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Promesse e progetti: ma dopo 13 anni la Virtus resta in un container tra attrezzatura in bagno, prese rotte, caldo e puzza
Quaranta gradi all'interno, odore acre di lamiere che si scaldano, bagni fatiscenti, attrezzatura per gli allenamenti appoggiata tra "turche" e lavandini e freddo maledetto d'inverno. E pensare che era stato promesso che "quando i nuovi spogliatoi saranno utilizzabili, si procederà alla demolizione del prefabbricato e sarà realizzato il corpo est"

TRENTO. Quaranta gradi all'interno, odore acre di lamiere che si scaldano, bagni fatiscenti, attrezzatura per gli allenamenti appoggiata tra "turche" e lavandini e freddo maledetto d'inverno. E pensare che era stato promesso che "quando i nuovi spogliatoi saranno utilizzabili, si procederà alla demolizione del prefabbricato e sarà realizzato il corpo est": questo, almeno, nel progetto di riqualificazione di 13 anni fa del campo Talamo in via Ghiaie a Trento. Ma da allora il corpo est, una struttura in lamiera, non si è mosso perché spesso anche in Trentino le soluzioni temporanee diventano permanenti.

Negli anni i vertici della Virtus Trento, tra i sodalizi storici del panorama cittadino, hanno provato a sbloccare la situazione e tramite il genitore di un tesserato sono riusciti a redigere un progetto da 400 mila euro per la nuova sede: la sensazione è quella del rimpallo tra il Comune di Trento e la controllata Asis, ma anche nell'assenza di interesse di tre assessori in successione.

Un totale buco nell'acqua con Paolo Castelli. Il discorso sembra invece procedere meglio con Andrea Robol, il quale prende visione del progetto e si interessa con i dirigenti comunali per procedere: l'amministrazione può spingersi fino a 200 mila euro, manca la metà all'appello metà del finanziamento. Ma si può fare.

Insomma, sembra fatta, ma la legislatura finisce e l'assessore passa alla cultura. Intanto però esce una delibera provinciale, la quale prevede che in caso di ristrutturazione la Provincia può contribuire fino al 70%: in definitiva 280 mila euro a carico di quest'ultima e i restanti 120 mila li mette il Comune.

Forte di questa novità, la Virtus prova allora a riprendere il discorso con Tiziano Uez, ma le soddisfazioni davanti al disinteresse sono poche, anzi nulle. Non interesserebbe.

E il blocco est resta lì a fungere da sede e deposito attrezzature e poco importa se l'inverno sia freddo estremo e durante l'estate un caldo intenso, anche fino a quaranta gradi, forte e acre odore di lamiere e plastica, tanto da costringere dirigenti e tesserati a improvvisate riunioni esterne, attrezzature e materiale anche nei bagni.

La società nel blocco est continua a versare l'affitto di 1.500 euro all'anno per restate "accampata" nel container. Non tanti, ma per una società che si basa sul volontariato e opera soprattutto per i più giovani sono bei soldi, soprattutto se si aggiungono tra i 13 e i 15 mila euro all'anno tra uso campo e spogliatoi nuovi.
Tutto risale al 2003, quando l'amministrazione comunale tramite Asis decide finalmente di ricostruire gli spogliatoi del Talamo, un campo sportivo cittadino che poco prima ha assistito all'avvento del manto in erba sintetica dopo una vita di terra, polvere e drenaggio nullo. In attesa del rifacimento già previsto, un terreno di gioco pronto alla seconda deroga consecutiva, visto che i termini dell'omologazione scadono dopo dieci anni.
All'epoca, dopo decenni di precarietà, i dirigenti della Virtus Trento, ma soprattutto i genitori dei tesserati del sodalizio arancioverde si interessano per capire come porre rimedio allo stato dell'arte. Qualcosa si muove. Il nuovo millennio dovrebbe così mettere fine alla precaria situazione degli spogliatoi: un blocco di container che non lascia spazio alle condizioni igieniche e sicurezza minime per svolgere un'attività sportiva.

La fotografica è messa nera su bianco anche nella relazione. "Tale intervento si rende necessario visto che l'attuale spogliatoio consiste in una struttura prefabbricata adattata a tale uso; il prefabbricato si presenta altresì in precario stato di conservazione" e l'amministrazione decide di procedere in due fasi per non creare interruzioni alla fruizione del campo di calcio.
Il nuovo intervento intende riqualificare l'intera area annessa al campo da calcio, realizzando un manufatto che contenga i depositi e le sedi per le società sportive operanti sul campo stesso.
In pratica nel primo lotto il prefabbricato viene spostato di circa cinquanta metri a est per edificare il corpo ovest, cioè gli spogliatoi nuovi, per mantenere in funzione quelli vecchi in attesa di finire i lavori e avviare il secondo lotto, cioè "Quando i nuovi spogliatoi saranno utilizzabili, si procederà alla demolizione del prefabbricato e sarà realizzato il corpo est".
I lavori procedono abbastanza velocemente e nel dicembre 2005 ecco il nuovo i nuovi spogliatoi: tutto regolare e arriva anche il certificato di abitabilità.
E qui si potrebbe aprire un altro fronte: il certificato di abitabilità riguarda i nuovi spogliatoi e non i container, ma forse il prefabbricato si trascina, se ci sono, le autorizzazioni anche nella nuova location.
Negli anni compare anche l'ufficio del custode, un container anche in questo caso. I problemi tra freddo, caldo e forte odore di lamiera e plastica sono ovviamente gli stessi del blocco est, ma se il prefabbricato "sede" è regolarmente catastato, a guardare bene i documenti non sembra esserci traccia del prefabbricato per il custode.
A questo punto sorge anche la domanda sull'eventuale presenza del certificato di abitabilità, che probabilmente è stato fatto e non si trova nelle documentazioni riguardanti il progetto di riqualificazione. Ma se così non fosse, insomma, si fanno gli scongiuri del caso, ma dovesse capitare anche un semplice infortunio nel fabbricato, chi pagherebbe?
