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Un nuovo Centro per il rimpatrio dei migranti in Regione? La protesta: “In queste strutture si muore, non possono essere la soluzione”
Lettera-appello delle realtà dell’accoglienza contro l’apertura di un nuovo Cpr: “Queste strutture non sono la soluzione per i migranti, si tratta di ‘luoghi-non luoghi’ in cui qualunque diritto viene cancellato. Troppe persone si sono tolte la vita per via delle condizioni all’interno di questi spazi”

BOLZANO. Era stato lo stesso presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, alcuni giorni fa, a manifestare l’intenzione di aprire un nuovo Centro di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) in Trentino-Alto Adige. Il sito dove dovrebbe essere costruito il nuovo centro per la regolarizzazione e l’eventuale espulsione di profughi e migranti non è ancora stato individuato, pertanto non è dato sapersi se sarà realizzato in Trentino o in Alto Adige visto che Kompatscher ha parlato genericamente di Regione. Ciononostante la mobilitazione di varie realtà che si occupano di accoglienza è già iniziata.
Il tam-tam è partito da Bozen Solidale e ha già raccolto l’adesione di diverse realtà fra cui Centro sociale Bruno, Spazio Autogestito 77, Collettivo Mamadou, Sos Bozen, Cucina Cultura, Campagna LasciateCIEntrare. Le varie realtà hanno anche firmato una lettera-appello, pubblicata su Melting Pot Europa, contro l’apertura del Cpr. “Queste strutture – spiegano – non sono la soluzione per le persone migranti senza titolo di soggiorno, si tratta di ‘luoghi-non luoghi’ in cui qualunque diritto viene cancellato. Un Cpr è uno spazio di sospensione attraverso un oblio che porta le persone, sempre più spesso, a togliersi la vita all’interno di questi lager”.
Come riporta l’Ansa, Kompatscher annunciando la volontà di aprire un nuovo Cpr aveva chiosato: “Abbiamo dimostrato con i profughi afghani di essere solidali verso chi ne ha bisogno ma rivendichiamo da tutti il rispetto delle nostre regole e leggi”. Dichiarazioni che hanno suscitato sdegno fra le realtà dell’accoglienza: “Dividono le persone migranti tra buone e cattive dimenticando che in Trentino-Alto Adige centinaia di persone, tra cui molti afghani, dormono all’addiaccio dopo aver percorso per anni rotte migratorie tra violenze, torture e respingimenti. Molti di loro svolgono lavori stagionali e non hanno una dimora fissa perché è impossibile trovare un alloggio. Oltre a canoni di affitto inarrivabili, vengono discriminati in quanto stranieri”.
Secondo gli attivisti l’ipotesi di aprire un Cpr non può essere considerata come una soluzione praticabile. “Questi centri non sono altro che luoghi di controllo, segregazione e tortura di essere umani, i quali hanno come unica ‘colpa’ quella di essere privi di titolo di soggiorno”. Per questo i gruppi e le associazioni che operano sul territorio regionale chiedono di continuare a lavorare su politiche basate sul rispetto dei diritti umani e su politiche sociali e di accoglienza che favoriscano un’effettiva inclusione delle persone. Persone che spesso sono presenti sul territorio da anni. “Chiediamo – concludono le realtà dell’accoglienza – politiche che sostengano un accompagnamento che dia strumenti per prevenire la caduta nella marginalità in tutte le sue forme e sfaccettature”.