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Gli Ibis eremita tornano in Trentino. L'anno della pandemia non li ha fermati ma sono aumentate le uccisioni per bracconaggio
Gli esemplari del progetto sono oggi 157, 15 in più rispetto allo scorso anno, ma 51 esemplari sono deceduti nel 2020. Il 28% per episodi di bracconaggio. Il report: ''In Italia, la caccia agli uccelli è una di quelle 'attività di svago' a carattere regionale che sono aumentate considerevolmente a causa delle restrizioni degli spostamenti. il che ha portato anche a un aumento della caccia illegale''

TRENTO. L’ibis eremita è tornato a far visita agli abitanti della provincia di Trento, sostando su un balcone a Mattarello. Non è la prima volta che il Geronticus eremita (nome scientifico) si riposa nel territorio trentino, durante la migrazione che dalla Germania e dall'Austria lo conduce all’area di svernamento in Toscana.
Il volatile, di dimensioni medio-grandi, è caratterizzato da un piumaggio nero con riflessi di colore verde e violaceo, mentre le parti nude (la testa e la gola) appaiono rugose. Questa specie, largamente diffusa in Europa centrale e Meridionale, Nord Africa e vicino Oriente, circa 400 anni fa è andata incontro ad un drastico declino, che ne ha determinato la scomparsa da buona parte dell’Europa.
Al fine di contrastare la loro estinzione dal suolo europeo è stato quindi creato un progetto che garantisse il loro reintegro. In particolare gli esperti si sono serviti del fenomeno dell’imprinting, attaccamento che si sviluppa tra i piccoli di alcune specie di animali e la prima figura che vedono alla nascita. Grazie a questo legame infatti gli umani, diventati dei veri e propri genitori adottivi, a bordo di un ultraleggero, sono riusciti a far apprendere ai pennuti la rotta della migrazione (QUI APPROFONDIMENTO).
Gli impedimenti non sono mancati però nell’anno 2020, durante il quale il lockdown ha costretto l’annullamento del consueto allevamento a mano e della migrazione guidata dall’uomo, che “Covid permettendo, verrà ripreso in agosto” dichiara Dino Pianezzola ricercatore e membro del team di soccorso Nbi migration. Nonostante ciò, l’anno si è fortunatamente concluso con un bilancio positivo, caratterizzato da un aumento della popolazione di ibis eremiti da 142 a 157 individui migratori.
Il rischio di morte per questi uccelli però resta sempre: l’anno passato sono infatti deceduti 51 esemplari. Sebbene per il 45% dei casi conosciuti la causa sia l’elettrocuzione, emerge che per il 28% il motivo sia legato al bracconaggio, il cui tasso, dopo aver subito una diminuzione, è nuovamente aumentato durante l’anno (l'anno precedente era al 17%).
E nel report annuale redatto dalla Waldrappteam Conservation & Research si sottolinea che ''si può supporre che l'aumento di questo crimine ambientale sia legato alla pandemia. In Italia, la caccia agli uccelli è una di quelle 'attività di svago' a carattere regionale che sono aumentate considerevolmente a causa delle restrizioni degli spostamenti, il che ha portato anche a un aumento della caccia illegale. Inoltre, a causa della pandemia la capacità e la possibilità della polizia di effettuare controlli è stata ridotta. Si spera che l'aumento del bracconaggio sia un fenomeno temporaneo. Tutte le uccisioni sono state segnalate alla polizia e stiamo sostenendo le indagini per quanto possibile''.
L’obiettivo del progetto è arrivare a 400 esemplari suddivisi in 4 colonie indipendenti. “Al raggiungimento di questi numeri sarà possibile evitare di dotare i volatili dei trasmettitori Gps, che ora ci permettono di trovarli e raggiungerli in caso di necessità” sostiene il ricercatore Pianezzola, che aggiunge: “Saranno inoltre in grado di insegnare autonomamente ai discendenti la rotta migratoria, senza l’intervento dell’uomo”.