Contenuto sponsorizzato

Dall'atroce esperienza a Dachau alle esibizioni nello spettacolo, dall'operazione a 60 anni al film, storia di Lucy Salani la più longeva donna transessuale d'Italia

"Mi avevano dato la mansione di prendere tutti i cadaveri che alla notte morivano, mettendo loro una targhetta con un numero": la storia di Lucy Salani, unica persona transessuale italiana sopravvissuta alle persecuzioni fasciste e naziste, raccontata a Il Dolomiti da Matteo Botrugno e Daniele Coluccini

Di Sara De Pascale - 09 novembre 2022 - 19:29

BOLOGNA. "Il mio nome, quello originale, è Luciano Salani: nella vita, però, ho preso parecchi nomi". Inizia così, la narrazione del vissuto di Lucy, la donna transessuale più anziana d'Italia, protagonista del film "C'è un soffio di vita nel vento" dei giovani registi Matteo Botrugno e Daniele Coluccini. I due, riportano questo straordinario racconto a Il Dolomiti, partendo dalle drammatiche esperienze della donna, unica persona transessuale italiana sopravvissuta alle persecuzioni fasciste e naziste, riassumendo i suoi quasi cent'anni di vita. 

 

"Abbiamo scoperto Lucy molto casualmente - esordisce Matteo -. Mentre Daniele scorreva la bacheca di Facebook, finì per imbattersi in una sua intervista, girata una decina di anni fa. Lei raccontava la sua vita di transessuale in un campo di concentramento, quello di Dachau. La storia ci colpì molto e, desiderosi di saperne di più, iniziammo a cercarla. Riuscimmo infine, non senza fatica, a intercettarla - continuano Matteo e Daniele -. Le dicemmo che volevamo fare un film su di lei e accettò".

 

Così, da Roma i due registi finirono a Bologna, dove scoprivano una storia molto più dettagliata e colma di esperienze non ancora narrate "che andavano necessariamente condivise con il mondo. Ci abbiamo lavorato più o meno un anno e mezzo - precisa Matteo -. Il tempo vissuto insieme è stato molto intenso: abbiamo condiviso molto, riscoprendo una persona molto simpaticamalgrado la vita drammatica che ha avuto".

 

Salani era "un ragazzino che preferiva giocare con le bambine. Cresciuta, aveva vissuto Bologna inizialmente come uomo omosessuale. Antifascista, dopo essere stata obbligata a arruolarsi con l'esercito fascista riuscì a scappare. I tedeschi, poi, l'avevano obbligata a arruolarsi con quello nazista, dal quale era riuscita, anche quella volta, a fuggire. Dopo una serie di rocambolesche fughe era stata infine scovata (dai nazisti ndr) e deportata a Dachau nel 1944, all'età di 18 anni. Rimasta nel campo di concentramento per sei mesi, venne liberata accanto a chi sopravvisse dagli americani nel 1945 - spiegano i registi -. Dopo l'atroce esperienza Lucy tornò casa, dove si era spesso sentita esclusa dai fratelli, prendendo così la decisione di trasferirsi a Torino, dove rimase per ben 20 anni".

 

Venti lunghi anni colmi di occasioni e opportunità, durante i quali iniziò a frequentare l'ambiente transessuale italiano e parigino "mettendosi in gioco ed esibendosi in spettacoli varietà e cabaret e lavorando per un periodo anche al circo". 

 

"Di ritorno a Bologna negli anni '80, si stabilì infine in città dopo la pensione. Ormai passata la soglia dei sessant'anni partì alla volta di Londra operarsi perché, come da lei stessa affermato, 'ho voluto essere quello che mi sento di essere' . Salani è considerata dal 'Movimento identità trans' l'unica persona transessuale italiana a essere sopravvissuta alle persecuzioni fasciste e naziste", sottolineano Matteo e Daniele. Una storia di abusi e indicibile dolore la sua, tremendo vissuto che "l'aveva condotta a affermare che a Dachau ci è morta anche lei".

 

"Mi avevano dato la mansione di prendere tutti i cadaveri che alla notte morivano, mettendo loro una targhetta con un numero: le persone nei campi di concentramento non avevano più un nome - esordisce la stessa Lucy nel film -. Li mettevamo sopra a un carro e li portavamo al crematorio. Quello che ho visto è allucinante", ricorda con dolorosa commozione.

 

"Entrare in profondità nel vissuto di una testimone dimenticata del '900 ci mostra non soltanto la sua storia ma quella di tutti, con la 's' maiuscola. Una donna 'piccola' rispetto alla Storia ma allo stesso tempo grande, perché con carattere, forza e voglia di resistere ne ha superate tante". Non soltanto la terribile esperienza a Dachau, quella narrata in "C'è un soffio di vita nel vento", ma anche un inno ai diritti e alla memoria (relativa alle vittime di nazismo e fascismo ndr), "nonché il racconto di una famiglia diversa e non convenzionale, di corpi, vita quotidiana e terza età - aggiunge Matteo - perché ricordiamoci che oggi Lucy è una donna di quasi cent'anni".

 

Il film, che ha già fatto il giro d'innumerevoli sale e che ha partecipato a differenti festival, ha iniziato infine a entrare nelle scuole: "Abbiamo compreso quanto cruciale possa essere dare la possibilità ai ragazzi di misurarsi con argomenti di questo tipo, con una storia, che molto ha da insegnare, raccontata da un personaggio come Lucy", concludono i due registi romani, che continueranno a narrare la storia di Salani, in qualche modo, narrando quella "di tutti gli altri".

Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
In evidenza
Società
27 marzo - 19:53
E' nata a Monaco di Baviera una "rappresentanza del lago" grazie al portale di informazione 'gardaseee.de' che aprirà le porte della sua sede [...]
Società
27 marzo - 18:35
Il progetto "Cope" si pone l’obiettivo di intercettare e coinvolgere 300 giovani tra i 15 e i 34 anni che non lavorano, non studiano e [...]
Montagna
27 marzo - 18:19
Il contratto avrà una durata di tre anni. Ecco tutte le informazioni e come fare domanda
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato