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Vino novello in caduta libera, da 20 a 2 milioni di bottiglie prodotte nel giro di una decina di anni
Un calo d’affezione dovuto a tanti fattori. Forse perché i "wine lovers" non l’hanno mai amato. Perché la tecnica enologica per produrlo – in speciali vasche inox, tramite una particolare macerazione carbonica, studiata addirittura dal celebre microbiologo Luois Pasteur – è sempre più costosa

TRENTO. E’ finito sugli scaffali di negozi, supermercati o enoteche decisamente in sordina, senza clamore, senza nessun botto. Quello legato al soffice rumore del tappo che si stacca dal collo della bottiglia. Il vino novello non emoziona più.
La conferma è nei dati riferiti alla recentissima vendemmia: neppure 2 milioni di bottiglie sono state riempite con questa tipologia di vino. Vale a dire, un drastico ridimensionamento rispetto ai quasi 20 – sì, proprio venti – milioni di bottiglie proposte nei primi anni Duemila al Salone di Vicenza e qualche anno dopo alla Gran Guardia di Verona.
Allora avevano progettato l’apposito bicchiere per degustarlo al meglio, ingaggiato madrine formose, attrici e cantanti di successo. Senza però rilanciare i consumi.
Un calo d’affezione dovuto a tanti fattori. Forse perché i "wine lovers" non l’hanno mai amato. Perché la tecnica enologica per produrlo – in speciali vasche inox, tramite una particolare macerazione carbonica, studiata addirittura dal celebre microbiologo Luois Pasteur – è sempre più costosa.
Forse anche per l’eccessiva voglia di stupire, anticipando l’uscita sul mercato già a fine ottobre, due settimane prima dei francesi, che di Beaujolais Nouveau se ne intendono, avendolo "ideato" in Borgogna, nel dopoguerra. Loro lo ‘sboccano’ solo a partire dal terzo giovedì di novembre. Noi, molto prima. Bruciando i tempi, ma senza creare alcuna competizione con i cugini d’Oltralpe.
E pensare che il vino novello aveva suscitato tanta curiosità proprio tra le Dolomiti. I pionieri sono stati enologi di gran valore, tra tutti Virgilio Spagnolli e Luciano Lunelli. Che hanno stimolato diverse cantine a cimentarsi con questi "nouveau". Cavit e Mezzacorona hanno sfruttato la scia, diventando leader nazionali con vini prevalentemente a base di Teroldego. Anche qualche vignaiolo ha subito il fascino del novello: Roberto Zeni, a Grumo, ne produce uno decisamente squisito, indipendentemente da personali preferenze.
Qualità e quantità. Questi vini giustamente chiamati "nuovi" hanno soddisfatto per anni la sana bramosia, la voglia di assaporare il vino appena nato. Talmente richiesto da un mercato "mordi e fuggi" che è stato uno degli affari del settore enologico non solo italiano.
Vino su ordinazione, praticamente venduto ancor prima di essere imbottigliato. Ma dalla vendemmia 2010 – complice pure l’andamento non proprio ideale di quella stagione – ha sancito l’inizio di una stasi del vino novello.
Un declino inesorabile per questi "pronta beva", sempre comunque proposti a prezzi decisamente popolari: meno di 3 euro a bottiglia.