Case Itea, cancellato definitivamente il requisito dei 10 anni di residenza: la Giunta leghista sconfitta in tribunale (e multata). L’avvocato: “Giustizia è fatta”
Dopo la battaglia legale la Giunta Fugatti è stata costretta ad alzare bandiera bianca e cancellare il requisito dei 10 anni di residenza in Italia per accedere alla case Itea. L’avvocato che ha seguito il ricorso: “È una vittoria per il presente e un monito per il futuro: bonus nascite e assegno unico prevedono ancora questo odioso requisito, lasciando di fatto soli gli stranieri che si trovano in una situazione di bisogno”

TRENTO. “Io non sono razzista ma…” lo canta Willie Peyote, lo dicono in molti. Spesso accompagnando il tutto con “prima gli italiani o prima i trentini”, a seconda delle circostanze. C’è sempre qualcuno che viene prima. Questa volta però è arrivato il diritto. La Giunta leghista infatti è stata costretta ad abdicare su quello che era stato uno dei provvedimenti bandiera dell’esecutivo guidato da Maurizio Fugatti e cioè l’introduzione del requisito dei 10 anni di residenza in Italia, diventati indispensabili per accedere sia agli alloggi pubblici sia a un contributo economico per il pagamento dei canoni d’affitto. Una norma che gli stessi giudici hanno definito “discriminatoria” perché di fatto penalizzava solo i cittadini stranieri.
Ecco, nei giorni scorsi la Provincia (dopo una serie di sentenze avverse) ha finalmente completato l’ultimo passaggio burocratico per mettere la parola fine a tutta la vicenda. Da ieri infatti, 22 ottobre, è entrato in vigore il nuovo regolamento per l’accesso alle case Itea “ripulito” dal criterio discriminatorio dei 10 anni di residenza. In precedenza sia i Comuni che la Provincia avevano riaperto le graduatorie.
“Giustizia è fatta”, afferma Giovanni Guarini l’avvocato dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione che assieme al collega Alberto Guariso ha seguito il ricorso presentato da Daniel, un cittadino di origine etiope che da anni vive e lavora in Trentino. Sulla vicenda avevano preso posizione sia i sindacati che l’Assemblea antirazzista di Trento, con gli attivisti che negli scorsi mesi avevano lanciato diverse mobilitazioni.
“Finalmente – prosegue l’avvocato – la Provincia ha provveduto a eseguire le sentenze che l’hanno condannata per discriminazione, oggi in Trentino tutti i meno abbienti possono far domanda per le case Itea anche se hanno meno di dieci anni di residenza. È una vittoria per il presente e un monito per il futuro: penso al bonus nascite e all’assegno unico provinciale quota A, che prevedono ancora questo odioso requisito, lasciando di fatto soli gli stranieri che si trovano in una situazione di bisogno”.
A questo punto però viene da chiedersi chi paga? Di certo ha pagato chi è stato ingiustamente escluso dalle graduatorie ma pagano anche tutti i contribuenti che versano le tasse in Trentino, sia stranieri che italiani. I ricorsi in tribunale (e la Giunta ha provato in ogni modo a opporsi alle sentenze) costano, ma soprattutto pesa la multa che la Provincia era stata condannata a pagare per ogni giorno di inadempimento. È passato quasi un anno e la cifra che la Provincia potrebbe dover sborsare supera i 14mila euro.
Nel frattempo c’è ancora chi sta pagando, come i 142 fra bambini e bambine figli di genitori stranieri, che nel 2021 non hanno avuto accesso all’assegno di natalità provinciale. Il motivo? Per accedere a questi aiuti è ancora in vigore il criterio discriminatorio dei dieci anni di residenza. Per eliminarlo infatti serve che qualcuno presenti un ricorso. Certamente se ci fosse un po’ di buon senso dovrebbe essere la stessa Provincia ad adeguarsi perché se il criterio è discriminatorio per le case Itea lo è anche per qualsiasi altro provvedimento. Ciononostante, almeno per il momento, dalle parti di Piazza Dante tutto tace. Chissà che nel silenzio generale non riecheggino proprio le note della canzone di Willie Peyote: “Io non sono razzista ma…”.