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Direttissima della Paganella, parla l'ultimo presidente: "Volevamo rilanciarla con collegamenti diretti dalle aree di servizio dell'A22". Tutti i segreti di "una grande avventura"

Dal ruolo cruciale per la Nato ai prezzi popolari che non la resero mai sostenibile, arrivando al grande progetto di rilancio "green" quando, però, il mondo investiva sulla gomma e le strade. E la leggenda che fu chiusa per i cavi troppo corti? "Un falso anche se per colpa dei fulmini spesso dovevamo accorciare le funi"

La stazione di valle della Direttissima
Di Tiberio Chiari - 08 aprile 2017 - 19:44

LAVIS. La funivia della Paganella: opera di ingegneria estrema avvolta oggi da un'aura di leggenda che ne confonde il ricordo. Ma i fatti a volte sono più avvincenti della narrativa. Dopo avere raccontato la storia trasfigurata dal mito di questo impianto ormai da quarant'anni dismesso abbiamo intervistato l'ultimo presidente “operativo” del consorzio che lo gestiva, il geometra Paolo Friol per far luce sulle vicende che portarono alla sua chiusura. Abbiamo detto ultimo presidente operativo perché come il geometra Friol precisa presentandosi "non sono stato l'ultimo presidente ufficiale, ma sicuramente l'ultimo che ha operato come tale credendo nella funivia. Dopo le mie dimissioni nel '77 la politica mi ha rimpiazzato con un presidente che fu in realtà una specie di curatore fallimentare, tutto era finito e dopo poco più di un'anno infatti la funivia si fermò per sempre".

 


 

E il '77 fu l'anno in cui il Comune di Trento, principale socio del consorzio che gestiva questa funivia (gli altri soci erano il Comune di Zambana, di Lavis, di Terlago e la SCAC, socio privato), bocciò quello che l'ex presidente descrive come "un progetto abbastanza rivoluzionario che avrebbe potuto rilanciarla". Un progetto che come vedremo godrebbe pure oggi di una certa sua visionaria attualità. Ma procediamo con ordine.

 

Friol cosa portò alla decisione di chiudere l'impianto e perché fu allora bocciato il progetto che avrebbe garantito una nuova alla vita funivia e allo sviluppo turistico della valle dell'Adige e non solo? I conti erano realmente così disastrosi?

 

Si senza dubbio i conti erano in rosso, fisiologicamente in rosso, ma questo non era un fatto decisivo. Dal momento della sua apertura la Funivia operativamente non avrebbe mai raggiungere l'autosufficienza per come era strutturata. Il biglietto era tenuto a un prezzo popolare, poche centinaia di lire, e i posti in cabina erano nella realtà poco più di 30. Se si calcola che in un'ora tra imbarco e ancoraggio il massimo delle corse potevano essere tre, i turisti trasportati in un'ora potevano essere un centinaio, numero insufficiente per garantire un attivo nei bilanci se non facendo pagare una corsa 5.000 lire (qualcosa come un centinaio di euro oggi). Ma bisogna pensare che questa funivia era prima di tutto un'attrazione turistica e funzionava come pubblicità e richiamo per Trento e la sua valle. In secondo luogo la funivia era stata progettata anche per soddisfare una necessità strategica della Nato. Infatti sulla sommità della Paganella c'era uno snodo vitale del ponte radio che univa la Svezia alla Sicilia e cinque militari, due fissi e tre a turno, si davano il cambio nella piccola caserma che operava per mantenere in funzione le antenne, 365 giorni all'anno per 24 ore al giorno (oggi diremmo un servizio H24). Quindi era anche la convenzione con la Nato che permetteva allora il mantenimento in servizio della funivia, una convenzione poi estesa ad altri enti grazie all'istallazione di ripetitori televisivi negli anni seguenti. Una volta decaduti, a seguito dello sviluppo tecnologico, questi presupposti si sarebbe dovuto riprogettare l'impianto per garantirgli futuro e una propria autosufficienza.

 

In realtà come presidente lei prima delle dimissioni presentò un importante progetto per salvare e ammodernare la funivia che fu poi bocciato dal Comune di Trento?

 

Sì, proprio nel '77 le mie dimissioni coincisero con la bocciatura di quel progetto. Presentammo infatti al consorzio un ristrutturazione complessiva dell'impianto firmata dall'ingegner Minervi che ai tempi era a capo di tutta la struttura impiantistica di Madonna di Campiglio, in Trentino sicuramente la località sciistica allora più famosa e meglio servita a livello di impianti di risalita. Per il rilancio dell'impianto avevamo prima di tutto pensato, grazie all'avanzamento tecnologico, di installare cabine con una portata di 80/90 di passeggeri (triplicando quindi la capienza) più rapide e confortevoli. Questo sarebbe già stato un grande passo in avanti. In secondo luogo si era progettato di unire con un passaggio apposito le aree di sosta dell'autostrada del Brennero direttamente con il parcheggio della funivia. In questo modo per chi viaggiava in macchina sarebbe stato comodissimo fermarsi e fare una risalita, anche solo come tappa di un viaggio che poteva poi proseguire in autostrada. Ma pure in inverno per chi voleva andare a sciare sulla Pagnaella sarebbe stato comodo parcheggiare direttamente lì senza dovere perdere tempo ulteriore: infatti il progetto prevedeva anche di unire l'arrivo della funivia della Paganella direttamente alle piste con una piccola seggiovia. Una spesa decisamente irrisoria, quasi una sciocchezza, ma che avrebbe consentito un grande confort agli sciatori giornalieri. Uno sciatore che arrivava da Verona per esempio avrebbe praticamente dimezzato i tempi necessari per essere su delle buone piste perché la Paganella è sicuramente un comprensorio di grande pregio a livello sciistico sia per numero di chilometri che per ampiezza delle piste, e quindi per molti sarebbe stata un'ottima prima scelta per una giornata sulla neve. Infine l'ultima parte del progetto avrebbe previsto una seconda stazione di sosta della funivia all'altezza dei laghi di Lamar dove allora si trovava il primo pilone, questo era sicuramente un punto di grande interesse turistico soprattutto nel periodo estivo. Per chi non conosce il laghi di Lamar questi sono due stupende piscine naturali immerse nel verde e in questo modo sarebbero stati raggiunti facilmente, in 5 minuti. Tutto saltò perché i budget erano destinati ad altri progetti e allo sviluppo della rete stradale in primis. Allora il futuro viaggiava su gomma.

 

Seguendo questa logica si potrebbe definire il vostro un vero progetto “green” ante litteram. Ma immagino che allora questi problemi non erano né impellenti né dibattuti ?

 

Guardi sembrerà assurdo, forse paradossale, forse insensato, ma ai tempi l'impegno delle amministrazioni comunali e provinciali era di indirizzo diametralmente opposto. Cosa voglio dire con questo? Che in quegli anni, che avrebbero poi definito il nostro presente (inquinato), la priorità era l'auto. Tutti volevano strade e strade efficienti. Le voleva la valle, le voleva l'altopiano della Pagnaella, le volevano Andalo, Molveno, Fai, le volevano i costruttori, le volevano tutti e tutti erano pronti ad affollarle. Non esisteva una visione di futuro che fosse alternativa all'automobile. Si può anche comprenderne la buona fede certo, allora l'inquinamento non era un problema. Sta di fatto che oggi tutto questo sembra ribaltato e l'ecologia sembra un valore nuovo. Noi con quel progetto avremmo voluto semplicemente tenere in vita e anzi potenziare la funivia, ma comprendo che questa avrebbe ora molti più argomenti a favore, a partire da quello ecologico appunto.

 

Prima di concludere qualche curiosità e conferma. È vero che la funivia era affollata di Austriaci e Tedeschi? E la leggenda della fune tagliata troppo corta e che causò la chiusura della funivia ha qualche fondamento?

 

Sì, arrivavano intere comitive dal Brennero per salire sulla Paganella e il motivo era prettamente “campanilistico” nel vero senso della parola: aveva a che fare con conquista del Campanile Basso, quella cima mitica che svetta come un dolmen solitario proprio nel mezzo del Brenta. Nel 1899 dopo alcuni tentativi da parte di alpinisti italiani fu conquistato da due alpinisti austriaci Otto Ampferer e Karl Berge. La storia dell'ascesa era conosciuta come un grande successo degli alpinisti di lingua tedesca su quelli italiani e molti volevano osservare questa cima, cosa che dalla Paganella si può fare agevolmente. Così iniziammo a pubblicizzare con volantini ad hoc questa cosa e i turisti si moltiplicarono, in fondo a noi importava solo che si utilizzasse l'impianto. Pur di utilizzarla il più possibile ho anche organizzato senza autorizzazioni, ormai posso pur dirlo senza problemi, delle salite in notturna per capodanno. Dalla cima, se il cielo era sereno, la notte, lo spettacolo e il panorama erano impagabili. Riguardo alla storia della corda, tanto conosciuta, oltre a smentirla ovviamente, posso presumere derivi dal fatto che ogni volta che la funivia era colpita da fulmini bisognava eseguire delle accurate e pericolose radiografie della fune metallica salendo sule tetto della cabina per poter capire se la fune avesse riportato danni strutturali. Ogni tanto se era necessario, bisognava intervenire e poteva accadere che la fune dovesse essere accorciata di qualche metro per sistemarla. Forse da questi episodi è derivata la leggenda della fune troppo corta. Quegli anni furono comunque realmente pionieristici, la Direttissima è stata a lungo un'opera veramente estrema e anche se oggi con le nuove tecnologie potrebbe apparire una cosa molto più semplice vi assicuro è stata una grande avventura che merita di essere ricordata.  

 


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