gennaio sono aumentati i casi e i morti per infezioni respiratorie. Noi per fortuna viviamo in un villaggio abbastanza isolato, lontano dalle città caotiche e nel nostro piccolo abbiamo adottato alcune misure come mascherine, l’igienizzante e cercando di evitare i posti affollati, misure che abbiamo imposto anche in ufficio dove abbiamo a che fare quotidianamente con i beneficiari. Cerchiamo di sensibilizzare la popolazione e soprattutto far capire che col Covid non si scherza”. Tonelli è un po’ la “tuttofare” dell’associazione “da civilista mi occupo un po’ di tutto. È come essere un’assistente. Chiaramente non essendo ingegnere non mi posso occupare di cose tecniche come la costruzione delle linee elettriche. In questi mesi, ho raccolto dati sul campo, fatto questionari e interviste, organizzato gli interventi nelle scuole, scritto i report per i donatori, ed effettuato sopralluoghi in scuole e dispensari per capire di quali apparecchiature avessero bisogno”.

Se la giovane volontaria è arrivata sul campo da pochi mesi lo stesso non si può dire dell’Ong che a Matembwe è sbarcata negli anni ’70 grazie a padre Camillo Calliari, per tutti ormai “Baba” Camilo, un missionario della Consolata nato a Romeno, in Val di Non. A quel tempo nel piccolissimo villaggio rurale, circa 350 chilometri a sud della capitale Dodoma, la popolazione soffriva di gravi problemi di malnutrizione. Così il missionario si mise in contatto con l’Ong bolognese e all’inizio del 1980 prese forma il primo progetto di sviluppo rurale integrato realizzato da Cefa, che porterà alla costruzione di un impianto idroelettrico per alimentare un allevamento di polli, indispensabile per integrare la dieta della comunità locale.
Il progetto, finanziato dall’Unione Europea e dal Ministero degli Affari Esteri, ebbe un successo che superò le aspettative, grazie soprattutto alla disponibilità di energia elettrica nacquero molte piccole imprese, come negozi, barbieri, bar e officine. Nell’arco di pochi anni Matembwe si trasforma: da un piccolo villaggio di 300 abitanti a una comunità di oltre 5.000 persone che oggi aspira a diventare sede del Distretto locale. Data la prima esperienza estremamente positiva, negli ultimi 35 anni Cefa ha continuato a promuovere l’elettrificazione rurale, contribuendo a realizzare tre piccoli impianti idroelettrici e delle reti di distribuzione di quasi 100 chilometri che oggi servono 11 villaggi e forniscono energia elettrica a quasi 2.000 utenti tra famiglie, piccole attività commerciali e servizi di pubblica utilità come scuole e ospedali.
La realizzazione di queste infrastrutture ha visto impegnati diversi gruppi di volontari, provenienti in larga parte dal Trentino e dal Veneto. Fra le associazioni attive nei vari progetti di elettrificazione e di approvvigionamento idrico coordinati da Cefa c’è anche la trentina “Solidarietà Alpina”. A partire dal 2015, le due realtà hanno presentato e ottenuto diversi finanziamenti dalla Provincia di Trento, grazie ai quali è stato possibile effettuare notevoli interventi a supporto dell’elettrificazione della comunità di Matembwe e delle zone limitrofe. “L’accesso all’energia – spiega Tonelli – è indispensabile per garantire l’istruzione e la salute in questi villaggi. Prima le ore di studio erano fortemente limitate dalle luce del sole, ora invece i bambini, che di giorno aiutano le famiglie nei campi, possono studiare anche la sera. Gli insegnanti ci dicono che i risultati sono nettamente migliorati e l’80% degli alunni viene ammesso alla scuola secondaria. Anche i dispensari, che sono l’unico punto di riferimento per la salute in questa zona, ora possono lavorare 24 ore su 24 senza interruzioni”.