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Il Pd di Trento si interroga su mobilità e urbanistica: bene ma non benissimo. Il Paese oggi ha altre priorità

L’incontro era organizzato in tandem dalle circoscrizioni di Gardolo e Centro/Piedicastello. Un incontro voluto per dare visibilità al lavoro – lungo un anno – di una commissione del partito che alla fine ha messo nero su bianco alcuni punti fermi del programma elettorale per le provinciali di ottobre. Ma è sembrato un deja vu degli anni '90
DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 25 giugno 2018

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

Macchine indietro? Macchina indietro. Tanto, troppo, indietro. Negli anni ottanta si parlava di interramento della ferrovia a Trento. Negli anni Novanta un urbanista catalano ingaggiato dal Comune per inventarsi un’altra Trento disegnava un boulevard che avrebbe trasformato via Brennero in una strada a bassa percorrenza motorizzata e alta vivibilità. La carta – quella dell’urbanistica - difficilmente canta. Spesso stona. Immagina, orienta, lancia ipotesi lungimiranti e strapagate, offre suggestioni. Abbonda di retini e di colori: mappe di un futuro futuribile. Il calendario? Se la ride.

 

Cosicché gli anni – troppi- sono passati. Cosicché ci si ritrova oggi - tre o quattro decenni dopo – catapultati in un imbarazzante deja vu. Quasi stridente. Ci si ritrova a discutere, nel 2018, di interramento della ferrovia a Trento city e di declassamento di una statale, via Brennero, che nel frattempo ha fatto indigestione di insediamenti commerciali. Gli ultimi spuntati da non molto: due discount, Mac Donald, Burger King, fast foods cino-giapponesi, grandi catene di scarpe e abbigliamento. Insediamenti commerciali che forse nemmeno si completeranno con l’arrivo – mastodontico – della Lidl al posto di un rudere che avvicinava Trento alla Serajevo post bellica.

 

Sono insediamenti che portano altro traffico e rendono inevitabile l’uso della macchina perché ancora non s’è visto chi carica un carrello stracolmo della spesa sullo striminzito porta bagagli di una bici. Nel recente incontro sulla mobilità promosso a Gardolo dal Pd si è rilanciata l’urgenza – antica- di declassare a strada urbana la statale del Brennero. Si è parlato del sogno ricorrente di interrare la ferrovia. Ma si è svicolato non poco dal fatto che oggi questa rivoluzione viabilistica eco-salutare è complicata quanto ieri. Indefinibile come ieri e ieri l’altro.

 

L’incontro era organizzato in tandem dai volonterosi coordinatori Pd di due circoscrizioni, (Gardolo e Centro/Piedicastello). Un incontro voluto per dare visibilità al lavoro – lungo un anno – di una commissione del partito che alla fine ha messo nero su bianco alcuni punti fermi del programma elettorale per le provinciali di ottobre. E, prendendola poi nemmeno tanto larga, anche per le comunali che ci saranno tra due anni. I punti fermi, politici, elaborati dalla commissione vanno tutti nella direzione dell’accelerazione delle strategie di sostenibilità ambientale. Michele Brugnara, (consigliere comunale Pd) e Roberto Valcanover hanno fatto sintesi: meno auto, più trasporto pubblico, più biciclette, più elettrico.

 

Più precisamente? Rete di parcheggi di attestamento nei punti cardinali dei flussi motorizzati, forte disincentivo all’uso del mezzo privato migliorando la fruibilità di quello pubblico, bicipolitana, le due ruote sempre più affittabili e sempre meno rubabili con i depositi coperti e le rastrelliere a prova di furto. E, più avanti, metropolitana di superficie raddoppiando la ferrovia Trento-Malè. E, chissà, un tram elettrico. Tutto bello, tutto bellissimo. Condivisibile. Tutto bene? Se la si butta in filosofia, nulla da eccepire. Chi nel 2018 non si accorge che non è più clima per ignorare l’emergenza ecologica o è cretino o è un aspirante suicida. Ma se da una filosofia più che condivisibile si azzarda la discesa nel concreto, allora è un’altra storia.

 

L’interramento della ferrovia in città è opera forse meno aleatoria, meno mistificatoria, che nel passato: il tunnel del Brennero imporrà una “revisione” dell’intera linea per quanto concerne la separazione tra trasporto merci, (potenziato e in galleria sotto la Marzola?) e trasporto passeggeri (Interrato nel tratto cittadino). Ma se verso il Brennero già scavano, nessuno è oggi in grado di fissare tempi e modi di un intervento nel Trentino, che va inteso come Val d’Adige intera. Vent’anni, trent’anni, un secolo? Mai? E i soldi. Ci saranno? E la politica che opera scelte con il coraggio della lungimiranza? Ci sarà ancora? C’è stata mai? In quest’epoca di vuoto gridato la politica è pura imprevedibilità. Lo sarà sempre di più. L’imprevedibilità è l’antitesi di ogni abbozzo di programmazione.

 

Se così è – ed è così – al Pd va ribadito uno dei consigli portati dalla platea. Una platea non certo affollata, quasi tutta “interna” al partito ma meglio che niente. Il consiglio? Semplice e chiaro: guardare al presente, tenere i piedi ben saldi a terra. Ma nel presente, darsi una mossa. Nell’attesa dei miracoli infrastrutturali ci sono iniziative meno eclatanti: possono incidere oggi sulle abitudini della mobilità cittadina. Allungare le corsie preferenziali degli autobus ovunque sia oggettivamente e non fideisticamente possibile può essere un tentativo su alcune direttrici del traffico in città. Ma tornando a quel che si spiegava all’inizio sarà piuttosto difficile ridurre a due le corsie nord e di Via Brennero considerando che con la creazione della galleria della Valsugana il flusso dei veicoli in arrivo e in partenza ogni giorno verso il capoluogo è esploso a numeri non riducibili.

 

E considerando – ancora – che gli insediamenti commerciali sono ineliminabile attrattiva delle auto. Ad Italo Gilmozzi, assessore comunale ai lavori pubblici e fu segretario Pd – va riconosciuto il pregio non consueto del realismo. E realisticamente Gilmozzi prova sempre ad ancorare alla fattibilità il confronto sui temi. “Dobbiamo costruire una nuova cultura della mobilità sostenibile che renda accettabili e condivisi anche gli interventi più radicali. Con la raccolta differenziata si è imboccata la strada culturale prima di quella tecnica”. Vero, verissimo. Ma ogni cultura cresce sugli esempi. All’assessore, alla giunta comunale, vanno dunque chieste azioni capaci di indicare limpidamente una direzione e una prospettiva. Si possono rendere più “appetibili” le ciclabili cittadine evitando al ciclista le gimkane tra le buche di un tartan lasciato degradare dall’assenza di manutenzione: può voler dire aumentarne l’utilizzo. E così per la segnaletica. E perfino per l’estetica delle ciclabili che formano una rete in rapido collegamento tra sobborghi e centro.

 

Ma la cultura che Gilmozzi rincorre non può essere solo didattica o solo pubblicità progresso. Ridurre la velocità veicolare, (disincentivare l’uso dell’auto) si può fare con la segnaletica e qualche controllo in più. Ma non è detto che funzioni. Al contrario è certo che funzionano i restringimenti delle carreggiate, le isole che rendono meno ostici e rischiosi gli attraversamenti. E funzionano i dissuasori “veri”. Funziona accettare che ti maledicano, replicare, ma non arretrare. Così come funziona la scelta di far pagare cara – forse anche più cara di oggi - la sosta in centro città. Ma solo una volta garantito all’automobilista di poter parcheggiare a basso prezzo, (o gratis) negli attestamenti di periferia e aver potenziato la cadenza del servizio pubblico rendendone l’uso economicamente concorrenziale rispetto all’auto. E nemmeno è così impossibile chiudere le strade scolastiche un po’ prima dell’inizio e della fine delle lezioni, creando situazioni di spostamento protetto per i bambini senza portare le auto dei genitori fin dentro le classi.

 

La cultura che Gilmozzi deve costruire è una cultura di governo, di amministrazione, che non si faccia imprigionare dentro il labirinto delle mediazioni al ribasso. Le mediazioni sono obbligatorie ma non possono portare all’immobilismo. Nel porre il tema della mobilità come prioritario anche elettoralmente il Pd non fa del male. Ma forse si fa del male, (un po’ di masochismo c’è) - nel continuare a raffrontare su questo tema Trento e Bolzano. A Bolzano, infatti, sembrano essere avanti anni luce sulla mobilità sostenibile sia per progetti che per realizzazioni. Da Bolzano c’è da imparare – magari da copiare – sapendo però che ogni città è diversa dall’altra per morfologia ma ancor più per la capacità di introitare e praticare l’ecologia del quotidiano.

 

Dove il Pd pare invece davvero “fuori contesto” è nell’agenda. Nel lavoro sulla mobilità il Pd ha investito energie e passioni che vanno riconosciute. Ma l’agenda – di Trento e dell’Italia – oggi impone, (a sinistra si implora) – la stessa energia per individuare soluzioni credibili da opporre al becero degli slogan in materia di sicurezza, di decoro urbano, di serenità di una comunità. Occorre affrontare le percezioni senza limitarsi a contestarle con dati che saranno anche incontestabili ma che sulle paure e sulle strumentalizzazioni hanno l’effetto della provocazione. Se di fronte ad un “sentire” fatto di chiusura, irrazionalità, egoismi, rigurgiti ma anche malessere reale il Pd vanta una strategia per auto e bici forse sta sbagliando anno. E sta sbagliando mondo.

 

Se resuscitare una cultura di sinistra oggi volesse semplicemente dire “sporchiamoci le mani e mettiamoci la faccia”? Se volesse dire torniamo in strada e rischiamo ogni insulto? Lo si faccia in auto, a piedi o in bici. Ma lo si faccia, perché è già tardi.

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