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Il presidente di Itas: "Mai subito nessun ricatto". Il cda: "Piena solidarietà a Di Benedetto"
Dopo che è emerso che il direttore (ormai ex dopo le dimissioni) Grassi sarebbe indagato per truffa, calunnia ed estorsione ai danni del presidente è proprio Di Benedetto a prendere posizione: "Se qualcuno mi ha 'seguito' si sarà accorto che cammino con i piedi per terra schiena dritta e fronte alta"

TRENTO. Itas è compatta e si stringe al suo presidente, Giovanni Di Benedetto, al quale il consiglio di amministrazione, riunitosi ieri in seduta straordinaria, all'unanimità ha manifestato la sua più completa solidarietà. Non solo: Itas spiega che sin da subito ha offerto la sua più ampia collaborazione alla magistratura "verso la quale c'è la più totale fiducia" e che si è "altresì costituita immediatamente come parte lesa". Parte lesa di una vicenda i cui contorni sono ancora tutti da definire. L'accusato, va detto, non è Di Benedetto ma l'ex direttore di Itas, Ermanno Grassi, Per lui gli inquirenti parlano di estorsione, truffa, calunnia con un giro di soldi enorme che si sarebbe tradotto in benefit, auto di lusso, borse, abiti griffati e assunzioni "discutibili".
E dietro a parte di questo giro di denaro (gli inquirenti parlano di 392 mila euro di bonus) ci sarebbe un ricatto fatto allo stesso presidente da parte di Grassi. Ricatto scattato (sempre secondo l'accusa) dopo che aveva messo sulle tracce del suo presidente un investigatore privato (da qui l'accusa di estorsione). Ricatto che Di Benedetto definisce "destituito di ogni fondamento". "Se qualcuno mi ha 'seguito' - afferma il presidente - si sarà accorto che cammino con i piedi per terra schiena dritta e fronte alta. Conseguentemente ogni illazione su ogni mia presunta 'ricattabilità' è destituita di fondamento. Voltiamo quindi la triste pagina di ieri - aggiunge Di Benedetto - da rileggere nella sua portata oggettiva a conclusione dei lavori della magistratura. Riprendiamo da oggi con la stessa determinazione e impegno al servizio della comunità e dei nostri soci assicurati. Gli storici valori di mutualità, onestà e trasparenza vanno e saranno salvaguardati sempre a favore e nell’interesse della grande famiglia dell’Itas".
Per l'accusa Grassi avrebbe anche usato in maniera impropria il fondo destinato ai gadget aziendali: 430 mila euro "investiti" in abiti griffati, borse, oggetti di valore. E ancora un viaggio fatto a Palma di Maiorca con volo privato messo sul conto dell'Itas e il lavoro dato all'ex moglie con un contratto che non avrebbe previsto nemmeno l'obbligo di presenza in ufficio. Ci sarebbero le due Porsche acquistate da una società che fatturava a Itas per la sponsorizzazione delle vetture di lusso e il rifacimento di un mega attico in Piazza Silvio Pellico (ristrutturazioni del valore di 600 mila euro) fatto a spese della compagnia. E quindi si arriva alla calunnia, ipotesi che si riferisce a un contenzioso con un'ex dipendente accusata dallo stesso Grassi di aver usato oltre 400 mila euro. Tutte accuse da provare e da dimostrare. Intanto l'unico risultato immediato è quello delle dimissioni di Grassi "accettate - sempre ieri mattina dal Cda di Itas - con effetto immediato, attivando le procedure di legge". La palla adesso torna alla magistratura che in un anno e mezzo di indagini pare sia in possesso di molto altro materiale.