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Castaldini, De Bertoldi, Panizza, Pradi, Zanella e Taddei: per citare Troisi "Ricomizio da sei" ma "non ci resta che piangere"
Lunedì sera le Acli a Gardolo hanno organizzato un incontro elettorale che appariva tra i più interessanti nel panorama provinciale. Ne è emersa una grande pochezza di idee e contenuti. Dal candidato Five Stars (cerchiobottisti) a quello di Casa Pound (che blatera di sostituzione di popolo ), da Leu (inutile alzare il livello) al segretario del Patt (l'unico a tentare di offrire un ragionamento) passando per il Popolo della Famiglia e il centrodestra (che vede solo degrado e povertà)

TRENTO. Il mai abbastanza compianto Massimo Troisi ci deliziò con l’ironia agrodolce di “Ricomincio da tre”. I protagonisti del confronto elettorale promosso dalle Acli lunedì sera a Gardolo sono state le anonime comparse di un horror che si potrebbe titolare “RiComizio da sei”. In realtà in scena – eravamo pur sempre sul palcoscenico striminzito di un teatro – dovevano essere in otto. Beata la diserzione non annunciata della rappresentante di un curioso “Partito valore umano”. E beata la rinuncia militante di Valeria Allocati, candidata alla Camera per “Potere al popolo”, che in nome della Costituzione nonostante tutto “ancora” antifascista ha evitato di scambiare opinioni e improperi con l’invitato di Casa Pound, movimento che predica e pratica la destra estrema in abito casual e anima nera.
Quelli di “RiComizio da sei” erano, dunque, Filippo Castaldini (Casa Pound), Andrea De Bertoldi (centrodestra), Franco Panizza (centrosinistra), Andrea Pradi (Liberi e Uguali), Cristiano Zanella (Cinquestelle) e Berardo Taddei (Popolo della Famiglia). Sei sul palco, sei più un moderatore che per “pungolarli” ha scelto il Valium. E una platea numericamente scarsa che s’è trovata in men che non si dica trasportata dentro un altro titolo del mitico Troisi, stavolta in coppia, inarrivabile, con Benigni: “Non ci resta che piangere”.
Le Acli, gli organizzatori, non hanno colpa. Dovevano, volevano, onorare la democrazia: ci dicano, ci spieghino, ci convincano. Gli ospiti, i candidati, dicono senza spiegare. Paradossalmente convincono. Ma convincono solo ad allontanarsi una volta di più dalla politica per quanto vacuo, vuoto e sloganistico è il loro eloquio. Sono tuttologi i candidati: passano dalla disaffezione all’autonomia, dal lavoro alla sicurezza sciorinando la litania di soluzioni taumaturgiche e definitive per ogni guaio italico. Chiedere loro “Sì, ma come si fa?” non dovrebbe essere un’impresa. Ma a Gardolo non è stato chiesto e quindi il “RiComizio da sei” ha potuto svilupparsi in una pantomima alquanto soporifera. Fossimo stati nella Roma di Fellini (il film, non la città), non ci si sarebbe stupiti se dal pubblico avessero tirato un gatto sul palco. Ma i trentini sono docili, per nulla sanguigni. Sono dei “signori”. E dunque hanno accettato la condanna di una serata inutile da inizio a fine.
Epperò i commenti si potevano leggere sui volti. I volti di chi è uscito dal dibattito esattamente come c’era entrato: disamorato. Solo un po’ di più. Certo, si potrebbe fare cronaca del poco da raccontare. Si potrebbe tratteggiare la patologica frenesia di De Bertoldi, dottore commercialista dai trascorsi politici trasversali che del centrodestra Berluscosalviniano ha una visione mistica e miracolistica: niente più tasse, lavoro come se piovesse, delinquenza ciao eccetera, eccetera. Nel Trentino governato dal centrosinistra autononista De Bertoldi vede povertà e arretratezza. Qualcuno in platea si chiede se ha sbagliato provincia. Ma lui insiste infervorandosi come se il fervore fosse una categoria economica.
Si potrebbe, ancora, evidenziare il cerchiobottismo sistematico del “Five stars” Zanella: è d’accordo con tutti – destra, sinistra, centro. Perché ovunque si può raccattare un voto - da centro, sinistra e destra – in nome del “nuovo” che ti darà un reddito e ti manderà in pensione più presto senza dirti se e quanto potrà durare. Sarà anche d’accordo con se stesso? Boh. Si potrebbe rigare in rosso negli appunti di un taccuino, che resta in bianco, l’abilità verbale e comportamentale del destroso di Castaldini di Casa Pound. Chi se lo aspetta con la bava alla bocca del “prima gli italiani” se lo ritrova docile ed educato. Ma si può essere feroci anche nell’eleganza. Ed è ignoranza feroce quella che lo porta a blaterare che è in atto la “sostituzione di popolo” degli italiani ad opera di migranti al soldo della finanza internazionale.
Si potrebbe spendere una parola di solidarietà umana per Panizza quando tenta invano di opporre qualche ragionamento – non certo profondo ma almeno sorretto da qualche fatto, specie riguardo il benessere del Trentino – alle invettive multiple sul malgoverno nazionale e locale. Si potrebbe suggerire a Pradi (Liberi e Uguali), che tentare di volare un po’ più alto rispetto al rasoterra di un dibattito è impresa nobile ma masochistica. E si potrebbe, infine, spiegare a Taddei, avvocato del Popolo della Famiglia, che ha il fiato corto lo sfoggio di moderazione quando il tuo partito-movimento si propone di bruciare in strada i libri che spiegano la differenza di genere e quando i gay si considerano malati da parte di un leader nazionale, Adinolfi, che fa il moralista inquisitore e campa di poker.
Si potrebbe. Si poteva. Si poteva incalzare piuttosto che lasciare libertà di soliloquio. Non si è fatto. Nel teatro mezzo vuoto – una fortuna – il “RiComizo da sei” tuttavia qualcosa ha lasciato: imbarazzo e fastidio. Imbarazzo nel vederli incapaci di un confronto serio, onesto, argomentato. Fastidio per la sicumera con la quale non si accorgono che c’è un disperato bisogno di fiducia e competenza e realtà. Non ci resterebbe che piangere se non fosse che anche sul pianto – certamente – la politica sarà pronta a speculare.