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“Coprire i ghiacciai con i teloni non significa salvarli”: per gli studiosi è greenwashing e “non ha nulla a vedere con la lotta al cambiamento climatico”
La lettera degli esperti glaciologi che sottolineano l'impatto della 'procedura', tra i consumi di carburante per muovere i teli alla grande quantità di fibre plastiche che i teloni stessi rilasciano nell'ambiente: “'L’eroe del ghiacciaio' non è chi finanzia la posa di un telo di plastica e men che meno chi si propone di lucrare su queste attività facendo leva sulla sensibilità ambientale delle persone con messaggi ambigui”

TRENTO. “Al fine di rallentarne la fusione e il ritiro, sono sempre più diffusi sulle Alpi i progetti di copertura dei ghiacciai con i teli geotessili: se da un punto di vista tecnologico questa soluzione sembra funzionare sui singoli ghiacciai coinvolti, è importante ricordare che tali pratiche non rappresentano uno strumento per combattere le conseguenze del cambiamento climatico e del riscaldamento globale”. In poche parole: l'installazione dei teli sui ghiacciai comporta di per sé diversi effetti sull'ambiente e sul clima e far passare il messaggio che per limitare gli effetti deleteri del riscaldamento globale sui ghiacciai basti avvolgerli in un telo è un passo indietro nella costruzione di una sensibilità ambientale “attenta, moderna e consapevole”. A dirlo sono 39 esperti glaciologi di diversi enti all'interno di un documento, nel quale sottolineano: “Come studiosi che si occupano di ghiacciai e clima siamo preoccupati per l'ambigua comunicazione, spesso accompagnata alla divulgazione di questi progetti”.

“Raccontare la copertura dei ghiacciai come una soluzione agli effetti avversi del cambiamento climatico non è soltanto sbagliato – si legge nella lettera aperta sottoscritta da Comitato Glaciologico Italiano, Fondazione Montagna Sicura (Courmayeur, Aosta), Italian Climate Network, Servizio Glaciologico Alto Adige, Servizio Glaciologico Lombardo, Società Alpinisti Tridentini, Società Meteorologica Alpino-Adriatica, Società Meteorologica Italiana – è anche un tentativo di greenwashing per descrivere un intervento impattante sull'ambiente da numerosi punti di vista, come sostenibile e anzi addirittura auspicabile. Questa narrazione rischia di creare confusione e compromettere la sensibilità ambientale che con fatica si è consolidata negli ultimi anni. Considerati gli effetti negativi sull'ambiente e i costi proibitivi, coprire i ghiacciai può avere senso solo localmente per tutelare gli interessi economici legati allo sfruttamento di specifici ghiacciai. Non ha invece nulla a che vedere con il contrasto al cambiamento climatico che anzi contribuisce ad aggravare”.
Insomma, se da un lato è pur vero che coprire i ghiacciai con i teloni bianchi (geotessili) per proteggerli dalla radiazione solare e dal calore (come avviene in Trentino, per esempio, sul ghiacciaio del Presena) rallenta la fusione di neve e ghiaccio, il bilancio complessivo si un'operazione di questo tipo è ben più complesso da valutare. “Quella del salvataggio è la narrazione che viene spesso affiancata all'esecuzione degli interventi di copertura dei ghiacciai” si legge nel documento, ma “come scienziati che si occupano di glaciologia e climatologia, vediamo nella diffusione di questi progetti alcune criticità che stanno creano confusione”. In particolare, tra il carburante che si deve utilizzare per alimentare i gatti delle nevi che movimentano i teloni ogni anno e la produzione dei teloni stessi, si contribuisce ulteriormente “al cambiamento climatico, nel vano tentativo di proteggere i ghiacciai vittime essi stessi del riscaldamento globale”.
Discorso simile vale poi per la produzione della plastica di cui sono fatti la maggior parte dei teloni utilizzati: “Sebbene riciclabili da un punto di vista teorico – scrivono gli esperti – i teli non vengono riciclati ma sostituiti ogni pochi anni a causa dell'usura favorita dalle condizioni ambientali che contraddistinguono i ghiacciai. Come è possibile non cogliere la natura paradossale di queste pratiche? Si cerca di limitare un danno contribuendo alle cause che lo hanno provocato. I ghiacciai continueranno a ritirarsi anche se coperti da teli geotessili. La compensazione delle emissioni con progetti di riforestazione che molti di questi progetti pubblicizzano, suona come una magra consolazione”. Senza contare che i teloni stessi poi “rilasciano grandi quantità di fibre plastiche, e non è ancora chiaro dove si accumulino una volta espulse dai ghiacciai insieme all'acqua di fusione e quali siano gli effetti ambientali.

Per quanto riguarda le conseguenze a lungo termine poi, con l'aumento delle temperature ed il progredire della fusione dei corpi di ghiaccio, i ghiacciai coperti finirebbero per essere 'insaccati' e isolati dal contesto ecologico-ambientale circostante: “I ghiacciai sono ecosistemi multiformi, dove hanno luogo interazioni complesse con l’ambiente circostante. Un ghiacciaio ingegnerizzato è invece un accumulo artificiale di acqua allo stato solido, isolato, inaccessibile e impercorribile. Sono davvero questi i ghiacciai che vogliamo salvare per le future generazioni? Placche di ghiaccio sporco impacchettate in un sudario di plastica?”. I ghiacciai stessi non sono poi privi di vita: sono ecosistemi dove “vivono comunità ecologiche attive” e ricoprirli con dei teli significa “impedire questi processi ecologici e distruggere le comunità biologiche che trovano sulla loro superficie gli ambienti più adatti alla loro sopravvivenza”.
Va infine considerato, sottolineano gli esperti, che da un punto di vista logistico “sarebbe impossibile raggiungere un numero significativo di ghiacciai per coprirli” e che le pratiche di copertura hanno costi enormi: “Il costo teorico calcolato considerando solo i ghiacciai svizzeri, sarebbe talmente elevato che con tale cifra si potrebbero compensare le emissioni di gas serra dell'intera Svizzera, con effetti positivi 'democraticamente' distribuiti su tutti i ghiacciai del pianeta”. La domanda da porsi a questo punto è quindi perché coprire i ghiacciai? “I ghiacciai alpini – rispondono gli studiosi – attualmente coinvolti in progetti di copertura ospitano piste per lo sci alpino o altre forme di sfruttamento turistico. La stesura dei teli è incoraggiata dalla tutela di interessi economici locali e puntiformi. I ghiacciai vengono coperti per garantire l’esistenza di piste da sci e risparmiare sui piani di innevamento artificiale durante la stagione sciistica”. Finanziare la copertura dei ghiacciai insomma “oggi non ha nulla a che fare con il contrasto al cambiamento climatico e con la salvaguardia dei ghiacciai” si tratterebbe piuttosto di “tentativi ben architettati di greewashing”.
“I ghiacciai – concludono gli scienziati – si salvano solo stabilizzando il clima del pianeta, non esistono scorciatoie. Gli studi sottolineano che se saremo capaci di ridurre l'utilizzo dei combustibili fossili e contenere l'incremento delle temperature planetarie entro i 2 gradi centigradi rispetto al periodo pre-industriale (accordo di Parigi), salveremo il 40% del ghiaccio oggi presente sulle Alpi. 'L’eroe del ghiacciaio' non è chi finanzia la posa di un telo di plastica e men che meno chi si propone di lucrare su queste attività facendo leva sulla sensibilità ambientale delle persone con messaggi ambigui. L’eroe del ghiacciaio è chi sceglie consapevolmente di assumere uno stile di vita attento al risparmio delle risorse e alla riduzione del proprio impatto in termini di gas serra immessi in atmosfera”.
Sottoscrittori:
Enti-Istituzioni
-Comitato Glaciologico Italiano
- Fondazione Montagna Sicura (Courmayeur, Aosta)
- Italian Climate Network
- Servizio Glaciologico Alto Adige
- Servizio Glaciologico Lombardo
- Società Alpinisti Tridentini
- Società Meteorologica Alpino-Adriatica
- Società Meteorologica Italiana
Scienziati
- Roberto Ambrosini, Università degli Studi di Milano
- Giovanni Baccolo, Università Milano-Bicocca
- Carlo Baroni, Università di Pisa
- Luca Bonardi, Università degli Studi di Milano
- Irene Maria Bollati, Università degli Studi di Milano
- Aldino Bondesan, Università di Padova
- Francesco Brardinoni, Università di Bologna
- Pietro Bruschi, Servizio Glaciologico Alto Adige
- Francois Burgay, Paul Scherrer Institut (Svizzera)
- Alberto Carton, Università di Padova
- Daniele Cat Berro, Società Meteorologica Italiana
Marta Chiarle, CNR-IRPI
- Nicola Colombo, Istituto di Ricerca sulle Acque-CNR
- Renato R. Colucci, Istituto di Scienze Polari-CNR
- Philip Deline, Université Savoie Mont Blanc (Francia)
- Biagio Di Mauro, Istituto di Scienze Polari-CNR
- Matteo Fioletti, ARPA Lombardia
- Massimo Frezzotti, Università Roma Tre
- Jacopo Gabrieli, Istituto di Scienze Polari-CNR
- Antonio Galluccio, Servizio Glaciologico Lombardo
- Serena Giacomin, Italian Climate Network
- Marco Giardino, Università degli Studi di Torino
- Susanna Grasso, ARPA Lombardia
- Matthias Huss, Politecnico di Zurigo (Svizzera)
- Giovanni Kappenberger, glaciologo (ex MeteoSvizzera)
- Valter Maggi, Università Milano-Bicocca
- Luca Mercalli, Presidente Società Meteorologica Italiana
- Umberto Morra di Cella, ARPA Valle d’Aosta
- Giovanni Mortara, CNR-IRPI
- Guido Nigrelli, CNR-IRPI
- Matteo Oreggioni, Servizio Glaciologico Lombardo
- Elisa Palazzi, Università di Torino
- Giovanni Prandi, Servizio Glaciologico Lombardo
- Riccardo Scotti, Servizio Glaciologico Lombardo
- Franco Secchieri, Servizio Glaciologico Alto Adige
- Roberto Seppi, Università di Pavia
- Mauro Varotto, Università di Padova
- Cristina Viani, Università degli Studi di Torino
- Fabio Villa, Servizio Glaciologico Lombardo