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"Ci hanno chiesto cocktail e pesce a 2.500 metri", le richieste dei turisti in quota. I rifugisti: "Caffè deca? Abbiamo solo la moka. Non siamo ristoranti"
Il Cai Alto Adige aveva commentato l'iniziativa "Sommelier in pista" organizzata dall'Alta Badia, criticando la scelta della denominazione "rifugi" per le strutture partner. Le testimonianze del Rifugio Franz Kostner al Vallon e il Rifugio Oltradige: "Far funzionare un rifugio è molto diverso rispetto a un ristorante a valle. Difficile spiegare che non abbiamo una connessione internet stabile"

BOLZANO. Dalla richieste più semplici come avere acqua e doccia a disposizione a qualsiasi ora o corrente elettrica stabile, a quelle più "esigenti" come mangiare pesce e bere cocktail in alta quota. Queste sono solo alcune delle domande rivolte ai rifugisti altoatesini, che intervistati da il Dolomiti ricordano: "Non siamo ristoranti, ma rifugi".
Soltanto pochi giorni fa il Cai Alto Adige aveva commentato l'iniziativa "Sommelier in pista" organizzata dall'Alta Badia, volta a degustare i migliori vini dell’Alto Adige lungo le piste da sci nei rifugi partner Ütia I Tablà, Las Vegas, Rifugio Lé, Tamá, Ütia de Bioch, Ütia Pic Pré, Moritzino e Pic Pré. "E smettetela di chiamarli rifugi", aveva risposto il presidente dell'associazione alpinista Carlo Alberto Zanella, criticando non tanto il progetto in sé quanto invece la denominazione di alcune strutture in quota. "Ristoranti a tutti gli effetti, ma chiamati 'rifugi', che creano confusione e false aspettative nel turista", aggiungeva Zanella (Qui l'articolo).
Far funzionare un rifugio è molto diverso rispetto a un ristorante a valle. "Cerchiamo sempre di comunicare con i nostri clienti, spiegando alcune difficoltà delle nostre strutture - racconta Cristina Santon Agreiter, gestrice del Rifugio Franz Kostner al Vallon a Corvara dal 1988, a circa 2.500 metri di altitudine -. E' difficile per esempio spiegare che non abbiamo una connessione internet stabile e che quindi non sempre il pos è funzionante. In montagna bisogna ricordare che non è come stare in città, non è detto che tutto funzioni".
La stessa cosa vale per gli alimenti: "Ci hanno chiesto anche dei cocktail - prosegue Santon Agreiter - o se avevamo la trota come pesce. Ma anche il gelato, che può sembrare una richiesta 'banale', non è da alta montagna. Per noi l'approvvigionamento arriva in elicottero, quindi sarebbe difficile il trasporto per mantenere la catena del freddo. In più non abbiamo a disposizione così tanti frigoriferi, che rappresentano un grande consumo. Questa è stata colpa nostra però che abbiamo abituato le persone a trovare tutto nei rifugi". Tanti infatti "non sono rifugi ma alberghi e ristoranti in alta quota".
Ad aggiungersi anche la voce della coppia Andrea Minotti e Martina Bordignon, da 4 anni gestori del Rifugio Oltradige, a 1.800 metri di quota alle pendici del Monte Roen, sulla Mendola: "Il problema sta proprio nella denominazione delle strutture - dicono - può essere fuorviante. Alla maggior parte delle perone non è chiaro che non c'è corrente elettrica o una connessione internet stabile, così come l'acqua".
Proprio quest'estate a causa della forte siccità i rifugisti hanno dovuto fare i conti con l'assenza di acqua in quota. "Per noi la gestione dell'acqua non è semplice - dichiara la coppia di gestori -. Nella nostra struttura tra l'altro rimasta quasi originale dal 1913, l'acqua non è potabile e quella calda per la doccia non è sempre disponibile. La doccia è una sorta di 'lusso' ed è in comune, ma spesso ce la chiedono anche persone che si fermano una sola notte come se fosse una necessità". In cucina invece spesso "ci viene chiesto il caffè d'orzo piuttosto che il decaffeinato, ma noi abbiamo solo la classica moka, non la macchinetta da bar".
Da non sottovalutare il fronte rifiuti. "Lasciare qui la spazzatura per noi è un peso - concludono - perché dobbiamo poi portarla a valle. Solitamente le persone dovrebbero raccoglierla e portarsela via autonomamente".