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“Un confine tracciato da Dio”? Il Brennero: dal Trattato di Saint-Germain al Patto De Gasperi-Gruber

Il 10 settembre 1919 veniva firmato a Parigi il trattato con cui il Regno d’Italia si vedeva riconosciuti alcuni dei territori promessi dall’Intesa con il Patto di Londra dell’aprile 1915. Tra questi figurava anche lo spartiacque del Brennero, che nei decenni a venire sarebbe continuato ad essere al centro di opposte rivendicazioni

Foto tratte dal web
Di Davide Leveghi - 10 settembre 2021 - 11:11

TRENTO. “Del confine del Brennero si può in verità affermare che sia stato tracciato dall’infallibile mano di Dio”. A pronunciare queste parole fu Benito Mussolini. Era il 6 febbraio del 1926 e davanti all’aula gremita della Camera, il capo del governo ribatteva alla polemica sollevata dal governatore bavarese Heinrich Held, ribadendo l’inviolabilità del confine sancito dalle trattative di pace del 1919.

 

Il Brennero, indicato dal nazionalismo italiano come lo “spartiacque naturalefra il mondo tedesco e quello latino, era stato infatti accorpato al territorio del Regno a seguito del patto del 10 settembre 1919, con cui a Saint-Germain-en-Laye, alle porte di Parigi, le potenze vincitrici della Grande Guerra ripartivano i territori del dissolto Impero austro-ungarico. Promesso dall’Intesa con il Patto di Londra dell’aprile 1915, il confine settentrionale era stato così fissato al valico alpino, tradizionale luogo di passaggio tra l’Europa settentrionale e la penisola affacciata sul Mediterraneo.

 

La sua inclusione nel territorio nazionale fu dovuta per lo più a ragioni strategiche, sull’altare delle quali venne sacrificato il principio, fino a quel momento vigente nel processo di nation-building italiano, secondo cui l’appartenenza nazionale di un territorio si dovesse determinare in base a lingua e cultura. Nondimeno, anche delle logiche imperialiste – promosse da battaglieri ma isolati patrocinatori (su tutti l’irredentista roveretano Ettore Tolomei, QUI un approfondimento) - finirono per far sentire il proprio peso.

 

Già occupato militarmente nella giornata del 10 novembre 1918 – le truppe italiane arrivarono dopo Vittorio Veneto ad occupare perfino Innsbruck, capitale dell’allora Tirolo unito – il Brennero divenne così luogo di confine, entrando di diritto nell’immaginario nazionale sia italiano che del mondo tedesco, da quel momento diviso fra la Repubblica tedesca e la piccola Repubblica austriaca. Il 13 ottobre 1921, alla presenza del re d’Italia Vittorio Emanuele III, venne inaugurato il cippo confinario in marmo bianco, simbolo del nuovo “sacro confine” della patria.

 

La località di Brennero, con tutte le sue piccole frazioni, non poté che subire radicali trasformazioni. La vita di quella che era stata fino a quel momento una zona sì di transito, ma non di frontiera, venne stravolta dal graduale afflusso di funzionari e militari, nonché dalla costruzione di una serie di servizi doganali. Con l’avvento al potere del fascismo, Brennero avrebbe assistito all’edificazione di quella che tuttora è la più grande stazione ferroviaria della provincia di Bolzano.

 

La sensibilità della sua valenza militare, però, crebbe notevolmente con la salita al potere del nazismo in Germania. Attorno al Brennero, da quel momento si sarebbe combattuta una “battaglia” propagandistica molto accesa, in cui i sudtirolesi finirono per vedersi frustrare ogni velleità irredentistica. A testimoniarlo v’è ad esempio una canzonatura dell’Horst-Wessel Lied, l’inno del partito nazionalsocialista, prodotta dalla popolazione del luogo nel 1938, in occasione della visita di Hitler in Italia: “In un sonno profondo, con i finestrini ben chiusi/ hai attraversato il nostro sacro Sudtirolo germanico/ Tu, ultima speranza del nostro popolo/ […] / Scende il braccio, prima sollevato per il saluto/ ma non il coraggio, che sempre ci anima/ anche se abbiamo sentito che lassù al Brennero/ resta il confine che Dio non ha scelto” (Hans Heiss).

 

Le speranze della popolazione sudtirolese di vedersi nuovamente aggregare ad un’entità nazionale tedesca sbatterono infatti contro la Realpolitik hitleriana, secondo cui la naturale sfera d’espansione germanica si indirizzava vero Est e non verso Sud (QUI un approfondimento). Lo stesso leader del nazismo aveva espresso la sacrificabilità dei “200mila tedeschi” del Sudtirolo nella prima edizione del Mein Kampf, ma ciononostante all’interno della popolazione tedesca a Sud del Brennero non morì mai la fede verso un possibile cambio di vedute, come effettivamente avvenne nel 1943.

 

La grande presa ideologica del nazionalsocialismo in provincia di Bolzano, dovuta all’abitudine diffusa verso l’autoritarismo e quindi alla conseguente adesione al “fascismo dalla lingua giusta” (ne abbiamo parlato in questa intervista sulle Opzioni allo storico Hannes Obermair, QUI l’articolo), avrebbe determinato dapprima la straordinaria risposta nelle Opzioni – con cui i sudtirolesi, posti dai regimi fascista e nazista di fronte alla scelta se rimanere italiani o trasferirsi nel Reich, risposero in schiacciante maggioranza a favore delle seconda ipotesi – e poi il grande entusiasmo del settembre 1943, quando le truppe della Wehmarcht vennero celebrate in una surreale “festa della liberazione” (QUI l’articolo).

 

Prima ancora, però il Brennero era stato teatro delle tensioni italo-tedesche, culminate nell’invio di quattro divisioni del Regio esercito al confine a seguito del tentato putsch nazista in Austria. La piccola Repubblica alpina, infatti, era entrata negli anni ’20 sotto l’ala protettiva di Roma, instaurando un regime autoritario di matrice clerico-fascista. La proibizione di dar vita all’Anschluss (cioè all’unione fra Austria e Germania), sancita dal Trattato di Saint-Germain, naufragò nel marzo del ’38 di fronte alla sempre più sfacciata politica espansionistica nazista. Lo stesso Mussolini, in una contesto internazionale che vedeva l’Italia sempre più isolata dopo l’aggressione dell’Etiopia, diede il proprio beneplacito all’incorporazione austriaca nel Terzo Reich.

 

Negli anni della guerra, il valico del Brennero si trasformò così in un luogo di ininterrotto transito: degli Optanti prima, delle truppe poi, in direzioni opposte. Poi, ancora, dei prigionieri destinati ai campi di internamento o di concentramento. Al centro di numerosi bombardamenti alleati, venne occupato dagli Alleati nella notte fra il 3 ed il 4 maggio del 1945. Nelle trattative di pace, tale confine venne riconosciuto nuovamente all’Italia (QUI un approfondimento), rientrando al tempo stesso in accordi commerciali pensati per non ostacolare i traffici fra le diverse zone del Tirolo.

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