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Cimbro, Mocheno e Ladino a rischio estinzione? L'Istitut Ladin: "La lingua è in salute, ma a rischio è la qualità"
L'Unesco ha inserito queste varietà all'interno di 'Atlas of the World's languages in danger', una specie di atlante delle lingue a rischio estinzione. Fabio Chiocchetti. "E' da fine Ottocento che si assiste al funerale anticipato di questa lingua"

TRENTO. Ladino, mocheno e cimbro potrebbero avere gli anni contati. L'Unesco ha inserito, infatti, queste varietà di dialetto all'interno di 'Atlas of the World's languages in danger', una specie di atlante delle lingue a rischio estinzione.
L'agenzia dell'Onu stima che il cimbro venga parlato da 400 persone, in particolare nell'area di Luserna, ma anche in alcune zone di Verona e Vicenza. Sta meglio il mocheno che interessa circa un migliaio di abitanti, mentre la lingua più in salute è il ladino utilizzato da trentamila individui in diversi paesi delle Dolomiti a cavallo tra Trentino, Alto Adige e Belluno.
Mal comune, mezzo gaudio. In Italia si parla, infatti, la maggior parte delle varietà di dialetto al mondo, ma ventinove di queste sarebbero a rischio estinzione dati dati Unesco.
"E' da fine Ottocento - spiega Fabio Chiocchetti, direttore dell'Istitut cultural Ladin - che si assiste al funerale anticipato di questa lingua che però è riuscita a sopravvivere fino ai giorni nostri, questo nonostante due conflitti mondiali, ma soprattutto il fascismo, quando è stato messo in atto un piano per far scomparire il ladino".
I ladini costituiscono una comunità stanziata in cinque vallate dolomitiche. "Nella loro diversità - aggiunge il direttore - gli idiomi di Gardena, Badia, Fassa, Livinallongo e Ampezzo rappresentano varietà locali della stessa lingua e il ladino ricopre una posizione autonoma nel quadro delle lingue romanze o neo-latine".
L’ordinamento del Trentino Alto Adige tutela i ladini come terzo gruppo linguistico, accanto a quello tedesco e italiano, ma anche la legislazione nazionale annovera la comunità ladina tra le minoranze linguistiche riconosciute secondo i principi stabiliti nella Costituzione italiana.
"La valorizzazione e la salvaguardia del ladino - aggiunge Chiocchetti - è un'attività che prosegue dall'inizio degli anni '90. Un percorso articolato nella raccolta e predisposizione di documenti per approfondire e promuovere cultura, lingua, tradizioni e usanze. Tutto è iniziato nel lontano 1905 e nel frattempo ci siamo adeguati: oggi abbiamo un ricco e moderno database, pubblicazioni e il corpus del ladino".
Un bagaglio culturale ancora in salute e unitario, nonostante la diffusione della lingua in aree diverse. "I confini - evidenzia il direttore - sono arrivati solo nel 1918: una divisione artificiale per un'area unica prima della guerra. Oggi, nonostante le divisioni amministrative e qualche barriera mentale dettata dal campanilismo, la coscienza linguistica e il sentimento identitario sono radicati e sostenuti da una fitta rete di associazioni. Un impegno affiancato negli ultimi decenni dall'opera di istituzioni e centri di ricerca".
Ladino chiuso però nella morsa dell'italiano e dell'inglese tra televisione, internet e la globalizzazione. "Questo accelera un po' il depauperimento - conclude Chiocchetti - anche per l'influenza del tedesco. Se dal punto di vista quantitativo la lingua sta bene e si registra un'adesione spontanea della popolazione, è, però, vero che il ladino soffre maggiormente sotto il profilo qualitativo: le nuove generazioni tendono, infatti, a non parlarlo proprio correttamente. In questo caso è necessario prendere delle contromisure per tenere viva la tradizione".