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Coronavirus, Fenalt: “Nelle Rsa è una grande sconfitta, operatori sanitari lasciati allo sbaraglio”
Recentemente è stata registrata una delle giornate peggiori all’interno delle Rsa con 13 decessi, la Fenalt: “In certe realtà facciamo prima a contare i presenti rispetto agli assenti, di questo passo non si potrà andare avanti per molto”

TRENTO. Secondo i dati ufficiali forniti dall’Apss, tra Rsa e Case di cura i contagi al momento sono arrivati a 347 casi, nei giorni scorsi è stata registrata una delle giornate peggiori con 13 decessi avvenuti nelle strutture di Mezzolombardo, Pergine, Dro, Villa Regina, Pinzolo e Ledro. Numeri che preoccupano, anche se c’è chi taglia corto preferendo sottolineare l’età avanzata, o per usare le parole di Enrico Nava, direttore per l'integrazione socio sanitaria: “Dobbiamo considerare che questi sono luoghi in cui la mortalità è presente”, eppure stiamo parlando di persone, parte del tessuto sociale, parte della comunità.
Una situazione grave, tanto che come ammesso dallo stesso presidente della Pat, Maurizio Fugatti, “dentro alcune Rsa come Arco, Riva, Ledro, Pergine, la tensione è molto alta”. Una tensione che trapela soprattutto da chi all’interno di queste strutture ci lavora: “Gli operatori si sentono lasciati allo sbaraglio”, denuncia Roberto Moser, responsabile del settore Apsp della Fenalt.
Anzi, con le Rsa per il sindacato ci troviamo difronte a una grande sconfitta, sintomo che qualcosa non ha funzionato: “La situazione è fuori controllo – racconta allarmato Roberto Moser – chiediamo un intervento in tempi rapidi perché ci sono tantissimi operatori che sono costretti a casa ammalati, la maggior parte con sintomi riconducili al covid-19”.
È la stessa Azienda sanitaria a certificare il momento di grande difficoltà con assenze fra il personale che possono arrivare anche al 50%. “Gli operatori delle Apsp, dagli Oss a chi lavora in lavanderia o nelle cucine – afferma Moser – sono esposti al rischio del contagio o hanno già contratto il virus, in certe realtà facciamo prima a contare i presenti rispetto agli assenti. Il personale si sente in balia di sé stesso – prosegue – costretto a mettere tutte le sue energie nel far fronte all’emergenza in un vortice di attività che lascia poco spazio alla cura dell’organizzazione, che invece è di fondamentale importanza per la prevenzione”.
Nelle strutture mancano sia i dispositivi di protezione individuale che i tamponi e “nonostante le rassicurazioni fornite da Pat e Apss il personale è allo sbaraglio – l’affondo del sindacato – i lavoratori si sentono come su un autobus senza conducente”. Secondo Moser per uscire dall’impasse servirebbero linee guida più chiare: “Bisogna dare risposta alle tante domande che arrivano dai lavoratori – conclude il sindacalista – ad esempio è inutile dire che le mascherine non servono, meglio dire con più franchezza che non ci sono, a questi ritmi – avverte – non si potrà andare avanti per molto, non stiamo parlando di settimane o mesi ma di giorni, ormai siamo alla frutta”.