Vie, piazze e monumenti l’Italia celebra ancora crimini e criminali del colonialismo italiano. La mappa del collettivo Wu Ming
Dal gerarca fascista Italo Balbo, alle località etiopiche di Adua e Amba Alagi passando per via padre Reginaldo Giuliani, dedicata al cappellano delle Camicie Nere, anche in Trentino sopravvivono i riferimenti al passato coloniale e fascista dell’Italia. Il collettivo di scrittori Wu Ming ha realizzato una mappa per raccogliere i vari esempi e per invitare “tutti gli antirazzisti a organizzare iniziative per ricordare le nefandezze del colonialismo italiano”

TRENTO. Le proteste scoppiate in seguito all’uccisione, da parte della polizia statunitense, di George Floyd hanno contribuito a riaccendere il dibattito, anche in Europa, su razzismo e discriminazioni. In più occasioni e in diverse parti del mondo (Italia compresa) i riflettori sono stati puntati anche su tutti quei simboli, monumenti vie, piazze, che tutt’ora celebrano il passato coloniale, razzista e schiavista di alcuni Paesi. Le proteste hanno coinvolto anche Bolzano dove alcuni monumenti sono stati imbrattati (QUI articolo).
Per la verità in Italia, che in materia di colonialismo ha sicuramente dato il suo triste contributo, il dibattito sull’opportunità di rimuovere o perlomeno contestualizzare questi simboli spesso (ma non sempre) retaggio della dittatura fascista va avanti da tempo. Lo dimostrano le numerose iniziative portate avanti, fra gli altri, dal collettivo di scrittori Wu Ming che nel corso degli anni ha dato vita a quella che viene definita “guerriglia odonomastica”, cioè, per usare le parole del gruppo, “azioni e performances il cui scopo è reintitolare dal basso vie e piazze delle nostre città, o aggiungere informazioni ai loro nomi per cambiare senso all’intitolazione”.
Recentemente su Giap, il blog gestito dal collettivo Wu Ming, è stata pubblicata una mappa che raccoglie molte delle località che ancora mantengono simboli e riferimenti al passato coloniale e fascista. In tutta Italia ci sono centinaia di esempi e anche in Trentino-Alto Adige restano dei riferimenti. Per esempio a Saone, frazione di Tione, è sopravvissuta una via dedicata a Italo Balbo, gerarca fascista fra gli organizzatori della marcia su Roma. A Mezzocorona invece, restano tracce del passato coloniale, nella cittadina rotaliana è possibile percorrere via Adua. Come spiegato nel blog Giap l’intitolazione delle strade a questa località, risale in genere alla dittatura fascista, perché durante l’attacco di Mussolini all’Etiopia, nel 1936, Adua venne occupata dall’esercito italiano, e la propaganda di regime descrisse l’evento come un “riscatto” dell’umiliazione subita quarant’anni prima quando l’esercito italiano venne pesantemente sconfitto dagli etiopi.
Proseguendo verso nord, a Bolzano, si incontrano via Amba Alagi e via padre Reginaldo Giuliani (quest’ultima non ancora indicata sulla mappa). Come via Adua anche via Amba Alagi è frutto della retorica fascista che trasformò due sconfitte in strumenti di propaganda. Nel secondo caso il religioso fu il cappellano delle Camicie Nere, all’età di 48 anni si arruolò volontario per la guerra d'Etiopia al seguito delle Camicie Nere d’Eritrea dimostrandosi uno strenuo sostenitore del Duce e della guerra coloniale. Giuliani morirà il 21 gennaio 1936 durante la battaglia di Passo Uarieu. A Dobbiaco esiste un rifugio dedicato ad Antonio Locatelli aviatore ed ex deputato fascista morto in battaglia durante la guerra d’Etiopia. Il pilota, riferendosi ai bombardamenti effettuati parlava di “un divertimento unico”, aggiungendo in un’altra lettera “[…] Quando vedevo le bombe centrare le case, distruggere (con voli di schegge, bestiame e sassi), incendiare la cittadina in molti punti contemporaneamente, io che di solito sento un po’ di pietà per il nemico, gioivo soprattutto perché pensavo che colpivo indirettamente l’organizzazione inglese[…]”.
Insomma tutti questi simboli e riferimenti sopravvissuti al fascismo fanno ancora discutere e per molti rappresentano una ferita aperta, testimonianza di un passato autoritario che esaltò l’ideale della razza superiore e per questo vengono presi di mira. Non è un caso che in vista del 19 febbraio, quando ricorrerà l’84esimo anniversario del massacro di Addis Abeba (uno dei peggiori crimini mai compiuti dal Regno d’Italia nelle sue colonie) il collettivo Wu Ming abbia invitato “tutti gli antirazzisti a organizzare iniziative per ricordare le nefandezze del colonialismo italiano”. In tal senso va ricordata l’iniziativa con cui il Consiglio comunale di Roma che ha deciso di sostituire il nome della fermata della Metro C Amba Aradam con quello di Giorgio Marincola, partigiano italo-somalo ucciso in Val di Fiemme nel maggio del ‘45 durante la lotta di Liberazione.
Allo stesso modo in Alto Adige esiste un dibattito simile che riguarda alcune figure legate alla Grande guerra, in particolare a quella del generale Luigi Cadorna (1858-1928) famoso per la sconfitta di Caporetto e per aver mandato al macello migliaia di giovani deceduti dopo essere stati lanciati all’assalto delle linee nemiche senza una particolare strategia. A Merano era stato proposto di sostituire il nome della via dedicata al generale con quello di Elena Stern De Salvo, bambina meranese deportata e uccisa ad Auschwiz nel 1943. Con l’iter quasi ultimato però il Consiglio comunale ha affossato la proposta. A Bolzano invece, è stato proposto di cambiare il nome di via Cadorna con quello della partigiana Lidia Menapace, recentemente scomparsa.