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Coronavirus, la Corte costituzionale sospende la legge della val d'Aosta per aprire bar, ristoranti e impianti sciistici. E' la prima volta che succede
Il provvedimento è stato sospeso con effetto immediato dalla Corte costituzionale per "rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico" rispetto a una gestione unitaria dell'epidemia a livello nazionale, così come "il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per la salute delle persone"

AOSTA. E' stata bloccata la legge regionale della valle d'Aosta che avrebbe consentito la riapertura di bar, ristoranti, impianti sciistici e una serie di altre attività nonostante il territorio si trovasse ancora in zona arancione. Il provvedimento è stato sospeso con effetto immediato dalla Corte costituzionale per "rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico" rispetto a una gestione unitaria dell'epidemia a livello nazionale, così come "il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per la salute delle persone".
Così l'ordinanza della Consulta depositata in queste ore che accoglie l'istanza proposta, in via cautelare, dal premier Giuseppe Conte. La legge era stata approvata dal Consiglio regionale il 2 dicembre scorso con i voti degli autonomisti e della Lega, mentre il centrosinistra, che rientra maggioranza regionale, si era astenuto (Qui articolo). Una norma simile a quella varata dall'Alto Adige qualche mese fa.
E' la prima volta che la Corte costituzionale sospende, in via cautelare, una legge che avrebbe consentito un'applicazione di misure meno restrittive di quelle statali in materia emergenza Covid. I giudici hanno accolto l'istanza del presidente del Consiglio dei ministri e hanno ritenuto che sussista il "fumus boni iuris", considerato che gli interventi previsti nella norma impugnata riguardano la materia della profilassi internazionale, riservata alla competenza esclusiva dello Stato, come stabilisce l'articolo 117, secondo comma, della Costituzione. Questo non esclude diversificazioni regionali della disciplina, se adottate "nel quadro di una leale collaborazione tra Stato e Regioni".
Il merito della questione viene trattato il 23 febbraio, ma intanto la legge è stata sospesa per "il rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico" a una gestione unitaria dell'epidemia a livello nazionale e per "il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per la salute delle persone". La legge della Valle d'Aosta, specifica l'ordinanza della Consulta ha "selezionato attività sociali e economiche il cui svolgimento è consentito, nel rispetto dei protocolli di sicurezza, anche in deroga a quanto contrariamente stabilito dalla normativa statale, recante misure di contrasto alla pandemia da Covid-19".
La norma si sovrappone a quella statale ma "espone di per sé stessa al concreto e attuale rischio che il contagio possa accelerare di intensità, per il fatto di consentire misure che possono caratterizzarsi per minor rigore; il che prescinde dal contenuto delle ordinanze in concreto adottate" e "le modalità di diffusione del virus Covid-19 rendono qualunque aggravamento del rischio, anche su base locale, idoneo a compromettere, in modo irreparabile, la salute delle persone e l'interesse pubblico a una gestione unitaria a livello nazionale della pandemia, peraltro non preclusiva di diversificazioni regionali nel quadro di una leale collaborazione". La Corte ricorda che "i limiti propri dell'esame che è possibile condurre in questa fase cautelare impediscono una verifica analitica delle singole disposizioni contenute dalla legge regionale impugnata".