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La comunità Lgbt dopo il no di Rossi al patrocinio al Pride: "Profondamente offesi". Il Pd si smarca. Ianeselli: "Parole svilenti, persone degradate a esseri folcloristici"

Condanna unanime delle parole del presidente della Provincia che ha definito "folclore ed esibizionismo" il Gay Pride. Per Potere al Popolo e Leu è il capolinea del centrosinistra autonomista. Molto critici Amnesty International e il Forum per la Pace

Di Donatello Baldo - 30 marzo 2018 - 19:54

TRENTO. "Ci sentiamo offesi - affermano le associazioni Lgbt - profondamente offesi come comunità". Le decisione di Ugo Rossi di non patrocinare il Dolomiti Pride, "sono arrivate come una doccia gelata". 

 

Quel diniego ha fatto male anche per i modi. Le parole usate nella lettera ufficiale recapitata al comitato organizzatore sono inequivocabili: "La parata nel centro della città assume un aspetto più di folclore e di esibizionismo che sicuramente non apporta alcun contributo alla crescita e valorizzazione della società trentina e della sua immagine".

 

"Questo è un esempio di omofobia istituzionale da manuale - spiega Arianna Miriam Fiumefreddo, presidente della Rete Elgbtqi* e vice dell'Arcigay bolzanina - queste parole saranno usate per in ogni corso di formazione per spiegare le discriminazioni".

 

Parole che colpiscono al cuore anche Paolo Zanella, presidente di Arcigay del Trentino: "La provincia delle eccellenze arriva a un punto bassissimo sul fronte dei diritti civili. Ma dove si colloca Rossi - si chide Zanella - tra le Regioni di centrodestra io in quelle di centrosinistra che hanno sempre sostenuto i pride?".

 

Perché è forse la prima volta in assoluto che un governo locale di centrosinistra non concede il patrocinio al Gay Pride. Le eccezioni sono tra il centrodestra: anche Roberto Maroni l'ha concesso due anni fa a quello milanese. 

 

E notizia di ieri è il patrocinio dato dal Comune di Trento, a cui si aggiunge quello di Bolzano e quello di Merano. "Io ho dato il patrocinio per il Comune di Trento - afferma l'assessore Andrea Robol - e non mi sono nemmeno posto il problema di doverlo negare. Da Rossi sono state usate parole non consone".

 

Anche Amnesty International commenta la notizia. In un tweet scrive questo: "Un'ulteriore dimostrazione della chiusura della politica trentina rispetto ai diritti LGBTI: ecco perché noi al Dolomiti Pride ci saremo".

 

Perché nelle poche ore dalla diffusione del contenuto della lettera di diniego, sono molte le realtà politiche e associative che hanno preso posizione. Alla conferenza stampa del comitato organizzatore del Dolomiti Pride erano presenti anche il presidente di Arci del Trentino Andrea La Malfa, del Forum per la Pace Massimiliano Pilati.

 

"Si può anche essere legittimamente in disaccordo con il pride - afferma Pilati - ma queste parole sviliscono il lavoro che si è fatto tra la società, tra la comunità". Parole pesanti e fuori luogo anche per Franco Ianeselli della Cgil.

 

"Spero che Rossi riveda il contenuto di quella lettera. E capisco la reazione della comunità omosessuale, ridotta e degradata e esseri folcloristici". Per il sindacalista, "sembra che si dimentichi il dolore e la sofferenza che tante persone omosessuali hanno vissuto e purtroppo vivono ancora". 

 

Dal Partito democratico arriva la posizione di Alessio Manica, capogruppo in Consiglio provinciale, che chiede al governatore di rivedere la sua posizione: "Chiedo al Presidente un supplemento di riflessione, che porti alla concessione del patrocinio".

 

 "Non concedere il patrocinio è un errore, e rubricare tale evento a manifestazione folkloristica mi pare banale e poco rispettoso nei confronti di una parte della nostra comunità. Il Trentino è da molti anni una terra attenta al rafforzamento e alla tutela dei diritti sociali e civili di tutti e tutte".

 

"Abdicare ora a questa nostra vocazione per inseguire altre forze politiche sul loro terreno o per strizzare l’occhio a qualcuno è autolesionistico. Il centrosinistra - continua Manica - deve continuare a mettere al centro della propria azione le pari opportunità di tutti/e e la piena realizzazione di ogni individuo".

 

Anche l'assessora alle Pari Opportunità Sara Ferrari si smarca dal suo presidente: "Personalmente ritengo sbagliata la scelta che ha assunto perché significa dire che il Trentino è un territorio bigotto, chiuso alla modernità, spaventato e richiuso su se stesso".

 

"Sono invece convinta che la società trentina sia culturalmente avanzata, vivace, aperta al confronto, capace di muoversi in un mondo globalizzato per essere all'avanguardia e competitiva. La nostra autonomia ha bisogno di guardare avanti, non di passi indietro verso il pensiero chiuso del passato".  

 

"Rispettare i diritti civili - afferma Ferrari - non è una perdita di tempo, ma costruisce una comunità forte perché riconosce e rispetta l'uguaglianza nelle differenze e lavora per il benessere di tutti". 

 

Per Renata Attolini di Liberi e Uguali "non è sufficienti essere dispiaciuti, dobbiamo essere arrabbiati e preoccupati". Per Antonia Romano di Potere al Popolo "il re ormai è nudo. Questo governo sta per concludere il suo mandato. Come ultimo atto celebra il proprio innegabile fallimento".

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