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Carcere di Trento, sproporzione tra detenuti e personale ma mancano anche educatori e psichiatri
Nella prima relazione del Garante dei detenuti tra le criticità anche la mancanza di soldi da parte dello Stato per interventi di manutenzione alla struttura. Sono 315 i detenuti presenti e la componente straniera si attesta su circa il 70%

TRENTO. Per il carcere di Spini sono “necessarie più risorse per la manutenzione della struttura e la cura del disagio psichico”, queste alcune delle principali problematicità che il Garante dei diritti dei detenuti, Antonia Meneghini, ha evidenziato nella sua prima relazione dopo essere stata nominata alla fine dello scorso anno.
Nella relazione viene piegato che oltre alla sproporzione tra il numero dei detenuti e quello del personale di polizia penitenziaria e dell'area educativa ad essere insufficienti sono anche le risorse messe a disposizione dallo Stato per garantire la manutenzione ordinaria una struttura moderna come quella della casa circondariale di Spini.

Una situazione negativa viene evidenziata per quanto riguarda il secondo piano della sezione femminile che, inutilizzato, oggi è fortemente compromesso.
Su 315 detenuti presenti ora nella Casa circondariale di Spini di Gardolo, che potrebbe ospitare al massimo 418 persone, si contano 21 donne e 220 stranieri – la maggior parte dei quali tunisini, seguiti da marocchini, albanesi, nigeriani e rumeni.
La componente straniera, oscillante tra il 70 e il 73 per cento, è tra le più alte negli istituti penitenziari d'Italia. Rispetto al totale dei detenuti, 242 stanno scontando la pena definitiva, mentre gli altri sono in attesa del primo giudizio, dell'appello o ricorrenti.
A fronte di questi numeri, fino al 4 novembre 2017 le unità di personale della Casa circondariale erano appena 150, delle quali però solo 121 (17 donne e 104 uomini) "utilmente impiegate nel servizio di istituto", vale a dire 93 in meno del previsto (214).
Considerata questa grave carenza e le difficoltà della polizia penitenziaria, la Provincia ha ottenuto dal ministero l'assegnazione di 30 nuove unità di personale, arrivate a fine 2017. A Spini mancano però anche operatori nell'area educativa: dovrebbero essere 6 (ne servirebbero almeno 5) più una figura di supporto, e invece sono 4.
Da qui l'attenzione che deve essere implementata per il disagio psichico e alle malattie psichiche dei detenuti, problema che può causare gravi conseguenze ma che risente anche della mancanza di un'apposita normativa.”Soggetti simili a quelli ospitati nella Rems di Pergine – struttura detentiva nella quale sono accolte persone considerate pericolose per la sicurezza, con incapacità che si sono manifestate al momento dell'illecito – si trovano anche a Spini, dove però è in servizio per poche ore un solo psichiatra” ha spiegato Meneghini.
"Urgente per i detenuti e il loro possibile reinserimento sociale – ha concluso la Garante – è quindi investire sull'istruzione, il lavoro, la formazione e il personale necessario perché possano impiegare in modo costruttivo il loro tempo".